Lettera aperta del vescovo di Tortona alla città: “Dobbiamo risvegliarci e reagire”

Lettera del vescovo di Tortona alla città: "Dobbiamo risvegliarci e reagire" CorriereAl di Emanuela Carniglia

 
La scorsa settimana la Città di Tortona ha celebrato il suo patrono: san Marziano, fondatore della nostra Chiesa tortonese e suo primo pastore fino al dono totale di sé nel martirio. Nell’occasione del solenne pontificale il Vescovo della Città, Mons. Vittorio Viola, ha rivolto alla Città un “semplice messaggio”, come lo ha definito lui stesso, per “poter dare il mio piccolo contributo alla costruzione del nostro vivere insieme”.

Un messaggio che è un’esortazione alla Città a risvegliarsi e a reagire.

Il Vescovo arrivò a Tortona gli ultimi mesi del 2014 quando “forse a motivo delle giornate grigie dell’alluvione, delle tensioni per la triste previsione della “chiusura” dell’ospedale e della già avvenuta chiusura del tribunale, la Città sembrava dare segnali di sofferenza”.

“L’uomo non può vivere senza la Città. Penso alla Città non tanto nell’idea della Lettera del vescovo di Tortona alla città: "Dobbiamo risvegliarci e reagire" CorriereAl 1polis greca, auto-centrata ed auto-fondata, la quale – come scrive Aristotele (Politica, I A, 2, 1253 a, 19) – “per natura viene prima rispetto alla famiglia e a ciascuno di noi”.
Penso, piuttosto, alla Città come civitas, vale a dire come l’insieme delle relazioni tra le persone che si riconoscono come cives, cittadini. In tal senso la Città viene dopo ogni singola persona ma ne costituisce l’ambito vitale nel quale l’individuo diventa persona. Vi è una Città-urbs, come spazio fisico, nel quale vive una Città-civitas, come società che lo abita, che necessita di una Città-polis, come realtà che la governa: urbs e polis sono funzionali alla vita della civitas”.

L’uomo non può vivere senza la Città “perché non può sopportare quella profonda forma di povertà che è la solitudine, conseguenza della chiusura all’altro nella innaturale presunzione di bastare a se stessi. Questo non fa che generare alienazione. È paradossale, ma anche i cosiddetti social, che di fatto hanno disumanizzato le nostre relazioni, possono generare alienazione. La crisi che stiamo vivendo e che tocca la nostra Città, prima di essere economica, finanziaria o sociale è antropologica, etica. Non possiamo correre il rischio di non cogliere questa dimensione più radicale che riguarda la nostra visione della vita, dell’uomo, di Dio: sarebbe come condannarci ad una inefficace cura dei sintomi senza preoccuparci delle cause.

Vicenda Mazal Global Solution a Tortona: valido l'accordo sindacale del 2011 CorriereAlNé possiamo limitarci allo sterile lamento condito di rimpianti per i bei tempi andati o al catastrofismo apocalittico o ad una vana speranza di vincere una qualche lotteria. Non illudiamoci: anche la mancanza di lavoro è conseguenza di un sistema che ha dimenticato la verità dell’uomo per privilegiare le logiche di profitto e di consumo che lo rendono una merce. L’inganno è stato ben ordito. Prima si è preteso di mettere l’uomo al centro privandolo di ogni riferimento (autorità, tradizione, gli altri, Dio): e ci hanno fatto credere che questo fosse libertà. Poi ci hanno imposto altri dei: la tecnica senza valori, l’utile come criterio per giudicare ciò che è giusto, il consumo come atteggiamento compulsivo imposto dal mercato, una economia senza volto che partorisce scarti umani. E ci siamo ritrovati schiavi, senza meta e soli”.

Il Vescovo, rivolgendosi “ai credenti in Cristo”, ha detto “tutto ciò che è umano ci interessa; la Città, con le sue gioie e i suoi dolori, con le sue fatiche e le sue speranze, ci interessa” e rivolgendosi “a tutti” ha detto “Tortona ritrova la sua identità e la difende ripartendo dal costruire e custodire le nostre relazioni volte a creare un ordine sociale nel quale al centro ci sono i diritti della persona, di ogni persona. Non ci sarà crescita, di nessun tipo, senza un lavoro serio di inclusione relazionale di tutte le persone. E non penso solo ai migranti e ai profughi. Vivere l’Eucaristia celebrata ha una sua dimensione sociale in quanto nella comunione al Pane spezzato ciascuno viene posto in intima relazione con Dio e con i fratelli. Nel dialogo tra la comunità cristiana e la Città la carità si “istituzionalizza” diventando struttura sociale che ha al centro la persona.

Dunque, ricominciamo, o meglio, continuiamo a tessere relazioni vere tra di noi, aperte al dialogo sincero e tese alla concordia. Abbiamo fatto esperienza in diverse occasioni del fatto che insieme possiamo dare un volto nuovo alla nostra Città: Amministrazione, Istituzioni, Fondazione C.R. Tortona, Associazioni, Imprese, singoli cittadini e comunità cristiana quando convergono su obiettivi comuni, raggiungono risultati che singolarmente non potrebbero realizzare”.

Un invito che deve essere accolto e messo in pratica da tutti; in primis dall’amministrazione e dalle istituzioni.