In fin dei conti, chi ha saputo fare più rumore, ossia Novi Ligure, ha limitato i danni rispetto al resto della provincia, ottenendo di mantenere qualche reparto in più rispetto a Tortona o Ovada.
Ma lo snodo, in questa “razionalizzazione” della sanità sul nostro territorio, sta nel fatto che la politica continua ad essere ondivaga: avalla tagli a livello nazionale e regionale, e poi si “straccia” le vesti di fronte agli elettori su scala locale. Ma così non funziona, non se ne esce. Chi scrive è stracovinto che la sanità pubblica debba restare gratuita (tranne magari per i ricchi veri: ma quelli per il fisco spesso neanche esistiono, come noto), e che vada migliorata costantemente in qualità. Diffidate di chi sostiene in contrario, tipo “gli italiani hanno un welfare insostenibile”. Che taglino le spese agli armamenti semmai, o pensino a ridimensionare le grandi opere che costano tre volte il loro valore di mercato.
Ma pensare questo non significa ritenere che un modello di ospedale ogni 20 o 30 chilometri sia sostenibile. Da un po’ di tempo sto cercando di raccontare alcune eccellenze della sanità alessandrina, intesa come azienda ospedaliera. E scopro via via professionalità e competenze di valore assoluto. Ma anche limiti oggettivi in termini di risorse per il personale, per le tecnologie, per reparti che potrebbero essere assai migliori, più moderni in termini di location, o di migliorìe solo all’apparenza banali come aria condizionata, servizi igienici, e via dicendo. Chi, ahimé, ha la disdetta di aver frequentato in maniera non puramente occasione un ospedale sa bene quanto anche certi dettagli possano fare la differenza.
Ebbene: i sindaci la smettano di fare gli ipocriti, perché la provincia di Alessandria non può permettersi 6 o 7 ospedali moderni, è evidente. Non almeno se si esige che in un ospedale esistano competenze e strumentazioni di primo livello, in grado di garantire il meglio a tutti i pazienti, a prescindere dal loro reddito.
Naturalmente nessuno è mai disposto a rinunciare ad alcunché, ed esistono senz’altro, in un Paese di anziani come il nostro, anche esigenze di persone di età avanzata (sempre più numerose), che spesso non sono in grado di trasferirsi a curarsi in una città diversa da quella di residenza. E per loro dovrebbero esistere forme di assistenza domiciliare, e di trasporto gratuito casa-ospedale in caso di necessità di “pendolarismo sanitario”. Però sostenere che ogni cittadina di provincia debba avere a disposizione veri ospedali, con tutto quel che ciò significa in termini di risorse e competenze, vuol dire davvero sognare ad occhi aperti. So che molti di voi non saranno d’accordo: via al dibattito!