Metti una sera a cena per parlare di un progetto di sviluppo in cui mancano alcuni protagonisti e istituzioni. In cui siedono intorno a un tavolo personaggi che non mancano di predicare bene e razzolare male. E che scelgono volutamente di privilegiare la presenza di alcuni commensali, lasciando a casa altri. Succede ad Alessandria. Un capoluogo di provincia dove potrebbe sbarcare il nuovo corso di laurea in Medicina, destinato a innescare inattesi processi di sviluppo e a modificare profondamente il peso e ruolo delle aziende sanitarie. Ma non c’è niente da fare, ad Alessandria una cosa normale è difficile da realizzare. Singolare, e significativa, la frase che chiude una breve nota diffusa da Domenico Ravetti, presidente della Commissione regionale Sanità e consigliere regionale. “Un corso di laurea, in particolare di Medicina e Chirurgia, cambia in meglio le città. Cosa devono fare adesso le istituzioni? Capirne l’importanza e coglierne le opportunità, senza le solite e banalissime divisioni a cui è stato sottoposto anche nel recente passato il nostro territorio”.
Parole di semplice buon senso? Sì. Peccato che ogni giorno fra Bormida e Tanaro vada in scena ben altro.
Chiuso ‘Il Grappolo’, ristorante non solo protagonista per il buon cibo e la valorizzazione della tradizione enogastronomica, ma eletto dalla politica e dalla società alessandrina come ‘il’ luogo dove ritrovarsi per discutere, confrontarsi, litigare, ma alla fine cercare di costruire progetti e percorsi dove gli interessi personali si intrecciavano a quelli dell’intera comunità locale, adesso per certe riunioni la sala scelta è quella dei ‘Due Buoi’. Qui alcune sere fa Giovanna Baraldi, direttore dell’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’, è stata protagonista di una cena dove i commensali hanno discusso del progetto del corso di laurea in Medicina.
Fino a questo punto, tutto bene. Tranne che per le assenze. C’era l’Università del Piemonte Orientale, certo, ma guarda caso c’erano alcuni dei responsabili delle sedi alessandrine (sono il Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali; Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica), ma non altri. Perché? C’era il consigliere regionale Ravetti, ma non un rappresentante dell’amministrazione comunale o della Fondazione Cra. Perché?
Se questa volta serve davvero l’unità d’intenti di tutte le istituzioni e della politica provinciale, è altrettanto necessario capire l’importanza dell’iniziativa che potrebbe cambiare moltissimo dell’assetto socioeconomico del capoluogo. Perché, allora, solo alcuni dirigenti dell’ospedale sono stati invitati e altri no? Perché una cena che non ha coinvolto una porzione significativa delle istituzioni locali? Eppure nel percorso che porta all’istituzione di un corso di laurea è fondamentale presentarsi compatti, anche perché le varie autorizzazioni e via libera arrivano dalla Regione Piemonte e dai Ministeri dell’Istruzione e della Sanità e solo un territorio unito ha tutte le carte in regola per arrivare a conquistare un risultato straordinario che si intreccia con quello che potrebbe portare al riconoscimento dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) per l’ospedale di Alessandria.
Il territorio è davvero a un punto di svolta. Ma forse non a tutti interessa. O meglio, a un gruppo ristretto interessa solo capire quanto anche questo processo possa garantire rendite personali, sia a livelli locale, sia romano, e conservazione di uno status che viene ancora riconosciuto anche in totale assenza di reali ruoli e competenze. Senza contare che le elezioni politiche di marzo e quelle per il nuovo Rettore dell’Università del Piemonte Orientale rischiano di vedere rimescolare le carte più volte. Il capoluogo questa volta però ha di fronte una opportunità vera. Dalle potenzialità enormi. Ma solo se sarà capace, per una volta, a onorare il motto di Alessandria che “umilia i superbi ed esalta gli umili”. Finora è stato quasi sempre il contrario.