I bambini stanno perdendo la manualità.
Gli adulti si trastullano e si attaccano a regole di burocrazia, a progetti internazionali globali, a finanziamenti comunitari.
Nel frattempo i bambini sviluppano la sensibilità del polpastrello del dito indice di una mano, i più abili anche dei due pollici.
E basta.
Non sanno pedalare, non sanno manipolare la creta, non sanno toccare la corda di una chitarra, non sanno usare i pennarelli, non sanno scrivere, non sanno guardare né ascoltare in silenzio.
Certamente è doveroso non generalizzare ma è sotto gli occhi di tutti; ci dirigiamo verso un sistema binario universale, nel senso che sapremo fare solamente due cose: mangiare e dormire.
Esattamente come Neanderthal, qualcuno direbbe.
Macché, quello sapeva prendere una selce e levigarla con cura fino a farne l’efficace punta di una lancia, quello sapeva prendere l’osso di un animale e farne uno zufolo.
Insomma quello, il primitivo intendo, sapeva usare la testa ma anche le mani.
Sapeva fare le cose fatte in casa.
Noi no.
Stiamo perdendo anche il gusto delle cose fatte in casa, preferiamo gli oggetti seriali.
Spendiamo l’ira di Dio per un paio di scarpe Made in China marchiate USA, per uno smartphone reclamizzato da star hollywoodiane e non sappiamo più rammendare i calzini, fare un tiramisù delizioso, aggiustare il flessibile della doccia.
Preferiamo il sintetico al naturale.
In tutto.
Le cose fatte in casa sono quelle che Neanderthal ci ha tramandato.
Siamogli grati e non dimentichiamo.
Perché dietro quella testa allungata, quelle sopracciglia sporgenti, quel mento vagamente prognato ci siamo noi.
I bambini devono saperlo.