In bocca al lupo [ALlibri]

La sinistra alessandrina strumentalizza Umberto Eco...e intanto dimentica Delmo Maestri CorriereAl 1A cura di Angelo Marenzana

 

 

Dal sempre verdeggiante sottobosco della narrativa alessandrina, oggi spunta il nome di Roberto Masini. Come nella migliore tradizione della narrativa fantastica, pure lui si guadagna da vivere da buon mezzemaniche ministeriale (funzionario presso la Ragioneria Territoriale dello Stato), serioso e responsabile. Ma un mondo di orrori e miti popola la sua mente, nascosto dietro un sipario di immagini irrazionali e pronto a esporsi ai pretenziosi appassionati di questo genere narrativo. Dal 2016 a oggi ha pubblicato una ventina di racconti quasi tutti per case editrici specializzate nel genere quali Watson Edizioni, Esecranda, Cordero Editore, Delmiglio Editore.

Con il racconto Fuga dai vicoli ciechi è apparso nell’antologia Ciò che la nebbia nasconde (Edizioni della Goccia) e recentemente con Cosa vuoi di più dalla vita? appare nell’antologia Il Giallo Sovrano (Del Miglio Editore).

In bocca al lupo, il racconto proposto per questa domenica letteraria, è tratto dall’antologia Le maledizioni di Bassavilla (Del Miglio Editore) curata lo scorso anno dal sempre prolifico Danilo Arona.

 

In bocca al lupoIn bocca al lupo [ALlibri] CorriereAl

 

di Roberto Masini

 
Relazione scientifica sul caso clinico di Aurora Licofonte, a cura del Dott. Prof. Martino Erbosi, Direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Ospedale di Bassavilla.

Registrazione del 06 ottobre 2011.

Anamnesi

La paziente è in cura presso questo Centro di salute mentale “Amleto” di Passerano Marmorito (AT) dal 29 settembre 2011. Al colloquio si presenta calma ma attenta. Ben orientata nello spazio e nel tempo, diventa improvvisamente ansiosa (si torce le mani con attacchi di onicofagia) per la storia che vuole raccontare e a causa della quale ritiene di essere stata ricoverata. E’ certa che nessuno, né tanto meno io, le potrà credere. Comincia a raccontare in modo meticoloso ma con tono monocorde.

«Mi chiamo Aurora Licofonte sono nata il 31 ottobre 1984 a Cantalupo Ligure in provincia di Alessandria. Mi sono laureata in scienze biologiche presso l’Università degli Studi di Genova (110/110 e lode, 2009) con la tesi dal titolo “Nella lotta per la sopravvivenza astuzie e stratagemmi dei cavedani”. Ricercatrice presso l’Università degli Studi di Genova, assistente della cattedra di bioetica e di etologia, mi occupo della reintroduzione del lupo marsicano in Abruzzo. All’inizio dell’estate di quest’anno, trovandomi in vacanza nelle campagne di Bassavilla, ero stata contattata dal mio amico questore per esaminare i corpi senza vita delle diciassette ragazze che, nei dintorni della città, erano state sbranate vive da un enorme lupo (questa era l’ipotesi più accreditata). Il caso era diventato internazionale: erano accorsi investigatori e scienziati da ogni parte del mondo per cercare di spiegare gli assassinii e catturare la belva…. Tutto senza risultato alcuno. Le donne, tutte giovani dai 16 ai 25 anni, erano state ritrovate nelle campagne tra Montecastello e Valenza, completamente nude e dilaniate in modo orrendo. Le tracce della belva erano inequivocabili ma s’interrompevano sempre sul limite del campo nel quale era stato commesso lo scempio. La polizia scientifica non era riuscita a svelare il mistero neppure con l’ausilio dei cani.

Fu un lavoro che mi occupò per tutto il mese di luglio. Tutte le vittime riportavano per prima cosa letali segni di morsi alla gola, tipico modus operandi dei lupi. Ciascuna vittima, invece, era stata successivamente azzannata in modo diverso: ad alcune erano stati asportati notevoli parti del corpo, ad altre invece i segni delle zanne si concentravano solo sul petto o sul basso ventre. I peli, bianchi, ritrovati nelle vicinanze delle ragazze sembravano indicare la presenza di un lupo artico, ma il tipo d’impronte lasciato sul terreno e le altre tracce nell’erba alta sembravano incompatibili con tale ipotesi. Infatti, a prescindere dalla presenza in Piemonte di un lupo che solitamente vive in Groenlandia o in Canada, tale razza supera eccezionalmente i 70 Kg. e la sua altezza al garrese varia da 63 a 79 cm. Tutti i dati raccolti invece facevano pensare a un animale alto 1 metro e 10 al garrese, m. 2,13 di lunghezza e un peso di oltre 100 Kg., un canide, un alano arlecchino, probabilmente. Una sola volta si erano riscontrate serie anomale d’impronte con il segno di cinque unghie, mentre i canidi normali lasciano solo quattro tacche perché il pollice si è atrofizzato e non tocca il terreno; sembrerebbero le impronte di un enorme tasso. Anche i ripetuti esami del DNA sulla saliva animale rimasta sui corpi avevano dato esiti incerti: al 75% si trattava di un canide ma l’altro 25% non aveva riscontro con alcun altro animale classificato nel data base.

Nel frattempo però, il 15 luglio, una ragazza di diciannove anni di nome Susanna (non ricordo il cognome) era sta trovata orrendamente sgozzata alle porte di Alluvioni Cambiò. Questa volta sulla scena si riscontrava la presenza di un testimone, peraltro poco attendibile perché ubriaco, che giurava di aver intravisto la ragazza su un’auto nera che percorreva a tutta velocità una strada sterrata nei dintorni; l’uomo si trovava in una roggia dov’era caduto ma spergiurava che l’aveva vista benissimo perché era una notte di luna piena. La sua testimonianza aveva comunque fatto riflettere gli inquirenti che le vittime erano tutte giovani donne e nessun altro animale (pecora, gallina, gatto o altro) era stato trovato sgozzato e quindi effettivamente poteva trattarsi di un serial killer che simulava la presenza di un lupo.

Le indagini nondimeno stagnavano. Tutti i miei esami invece confermavano la presenza di un animale non meglio identificato. Consegnai alla fine di luglio la mia relazione che delineava la possibilità dell’utilizzo di un grosso cane addestrato da parte del serial killer: i morsi lasciati sulle gole delle vittime con una pressione di oltre due quintali per cm. quadrato non potevano che essere state fatte da una belva.»

In bocca al lupo [ALlibri] CorriereAl 1A questo punto il tono non è più monocorde perché la paziente è in preda ad un forte turbamento; gli occhi sono umidi di pianto.
«Avrei dovuto fermarmi qui: a me non era stato richiesto altro che condurre alcune analisi… Invece… invece la mia curiosità, retaggio di mio padre carabiniere, mi spinse a svolgere indagini private che mi hanno portato a trovare la sconvolgente verità… che mi ha condotto qui! Tutto era cominciato all’inizio dell’anno 2007, il 30 gennaio: riversa in una pozza di sangue che arrossava la neve di un boschetto tra Pavone e Pietra Marazzi, era stata rinvenuta una ragazza dell’apparente età di 17 anni dai tratti slavi, mortalmente azzannata alla gola. Era priva di documenti. Si seppe solo due mesi dopo che si trattava di Jurka Stephanovic, una prostituta slovena. Quella era l’unica zona nella quale, come avevo già detto, erano state trovate, oltre alle tracce di un lupo, anche strane orme di un animale simile a un grosso tasso.

Come affermano i profiler e come ci insegnano i film e i telefilm di genere, la prima vittima del serial killer potrebbe essere stata scelta in un contesto particolarmente vicino alla sua dimora. Cercavo pertanto se, nelle vicinanze, ci fossero proprietari di grossi cani. La mia grossolana indagine mi portò a molti nomi: nei paesi di campagna non è inusuale che ci siano grossi cani a difesa di cascine e villette. Non so a questo punto se posso parlare d’intuizione ma sta di fatto che la mia attenzione fu attirata dal nuovo proprietario del castello di Pavone, il barone Giovanni Mariani Lanti. Nobile decaduto di famiglia senese aveva fatto fortuna in Brasile con il legname. Era tornato in Italia da pochi anni e si era stabilito a Pavone, dove aveva comprato il magnifico castello che da tempo era utilizzato da una società per matrimoni e stage aziendali. Naturalmente il mio scopo era quello di esaminare da vicino i suoi cani, ma la cosa presentava notevoli difficoltà, stante l’estrema riservatezza del proprietario. Riservatezza che però presentava delle falle. Avevo saputo che ogni tanto il barone organizzava delle feste esclusive alle quali partecipava la ”Bassavilla bene”.

Venni quindi a conoscenza del fatto che il 23 settembre il castello di Pavone sarebbe stato il centro di una festa favolosa. Approfittando della benevolenza che il mio amico questore ancora mi riservava, ero riuscita ad ottenere un invito. Indossai il tailleur nero più attillato e contemporaneamente il più scollato del mio guardaroba, scarpine con tacco dodici e un elegante cappellino nero. Nutrivo la convinzione sfrontata di poter usare il mio fascino per realizzare il mio piano. Quando arrivai ai piedi del castello, mi accorsi che tutto era cambiato da quando, l’anno precedente, l’avevo ammirato da lontano. Era palpabile l’amore per la natura del mio anfitrione: il bosco addossato al castello e la luna, sì … la luna che faretti tra gli alberi secolari proiettavano sulle mura così che chiunque la potesse vedere entrando, o piena, o mezza, solo un quarto. La grande piscina nel cortile centrale sotto il maschio era circondata da gazebo di ogni colore e dimensione sotto i quali venivano serviti cibi e bevande esotiche a volontà. Il nostro ospite comparve a metà serata: era un omone di un quintale di peso dalla folta capigliatura bianca, un pizzo brizzolato a onor del mento, mascella forte con grandi occhi azzurri e grandi mani da scimmia antropomorfa ma che paradossalmente dava un’idea di tenerezza e levità con i suoi modi eleganti e affabili. Dedicò particolarmente la sua attenzione a molte invitate alle quali fece visitare il castello.

Un edificio esemplare. Si cominciava dal salone centrale, dove troneggiava un immenso camino di pietra sui cui alari scoppiettavano ciocchi di quercia; qua e là mobili del Settecento, anni Quaranta, thailandesi e scandinavi, divani anni Cinquanta, fiori bianchi e, alle pareti, quadri dei maestri giapponesi Hiroshige e Hokusai. Si proseguiva con l’enorme sala da pranzo con lampadari Decò, lungo tavolo da refettorio abbaziale e sedie del Seicento; e poi sobrie stanze da letto per sé e per i suoi ospiti, nonostante i nomi altisonanti: la camera rosa, rossa, gialla e blu. Niente in realtà era sfarzoso tranne i bagni con un trionfo di oro e d’argento.

Verso la mezzanotte bagno in piscina… ma io non avevo il costume. Per questo me ne stavo in disparte, quando dal nulla comparve il nostro Hulk. Mi chiese come mai non facevo un tuffo; glielo spiegai e allora, prendendomi delicatamente per la mano mi disse che mi avrebbe fatto vedere i segreti del suo castello. Pensavo a pulsanti nascosti in una libreria che davano accesso a passaggi segreti; niente di tutto ciò: mi condusse dapprima nella sua cantina di vini preziosi, dove mi decantò le doti del Chateau Margaux e del Barolo del Castello di Verduno. Poi…»
S’interrompe ed è presa da una tosse convulsa.

«Poi, dicevo, il barone mi guidò attraverso un angusto passaggio che sbucava nel suo particolare canile. Eccoli finalmente i cani! Era per quelli che ero venuta, ma non pensavo di vedere uno spettacolo così sorprendente. Una lunga teoria di cani albini chiusi dentro ampie gabbie. C’erano alani, molossi, mastini, cani s. bernardo e levrieri irlandesi. Tutti enormi. E bianchi. Mentre mi descriveva le doti del cane preferito, un mastino dei Pirenei, estrasse dal taschino della giacca il suo fazzoletto e me lo strinse al naso. Svenni. Mi risvegliai in aperta campagna; ero completamente nuda e il barone era, ansante sopra di me. Neanche puntando i piedi avrei potuto scrollarmi di dosso quella montagna. Ma mentre mi stringeva furiosamente i seni, avvenne la…»

S’interrompe, è scossa da tremore, le pupille si dilatano, scoppia a piangere, poi riesco a calmarla e a convincerla a continuare.
«… la metamorfosi…»
Comincia a biascicare le parole, alcune delle quali non sono comprensibili.
«Pelo… in tutto il corpo… pelo… denti… il cranio si allunga… un lupo… un lupo!»
Grida furiosamente la parola “lupo” e poi continua a perlare in modo concitato.
«Sopra di me un lupo bianco di cento chili con una zampa che mi schiacciava lo stomaco e le sue zanne con il suo fiato caldo a pochi centimetri dalla mia faccia. La sua saliva mi colava sulla guancia. Stavo impazzendo. La bestia era lì, sopra di me. Potevo vedere dietro le sue orecchie dritte, la sottile gialla falce di luna nel cielo e, sotto la sua gola, tutta la città di Bassavilla illuminata. All’improvviso inarcò la testa ed emise un ululato che io continuo a sentire ogni notte. E fu proprio in quel momento che io vidi due sottilissime e brillanti lame di luce provenienti dal cielo buio che lo trafissero alla nuca. Cadde, per fortuna non sopra di me, e subito si ritrasformò nel barone… due rivoli di sangue alla base del collo. Ora mi crede? Mi crede?»

Mi aggredisce tempestandomi di pugni al petto. Il racconto è finito. Prima che sia ricondotta nella sua camera, la paziente mi afferra per il bavero e mi sussurra all’orecchio: «Eureka…». La ragazza è stata trovata mentre vagava nelle campagne di Rivarone sommariamente vestita e urlante. Il corpo del barone è stato trovato sulla strada panoramica che da Montecastello va a Rivarone, freddato con una Derringer 6,6 mm, due colpi alla nuca non a distanza ravvicinata. Nessun residuo di sparo è stato rinvenuto sul corpo. Si sospetta la legittima difesa della ragazza in un tentativo di stupro. L’arma però non è stata ancora ritrovata.

Ci troviamo qui di fronte ad un tipico caso di schizofrenia paranoide con chiari sintomi dissociativi, una compromissione globale della personalità, con un chiaro fenomeno di rimozione (il delitto) accompagnato da allucinazione visiva, uditiva, olfattiva, tattile e, in qualche modo, mnestica che identifica l’aggressore sessuale come l’animale più abietto.
Si consiglia una cura a base di neurolettici (Levoloup compresse) per 15 giorni.
Si sconsiglia l’insulinoterapia.
Dopo i 15 giorni l’unico approccio medico utile sarà la psicoterapia multimodale di staff.

Il dottore stampò il documento, poi spense il computer. Era rimasto solo nell’ufficio; a casa l’aspettava non la moglie che era uscita per una cena con le amiche, ma Lucarelli con la sua trasmissione “Blu notte” sui delitti del mostro di Firenze.
Si tolse il camice e si accorse che aveva qualcosa in tasca: un pezzetto di carta ingiallito che avvolgeva qualcosa; pensò che gliela avesse infilato la paziente alla fine del colloquio.
Scartò lo strano pacchettino; c’erano due bulloni d’argento del diametro di circa 6 mm con la scritta UARS.

ll passaggio sull’Italia, e in particolare sulle regioni del Nord, del satellite americano UARS è confermato. Il tracciato, sulla base dell’ultima mappa aggiornata, vede protagoniste soprattutto le regioni di Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige. A meno di ulteriori cambiamenti, proprio su queste 3 regioni c’è la maggiore possibilità arrivino dei pezzi. Anche se, si tratta comunque di una percentuale bassa, inferiore all’1%. Il satellite passerà sull’Italia prima di quanto fosse stato comunicato nel pomeriggio. La fase clou sarà soprattutto tra le 23:25 e le 23:59 di venerdì 23 settembre. Le città più vicine al transito di UARS mentre si disintegra saranno Cuneo, Asti, Bassavilla, Milano, Bergamo e Bolzano. Tutto potrebbe nuovamente cambiare nelle prossime ore.