8 candidati al prossimo Parlamento, e più o meno 25 elettori ad ascoltarli. Il dato, relativo ad un recente confronto pubblico organizzato dall’Api di Alessandria, mi ha colpito perchè certamente significativo dell’appeal che, anche grazie a questa legge elettorale, i prossimi potenziali senatori e deputati della Repubblica esercitano sull’elettorato, non solo imprenditoriale.
Del resto, e non per colpa loro, sono figure scelte dalle segreterie dei partiti, al più (nel caso del centro sinistra) estendendo il placet ad uno zoccolo duro di militanti. Gli elettori attribuiscono loro scarso potere, e scarsa autorevolezza. Non sono neppure scelti dal popolo: perché quindi perdere tempo ad ascoltare le loro analisi sempre uguali, le loro proposte convenzionali e scontate?
Viviamo in un Paese logoro, e voteremo con un sistema elettorale che gli addetti ai lavori definiscono “porcata”. E c’è una contraddizione evidente, palpabile in questi giorni: da un lato tanti comparti (penso agli enti locali e all’editoria: ma solo perché li frequento da vicino) sono immobili, e prima di dare il via ad una raffica di licenziamenti di massa aspettano di capire cosa succederà lunedì sera. Come se ancora potesse, dalle urne, uscire ” ‘o miracolo”, un percorso imaginifico (e probabilmente immaginario) che rappresenti un’inversione di tendenza rispetto allo scenario di “tagli” e ridimensionamenti anche dolorosi.
Dall’altro lato però, appunto, c’è la consapevolezza che a contare davvero sono soltanto alcune persone o entità (vale persino per l’opposizione popolare, che si incarna in una singola figura, Beppe Grillo), non certo un’idea di politica come dinamica collettiva e condivisa. Da qui il fatto che i parlamentari siano percepiti come dei “due di picche”, personaggi che, al più, il jolly lo hanno pescato a livello individuale, e beati loro.
Questa è una democrazia matura e compiuta secondo voi? Funziona così anche altrove, o l’Italia è un unicum (non troppo positivo)? Sono domande che vi giro, alla ricerca di confronto e risposte.