I grandi amanti, così crudeli [Il Superstite 332]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

Preciso che il titolo deriva dalla chiosa finale di un commento di Giorgio Viaro, direttore della rivista Best Movie, a fronte di un’intervista di Roberto Recchioni a Tiziano Sclavi, il primo attuale curatore del fumetto Dylan Dog e il secondo, colui che ne fu geniale e mitico creatore nel lontano 1986. Un pezzo che leggo con un mare di ritardo proprio su un numero speciale della succitata rivista, uscita l’anno scorso in occasione di Lucca Comics and Games (fine ottobre per capirci), e il cui “strappo” temporale forse rende l’idea di come nella mia vita le cose da leggere, per piacere o per “dovere” istituzionale, siano ormai diventate ingestibili e infinite montagne, e poco importa se di carta o inscatolate in luccicanti ebook reader.

Lasciando andare le ciance introduttive, vista la tara dei protagonisti abbiamo a che fare con domande pertinenti, intelligenti, e risposte non allineate, per nulla conformiste e, citando ancora Viaro, dette da uno che non le manda a dire, “una mannaia critica dalla quale si salvano in pochissimi”.

Ora, arrivato a 67 anni e indugiante sul dubbio eterno se ai mostri sacri tutto si possa I grandi amanti, così crudeli [Il Superstite 332] CorriereAlpermettere (o meno), dichiaro di restare annichilito di fronte all’affermazione di Sclavi, tagliente e perentoria, che “John Carpenter è un regista molto rozzo, come gran parte dei suoi colleghi dell’epoca” (si riferisce agli anni ’80) e, più in là, “ciò non toglie che anche un regista mediocre possa azzeccare un ottimo film come La cosa”.

Accuso il colpo, lo confesso. E sorvolo pure che nell’intervista ci siano altri passi, discutibili secondo me, su Lynch, su Aliens di James Cameron e sul Cobra di Stallone, diretto da George Pan Cosmatos, che nel 1986 a Sclavi era piaciuto.
Però il problema adesso è solo uno.

Che faccio del Superstite di oggi? Uso lo spazio per dimostrare e scoprire l’acqua calda, ovvero che Carpenter è stato un regista-chiave nella svolta del cinema fantastico di quasi quarant’anni orsono e sulle cui idee ancora oggi si sta vivendo di rendita? Me la prendo con Sclavi – ma perché poi, dato che le discussioni tra cinefili a proposito di un titolo o di questo o di quell’autore sono all’ordine del giorno, e alla fine (lunga ai mitici cineforum degli anni ’70)?

Non è un dilemma da poco, almeno per me.

I grandi amanti, così crudeli [Il Superstite 332] CorriereAl 1Perché Carpenter e Sclavi sono, appunto, due mostri sacri. Sul primo ho scritto a lungo, forse primeggiando nella cronologia critica italiana che lo riguarda (La notte del Grande Cocomero risale a luglio del ’79 pubblicato nel leggendario, ultimo numero di Robot gestione Armenia e relazionava, appunto, su Halloween che stava uscendo in Italia), e del secondo ho comperato quasi tutto, dai Dylan ai libri usciti per Camunia e alla racconta di canzoni Nel buio (tutto è impossibile…). Insomma, per dire, che nella list che ognuno di noi ha in testa – per “noi” intendo quella family difficile da quantificare che in Italia si occupa per hobby o per lavoro di fantastico e di fumetto –, Sclavi e Carpenter sono icone, punte di riferimento culturale, pietre miliari, e leggere che il primo considera il secondo rozzo e mediocre, è a dir poco sgradevole. Ci si resta male e, se Viaro se ne esce con “solo i grandi amanti sanno essere così crudeli” (ma non se la cava secondo me), io mi chiedo e vi chiedo come un autore che ha firmato, appunto, La cosa, Il seme della follia e Il signore del male, abbia da meritarsi il disprezzo di Sclavi.

Stiamo parlando di quel John Carpenter che in tantissimi siamo andati a “sentire” a Torino l’anno scorso in un concerto strabiliante rievocato nel Superstite 294 e che forse ha sancito definitivamente con la musica che da parte sua altro non si potrà più girare. Perché Tutto è stato detto e visto.

Insomma, Tiz, anche se le voci riferiscono che tu non leggi alcun italiano (e, se fosse vero, questa sarebbe un’altra tua pecca, credimi, perché in Italia esistono pure autori “sclaviani”…) e quindi nulla ne saprai, ma rozzo e mediocre proprio no, detto di Carpenter… Ma poi, insomma, d’accordo che tu non c’entri in modo diretto, ma quanti Dylan Dog hanno saccheggiato il mondo cinematografico del big John? Li elenchiamo? C’è persino un personaggio del nuovo corso che vanta lo stesso cognome.

Okay, lo so bene, da questi dibattiti non si esce mai. Se vogliamo, esiste l’illustre precedente dello Shining di Kubrick contro lo Shining di King (non è esattamente il caso di Slavi vs Carpenter, ma per capirci…), accompagnato da dichiarazioni a denti stretti di reciproco disprezzo dei 2 K.

Kubrick di sicuro considerava “rozzo” King e quest’ultimo gli rispondeva che il suo approccio era “freddo”. Sta di fatto, la storia non si può smentire, che un grande romanzo è divenuto un grande film, l’uno di King e l’altro di Kubrick. Dissimile perché di ambiti diversi, quasi agli antipodi. Cinema e letteratura, anche se viaggiano in coppia, sono pianeti dissimili, esperienze quasi sempre reciprocamente dissonanti.

Non è un caso che gli scrittori prestati al cinema ne escano quasi sempre male o comunque “incompresi”.

È il caso di King con il suo pessimo Maximum Overdrive, è il caso di William Peter Blatty con film pregevoli ma tremendi flop al botteghino (La nona configurazione e L’esorcista III) e tanto raccontano le difficoltà di un grandissimo come Paul Schrader, autore di opere filmiche che grondano di letteratura di ottima qualità.
Sto scantonando, me me rendo conto. Spero che si capisca che questo pezzo è (anche) un duplice atto d’amore. Del tutto inconcluso.