“Io dico che chiunque si innamori è un disperato. Innamorarsi è una pazzia. E come se fosse una forma di follia socialmente accettabile.“ Amy
Quanto è reale l’amore? Può essere considerato vero anche quanto diventa così etereo e lontano da non poter essere toccato con mano? Fino a che punto possiamo spingerci nel provare qualcosa di intenso verso qualcuno o qualcosa?
Theodore, un solitario uomo dall’animo romantico che lavora scrivendo toccanti lettere per conto di altri, sta passando una fase problematica della sua esistenza in quanto non riesce a superare il distacco dalla moglie Catherine, compagna di vita con cui non ha neanche più un rapporto di amicizia, cosa che lo turba enormemente.
Un giorno Theodore installa nel suo computer un sofisticato sistema operativo os che in poco tempo si dimostra munito di grande intelligenza e personalità, tanto da far invidia ad un qualunque essere umano.
Il software, che dirà di chiamarsi “Samantha”, conquista a poco a poco la simpatia di Theodore grazie ad fare brillante e spigliato oltre che ad una voce dalla marcata sensualità.
L’uomo si troverà a condividere con lei molti momenti della propria quotidianità, che diverrà a poco a poco sempre più intensa e vibrante di quelle sensazioni piacevoli ed intime che pensava di poter provare solo per la bella ex moglie.
La stravangante coppia pare unirsi ogni giorno di più, non facendo però i conti con la realtà che li vede come due soggetti ben distinti fra loro, uno composto da materia e carne, l’altra invece pura essenza virtuale, anche se desiderosa di capire cosa si provi ad abitare un corpo vivo, fatto di sangue ed emozioni.
Il cuore non segue ragioni ma solo ciò che esso riesce a percepire, anche quando questo significa credere solo a ciò che si prova ignorandone le conseguenze. Sembra volerci dire questo il regista Spike Jonze con “Her”, delicata storia d’amore uscita nelle sale cinematografiche nel 2013.
Un film decisamente originale e coinvolgente che narra l’attaccamento sincero e appassionato di un essere umano nei confronti di un computer, un oggetto del desiderio intoccabile e astratto che nonostantre questo diviene il centro unico dei suoi pensieri, dando vita ad un tenero e potente legame affettivo.
A vedere Joaquin Phoenix con lo sguardo languido e la testa bassa viene da chiedersi se sia lo stesso spavaldo giovane che prestò il volto al personaggio di Commodo nel film “Il Gladiatore”, performance in cui peraltro dimostrò valide doti recitative.
Le sue eccellenti qualità di attore vengono ampiamente confermate in questa pellicola, dove Phoenix dimostra di saper affrontare con grande talento il ruolo di un uomo esitante nei confronti del mondo, anima in cerca di tenerezza e complicità e disposta a mettersi in gioco anche in una relazione a dir poco sopra le righe, mosso esclusivamente da ciò che egli percepisce a livello viscerale.
Molto brava anche Amy Adams nelle vesti di una donna dal vissuto sentimentale travagliato che trova in Theodore un sincero e fidato amico a cui rivelare ogni segreto, certa di poter contare sulla sua disponibilità e correttezza.
Nonostante l’idea sia buona e lo svolgimento del nastro si riveli valido grazie anche all’ottima fotografia di Hoyte Van Hoytema e alle musiche degli Arcade Fire, nella versione italiana della pellicola non si può fare a meno di notare il poco azzeccato doppiaggio di Micaela Ramazzotti, dotata di una voce gradevole ma non in linea con il ruolo di Samantha, da cui ci si aspetta una vocalità decisamente diversa.
Degno di lode invece risulta essere il doppiaggio di Scarlett Johannson nella versione originale, una buona prova per l’attrice che riesce a rendere attraente e carismatico il suo personaggio pur non comparendo affatto durante tutta la durata del film.
Candidato a 5 Oscar e vincitore del Golden Globe, il nastro è una complessa e struggente storia d’amore in grado di far domandare allo spettatore se sia più vera l’intesa fra un uomo e un software rispetto a molte altre relazioni spesso basate su sentimenti molto meno intensi di quello provato da Theodore, in preda ad un vissuto emotivo non privo di complicazioni, ma che ogni uomo dovrebbe sperimentare almeno una volta nella vita per sentirsi realmente parte del mondo.