“Tu puoi anche stringermi la mano e sentire la mia pelle a contatto con la tua, persino arrivare a credere che i nostri stili di vita sono perfettamente comparabili…la verità è che io non sono lì.” Patrick Bateman
Patrick Bateman è un ventisettenne finanziere di Wall Strett che conduce una vita brillante ed in continua ascesa. Si veste con grande stile, frequenta i locali più chic di New York, ed è fidanzato con una ragazza di ottima famiglia ed aspetto, che comunque tradisce con diverse donne senza farsi troppi problemi.
Nonostante il benessere materiale assicurato da una posizione lavorativa redditizia e comoda, una profonda frustrazione alberga nell’uomo, che di notte compie crimini efferrati dedicandosi con grande passione alle più orride torture da lui perpretrate spesso ai danni di persone indigenti ed fragili, quasi a voler affermare con prepotenza il suo appartenere ad una classe sociale privilegiata e snob.
L’aspetto piacente e le ricche possibilità economiche non paiono soddisfare i voraci desideri del giovane, mosso da una spietata invidia verso qualsiasi persona che mostri di aver ottenuto un risultato secondo lui degno di nota, come l’aver cenato in un ristorante blasonato o l’aver ricevuto una promozione in ufficio. Nessuno sembra riuscire ad immaginare cosa si nasconda dietro ad una facciata di affabile cordialità che invece maschera un macabro e pericoloso sconvolgimento interiore, trasmesso al mondo esterno solo tramite qualche sguardo truce e da diverse battute di pesante humor nero, spesso ignorate dai suoi ricchi amici troppo occupati ad osservare i vestiti dell’uomo per scrutarne l’animo.
L’unica che pare voler conoscere davvero Bateman è Jean, la sua segretaria che da sempre nutre verso di lui un platonico affetto mai tramutato in qualcosa di più concreto.
Non era facile prendere un romanzo come “American Psycho” di Eston Ellis e farne un film, ma la regista Mary Harlon sembra esserci riuscita con questo suo lavoro del 2000 che decisamente lascia il segno anche grazie alla scelta di un ottimo attore nelle vesti di Bateman. Nonostante ci siano alcune differenze con il libro e alcuni pezzi più cruenti non siano stati presi in considerazione, il nastro risulta comunque interessante nel complesso grazie alla bravura degli attori ed alla colonna sonora curata da John Cale.
Christian Bale dà vita in modo ineccepibile allo stravagante personaggio di Patrick, bello come un angelo e privo di pietà, un essere inumano che cura il proprio aspetto con maniacale precisione, dimenticandosi di avere un cuore e puntando tutto sull’apparenza. Elegante e sempre aggiornato sulle ultime tendenze, appare agli occhi dei più come impeccabile nei vestiti che porta e distaccato nei modi,costituiti da un insieme di gesti algidi e costruiti con cui si relaziona nei confronti del mondo, un mondo fatto di esseri cinici e superficiali quanto lui. Persino le sue passioni, come la musica, non riescono a regalargli qualche attimo di autentica commozione, divenendo piuttosto un altro bene materiale di cui godere in modo avido e bramoso.
Presenti nel cast anche William Dafoe, che qui interpreta un detective in parte affascinato dalla personalità sfuggente del ragazzo, e la bella Cloe Sevigny nel ruolo della segretaria devota e titubante.
La pellicola è un ritratto grottesco e brutale degli yuppies anni 80’, un’immagine cruda ed esasperata dell’uomo moderno perso nella vanità e negli eccessi, incurante del rispetto verso il prossimo, che egli vede come un nemico da abbattere con la forza bruta, o con cieco disprezzo.
La realtà si mescola con la finzione in un atmosfera cupa e sinistra, in cui lo spettatore cerca di comprendere, almeno in parte, la mente di un uomo votato solo al materialismo più bieco, vittima delle proprie pulsioni distruttive e profondamente incompreso da chiunque lo circondi, data l’incapacità del soggetto di relazionarsi agli altri con empatia e sincera partecipazione.
Patrick Bateman può essere visto come una parte di noi stessi che con forza cerchiamo di scacciare, quell’essenza astratta che ci spingerebbe a distruggere tutto ciò che ci infastidisce con il solo scopo di soddisfare noi stessi, è una presenza insapore che abita un corpo nella pulsante speranza di ricavarne solo piacere, diventandone saturo e vagando senza sosta per ricavare qualsiasi altra gratificazione in grado di dare brivido ad una vita ormai priva di stimoli, in cui ogni luce sembra lasciare spazio ad un’oscurità lacerante.