Il senso dello stare insieme si è modificato.
Non esistono più le grandi compagnie, quelle che cantava Max Pezzali ne “Gli anni”.
Oggi i ragazzi – e cosa ancor più grave anche gli adulti – demandano la socialità agli smartphone.
Niente di male.
Se non fosse che con le nuove modalità si perdono dei pezzi di vita.
Un esempio.
In un gruppo l’ironia e le battute diventano un momento in cui si ride collettivamente, le risate sono grasse e contagiose, si imparano le pieghe degli occhi e della bocca di ciascuno, si percepisce la tendenza a trattenersi o viceversa ad esagerare.
In un gruppo whatsapp il divertimento è sintetizzato da un breve racconto, una vignetta o un filmato che vengono condivisi; a questo punto si crea una catena, in ogni passaggio della catena si depaupera la forza del divertimento, la satira si ammorbidisce, la risata (quando arriva) è solitaria e flebile, perlopiù si tratta di un risolino che ti fa dire “simpatica”.
Siamo andati in direzione della musica formato digitale e oggi viviamo il ritorno del vinile.
Siamo usi utilizzare il personal computer per la corrispondenza e oggi viviamo il ritorno alla moda della macchina da scrivere.
Ci ostiniamo a leggere le notizie online ma andiamo ad acquistare gli approfondimenti in edicola.
Attrezziamo le scuole con lavagne multimediali che costantemente non funzionano per poi ripiegare sulla vecchia lavagna di ardesia appesa a fianco.
Se non fosse che il progresso è inevitabile, sarebbe probabilmente da evitare.