Dev’essere ben radicata in una parte degli italiani l’idea che il “costruire” rappresenti l’unico modello di sviluppo se fin’anche un responsabile del FAI nazionale ritiene che per salvare la “Cittadella” occorra la “cura del cemento” e proponga, devo dire anche con poca fantasia, l’ingresso dei privati i quali dovrebbero occuparne i due terzi con nuove abitazioni e “spazi commerciali”. Cioè, per essere più espliciti, realizzare all’interno un altro supermercato con annessi negozi di cui questa città sente, come noto, in maniera impellente la mancanza e il bisogno.
Questa mentalità legata al ruolo salvifico “del mattone” che secondo Salvatore Settis andrebbe esaminata “con gli strumenti dell’analisi sociologica” e che, in pochi decenni, ha contribuito alla devastazione di quello che era universalmente considerato il “Bel Paese”, meraviglia costatarne la presenza anche in Associazioni che fanno, o dovrebbero fare, della salvaguardia e della tutela dei beni di valore storico e artistico la propria missione.
Il Fondo Ambiente Italiano, almeno così si legge sul sito nazionale , opera da 35 anni per dare concretezza all’articolo 9 della Costituzione italiana che, ricordo, recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” e la delegazione alessandrina ha lodevolmente eletto la grandiosa fortificazione del XVIII secolo a “luogo del cuore e della memoria”, così come si sta impegnando, con altri, per il suo riconoscimento da parte dell’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità. Risulta però difficile pensare che la candidatura alla prestigiosa “Lista” per ottenere l’ambito riconoscimento da parte della “Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura” possa essere favorita dalla manifesta aspirazione del Vice Presidente esecutivo del Fai allo stravolgimento della “Cittadella”.
La Cittadella di Alessandria rappresenta una straordinaria opportunità per la città e l’intera provincia, un manufatto integro, fra i più importanti esempi di architettura militare in Europa, carico di presenze, di episodi della storia che ha segnato il Risorgimento italiano e l’unità del Paese, e il suo destino non può essere affidato a soluzioni improvvisate, banali o, peggio, lasciato alla speculazione e agli interessi dei privati.
Manutenzione, restauro, cura e preservazione dell’intero complesso, non solo della parte muraria, ma comprensivo dei bastioni, del fossato e del sistema fortificato, rappresentano gli indispensabile presupposti per il futuro utilizzo della Cittadella. Che non può essere deciso solo in sede locale, ma va messo in relazione con l’importanza del monumento. La presenza nel Governo Nazionale di un ministro alessandrino dovrebbe, per intanto, consentire e favorire il coinvolgimento e il diretto interessamento del ministro dei Beni e le attività Culturali. Nei confronti della Regione può essere poi rivendicato per la Cittadella un ruolo e una funzione pubblica per il territorio del “Piemonte due” analoga a quella che, dopo anni di trascuratezza, ha assunto per l’area di Torino e non solo il complesso di “Venaria Reale”.
Una realtà naturalistica di proprietà demaniale da vivere e da visitare, una sede per manifestazioni, fiere legate all’ambiente, ai beni comuni, ai prodotti della terra, alla green economy, con mostre e musei permanenti, gestito da un apposito Consorzio dedicato alla fruizione e valorizzazione della Cittadella. Un soggetto dotato di autonomia culturale, gestionale ed organizzativa dove sia prevista la presenza del Governo, della Regione, degli Enti Locali alessandrini e delle Fondazione bancarie.
E’ solo un esempio che va rapportato e costruito sulle caratteristiche della fortezza alessandrina, ma da il senso e sottolinea la volontà per un progetto ambizioso all’altezza del valore e delle tradizioni che la Cittadella racchiude e che un superficiale e poco accorto dirigente del Fai, con ogni probabilità, non conosce.
Renzo Penna – Alessandria