In questi giorni di forzata letizia siamo bombardati dalle radio e da altre fonti musicali da una marea di dischi natalizi, dai classici Jingle Bells e Silent Night ai più relativamente recenti Last Christmas e Thank God it’s Christmas. C’è un espediente tecnico che accomuna canzoni con più mezzo secolo sul groppone e pezzi di produzione più attuale che magari l’orecchio e il cervello non colgono nell’immediato: ed è quel suono di sonaglio, ritmicamente battuto, che dovrebbe identificare sullo “sfondo” del pezzo la presenza del carro natalizio trasportato dalle renne con Babbo Natale alla guida. Fateci caso, il rassicurante suono lo troverete tanto in Frank Sinatra quanto nei Queen, giusto a ricordare che nulla meglio del sonaglio in questione contrassegna l’atmosfera natalizia creata dal brano.
Adesso, giustamente, vi chiederete perché vi sto rifilando questo pippone alquanto risaputo. Presto detto, perché con evidenza la sottotraccia “atmosferica” in questione è un elemento del tutto pagano che a suo modo ci informa che la festa natalizia è, ancora e sempre, un contraddittorio mix di tradizioni cristiane e antichi politeismi.
Avevo già affrontato la questione nel Superstite natalizio di tre anni sono, appositamente intitolato Black Christmas, laddove scrivevo che, a proposito del Natale, “il passaggio di consegne tra il mondo pagano e il Cristianesimo è stato imperfetto”. Verrebbe da correggere il tiro e cambiare il termine “imperfetto” in “schizofrenico”, in quanto la convivenza tra le due dimensioni è solo serena in quanto transitiamo in un momento di apparente serenità, ma da una prospettiva antropologica e grafica la guerra è non solo latente ma proprio dichiarata. Guardatevi attorno: nell’iconografia prevale Gesù Bambino o Babbo Natale? Vedete per caso tanti presepi nelle immagini natalizie e non piuttosto un mucchio di renne, pupazzi di neve e alti abeti lussuosamente addobbati? Okay, ne convengo, è fin troppo facile cercare, e trovare, le contraddizioni del Natale e, per chi voglia approfondire gli aspetti “neri” della festa, esiste ancora – ed esisterà sempre perché è uno stupendo evergreen – il libro di Eraldo Baldini e Giuseppe Belloni Tenebroso Natale – Il lato oscuro della Grande Festa (Edizioni Laterza) che vi racconta molto bene quel che si nasconde dietro l’artefatta immagine di allegria organizzata in modo scientifico dal sistema consumistico. Come scrivevo tre anni fa: “… altro che Gesù bambino, stelle comete o Re Magi; nella sottostante tracciabilità pagana siamo alle prese con anime dei morti, streghe e altre inquietanti presenze soprannaturali. Esiste, a macchia di leopardo in tutta la penisola e in ambito rurale, più di un Natale alternativo dove le figure che ‘portano i doni’ altro non sarebbero che defunti circolanti nella dimensione terrena.”
Esiste allora una supremazia del pagano e degli antichi rituali rispetto al Natale contemporaneo? La convivenza tra le antiche figure (Santa Claus e la Befana) e quelle della tradizione è già di per sé un segno di vittoria delle religioni di ieri. E la vittoria della mondanità sulla spiritualità, quest’ultima spesso invocata a sproposito, ne è paradossale conferma. Io, che ritengo di essere un agnostico, non frequento ad esempio la messa di mezzanotte. Non ci vado mai durante l’anno e per coerenza – nonché per rispetto di chi ci crede – non bazzico le chiese nell’ora mediana tra il 24 e il 25 dicembre. La coerenza per me è un valore sacro, aggettivo intenzionale nella sua aspirazione semantica al divino. E comunque se voglio veder gente so come fare.
Ma vorrei tornare nei binario del buon gioco della sopravvivenza pagana nelle pieghe superficiali delle feste. Se nel 2014 vi riferivo che dietro la figura di Babbo Natale si cela un autentico Orco del Nord dall’aspetto caprino che pretende, al contrario della tradizione, che siano i bambini a fare dei regali a lui la notte del 24 dicembre, quest’anno la palma dello smascheramento del clima sdolcinato va al Krampus. Come leggiamo su Wikipedia, “nelle zone di lingua tedesca, i Krampus sono dei diavoli travestiti che accompagnano la figura folcloristica di San Nicola nella tradizionale sfilata lungo le strade del paese. Questa tradizione è legata alla mitologia cristiana, più precisamente al vescovo San Nicolò e ai suoi servitori, appunto, i Krampus. È un evento tipico delle festività natalizie nato più di 500 anni fa e tuttora festeggiato in diverse zone d’Italia quali Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia”. Versione diabolica dei Babbi Natale, i Krampus sono uomini-caproni scatenati e molto inquietanti che si aggirano per le strade alla ricerca dei bambini “cattivi”. Le loro facce sono coperte da maschere paurose; i loro abiti sono laceri, sporchi e consunti. Quando vagano per le vie dei paesi provocano rumori ottenuti da campanacci o corni, che li accompagnano nel tragitto che li porta in giro, mentre colpiscono con frustate la gente. L’origine di questa usanza, mantenuta con fiero orgoglio in molti comuni facenti parte dell’area ex-austro-ungarica, si perde nella notte dei tempi ed è un substrato molto concreto del Natale montagnino di queste zone.
Krampus cattivissimi compaiono nei film Krampus – Natale non sempre è Natale di Michael Dougherty e In fondo al bosco di Stefano Lodovichi, ambedue del 2015. Ma pochi giorni fa in Alto Adige, località Campo Tures, dei Krampus, ovvero personaggi locali mascherati, avrebbero aggredito oltre il consentito un piccolo gruppo di turiste, lasciando loro qualche livido di ricordo.
Il mondo pagano non solo sopravvive, ma sotto Natale vuole pure prevalere con le cattive. Ovvio, questo è un caso estremo, ma è un dato di fatto che i Krampus amano annunciarsi da lontano con i sonagli del carro natalizio. Per trarvi in inganno. Occhio, anzi orecchio…