Non possiamo pretendere nulla di più.
Il nostro calcio si è impoverito a tal punto che due mostri sacri come Gianni Rivera e Sandro Mazzola si stanno spendendo per recuperare quel misto di tecnica e bel gioco che dovrebbe essere il calcio.
Alla faccia di staffette e rivalità.
La Juventus ritorna in patria con una sete di triplete annunciata.
Parlare di patria sembra fuori luogo visto che uno spogliatoio e un campo verde non rappresentano una terra e una squadra fatta perlopiù da mercenari stranieri non costituisce una nazione.
Certo – direte voi – non siamo ancora in mano agli affaristi cinesi.
Questione di tempo.
Nella serata di Cardiff mi sarebbe piaciuto vedere in campo uno come Claudio Gentile alle prese con quella ballerina – filo di mascara, mèches bionde e nomignolo che richiama un modello di auto – che volteggiava libera come l’aria.
Nel 1982 eravamo stupiti dall’imberbe Pablito e dal Bell’Antonio.
Questione di tempi.
Resta l’umana comprensione per chi – migliaia di ragazzi – ha macinato strada – migliaia di chilometri – e speso denaro – migliaia di euro – per vedere Agnelli scendere in campo – stavolta non per la partita del cuore – e abbracciare i suoi ragazzi ringraziandoli per non aver fatto il proprio dovere.
Erano stanchi.
Avevano esaurito le energie nervose per un’impresa che non c’è stata e anche in caso di vittoria non sarebbe stata epica.
Si sa, le montagne più belle sono quelle ancora da scalare.
A fronte di ciò però riconquistiamo il senso della misura.