(un classico che di tanto in tanto è giusto rispolverare)
Fine anni ’60, piazzetta della Lega verso le 10 di sera. È luglio inoltrato.
Assiepati sull’obelisco i ragazzi stanno fremendo. Nel mucchio selvaggio si riconoscono Giorgio ”Simone” Simonetti, Brick, Mauro il Tecnico, il Colonnello Amandola, Giulio “Pluto” Traversa e un mucchio d’altri i cui stradinom o nomi autentici è inutile qui elencare. Tra non molto c’è un rito da compiere. Da me convinta e capitanata, l’allegra masnada andrà per la ventesima volta a vedere Dracula il vampiro con l’allampanato Chris Lee.
La serata si preannuncia epica. I ragazzi hanno per l’occasione spazzolato i toutes les saisons – nome gergale dello stivaletto che non conosce stagioni di riposo – e già ululati licantropeschi si levano dal gruppo. Alle 10 in punto la marea dei lungocriniti ha già raggiunto l’inverosimile numero di una cinquantina di persone. Che volete, il primo Dracula con Chris Lee è una sorta di evento magico, una convention periodica in stile a venire The Rocky Horror Picture Show che serve solo per invadere festosamente la platea di un cinema con la certezza che per la bolgia non si sentirà neppure una parola. Ma che importa, il film lo si conosce a memoria.
E comunque che tempi gli anni ’60, anche sono al tramonto: luglio, tutti i cinema aperti, in Piazzetta le sedie dei dehors, Cercenà e Bar Moderno, da un capo all’altro. La gente assiepata, gelati leggendari, tagli al caffè, cassate, zuccotti e coppe miste.
Alle 10,10 la mandria scomposta parte per il fronte. Come ci vede arrivare, la cassiera dell’Alessandrino in via Verdi si mette le mani nei capelli. Qualcuno già salta al più vicino all’urlo di Concedi la giugulare! Cosa potrà accadere giù (la platea del cinema è in basso, più vicina all’inferno), lo si può intuire. E i ragazzi entrano.
Girava in quegli anni in piazzetta un giovane, oggi notissimo professionista, che coltivava la bizzarra abitudine di entrare al cinema di sera dopo le 11,30. L’unico, vero motivo di tal vezzo consisteva nel fatto che a quell’ora non si pagava più il biglietto, regalando la possibilità di vedere gratis il finale del film, di solito la parte più consistente.
Il tipo aveva con me uno strano rapporto. Pensava che la mia passione per i film di vampiri fosse sintomo di qualche disturbo mentale. Io lo ricambiavo tentando di convincerlo a non lavarsi per 10 giorni di seguito perché volevo convincerlo che all’undicesimo ti trasformavi in vampiro.
In ogni caso il ragazzo meditava da tempo di giocarmi qualche vampiresco tiro.
Così quella sera l’amico si presenta alla cassa alle 11,45 circa, anche se ha già visto pure lui il finale del film una mezza dozzina di volte. La cassiera lo fa passare. In platea, a dire il vero, la gazzarra è un po’ scemata, merito del fascino un po’ perverso del film che, ogni volta che lo vedi, ti prende anche se sai perfettamente dove va a parare. Di tanto in tanto si sente soltanto qualche urlo che imita il verso dei gatti in amore.
Il giovane entra nella sala con una bozza di piano in mente. Scorge il gruppo di capelloni, sparsi in disordine qua e là – ci piaceva stare larghi – e nel buio distingue l’inconfondibile criniera rosso henné di Simone. Gli si avvicina furtivo e gli chiede in tono sommesso: Dov’è Danilo?
Non occorre che faccia qui l’elogio del genio di Simone, stupendo amico che ci lasciati troppo presto. Chi lo ha conosciuto, sa. Simone capisce tutto in un secondo e con decisione punta il dito verso la prima fila, rispondendo: Eccolo là. Si è allontanato da noi perché facevamo troppo casino. Vuole gustarsi il film in santa pace, sai com’è fatto!
Quel che accade da questo punto in poi è storia. Il giovane raggiunge con movenze feline la seconda fila e si porta alle spalle di “Danilo”.
Solo che io mi trovo seduto in mezzo agli altri e contemplo esterrefatto quanto sta per accadere. Perché il tipo, in perfetta sintonia con Dracula sullo schermo, prima si innalza urlando bestialmente, quindi pianta i suoi canini nel taurino collo di un muratore siciliano. I ragazzi, tra gli strepiti e le risate, crollano sul pavimento contorcendosi come in preda a un attacco epilettico.
Il resto è degna conclusione ascritta poi nel Mito. Il siculo per lo spavento schizza verso l’alto urlando pure lui e, come si accorge che uno sconosciuto – che ora gli sta chiedendo scusa – lo ha morsicato sul collo, prende a legnarlo di santa ragione.
Il film intanto sta finendo ma nessuno se ne accorge. Gli spettatori stanno morendo dal ridere. Il giovane è accasciato sul pavimento semisvenuto, sotto shock. Il siculo inveisce nella sua lingua madre a suon di testa di minchia. Simone, quasi impassibile, sussurra La classe non è acqua.
Dracula ci fa un baffo.