Sono appena tornato a casa dopo aver ascoltato una lezione di Andrea Giardina.
Giardina (classe 1949) è uno storico di fama mondiale, docente di Storia Romana presso l’Università Superiore Normale di Pisa e con all’attivo numerosi trattati e pubblicazioni.
Questa mattina ha inaugurato una serie di sei lezioni presso il Teatro della Corte di Genova sull’invenzione dell’Europa, a partire dal mondo antico fino ai giorni nostri.
Giardina narra il mito di Europa, la vicenda che – per prima – lega l’Oriente con l’Occidente.
Europa è una fanciulla dal sorriso accogliente, incontra Zeus che ha assunto le sembianze di un toro bianco molto mansueto, lo avvicina e lo monta.
Il toro la porta con sé fino sull’isola di Creta; lì avranno un rapporto carnale da cui nascerà – tra gli altri – Minosse, futuro re dell’isola.
La vicinanza tra i due mondi dell’antichità viene poi illustrata dal professore tramite la lettura di opere d’arte, attraverso due millenni di storia, con dovizia di particolari e spunti di straordinaria bellezza, da Assteas a Matisse.
Giardina, dopo un percorso gradevole, giunge ai giorni nostri e ai miti moderni.
Lancia un’ultima slide: mostra un soccorritore – forse italiano – che allunga una mano per tirare fuori dall’acqua un naufrago, nel Mediterraneo.
“Questo da noi italiani ed europei è considerata una tragedia umanitaria. Il mondo invece legge ciò che vede come un nuovo mito”.
L’idea di un’Europa quale ponte di culture richiama ad un’iconografia lontana; non più bassorilievi e dipinti bensì immagini e video che ritraggono sguardi e mani tesi alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, indice di messaggi politici di differente lettura, talvolta ad uso e consumo delle parti.
La conclusione di Giardina non è una conclusione, è un libro aperto che ci consegna migliaia di pagine bianche ancora da scrivere.
Bello.
Il pubblico che gremisce il teatro applaude.
Bello ma terribile, ad un tempo: a chi toccherà scrivere quelle pagine?