Incerto se discutere di ponte Meier o asili, vi propongo un mix di riflessioni, per cominciare bene la settimana, che si annuncia incandescente.
Ponte Meier: il sindaco Rossa ha spiegato nei giorni scorsi perché, dal suo punto di vista, l’opera si deve fare. Non sono in grado di valutare, francamente, se davvero i dati siano tutti corretti, ossia se ad esempio i finanziamenti legati al Pisu non possano essere comunque utilizzati (magari chiedendo al riguardo una deroga di emergenza) per le altre opere previste nell’area dei borghi Cittadella e Rovereto, a prescindere dal ponte. Constato però che praticamente tutti hanno preso per buona questa posizione, compresi i tanti detrattori del Ponte nell’era Fabbio. Tutti già in vacanza? Oppure “citu”, come spiritosamente sottolinea un lettore di questo blog? Ossia sottocoperta, conformi ad ordini di scuderia.
Non mi interessa qui francamente entrare nel merito della necessità del ponte, o di quale ponte.
Però le motivazioni a senso unico propinateci in questi giorni sono davvero l’emblema del particolarismo, ossia di un Paese che è arrivato a un centimetro dal capolinea, e non intende comunque cambiare metodo.
L’unica voce pubblica (in privato è tutto diverso: lì tra un sorriso e una battuta sì che capisci come funzionano i meccanismi) che si è permessa di dire che il re è nudo è stata quella di Lino Balza.
Eppure la questione è banale: da un lato si chiedono agli alessandrini lacrime e sangue, per cinque anni (ma voi avete mai visto diminuire dei balzelli pubblici? Io no: sulla benzina paghiamo ancora contributi per terremoti di cinquant’anni fa, per dire. Quindi..), dall’altro si decide di procedere comunque nella realizzazione di un’opera pubblica assai costosa.
E con quale approccio di fondo? Non “il ponte è indispensabile alla città”, bensì “tanto sono soldi che altrimenti Alessandria perderebbe”. Allora, a parte che comunque i contribuenti alessandrini ci metteranno di tasca loro tot milioni di euro, cerchiamo di capirci bene: come ho visto sottolineare al solo Balza, la realtà è che tutti i 20 o 30 milioni necessari per l’opera sono soldi nostri, ossia dei contribuenti.
E questo “arraffa tu prima che arraffi qualcun altro” è esattamente il meccanismo che, nei decenni, ha portato l’Italia all’attuale quasi collasso per sprechi di immani risorse pubbliche. Anche se naturalmente, calata nel contesto del Paese (che è in una situazione sì drammatica, ma mai seria), la scelta degli amministratori alessandrini ha una sua comprensibile, perversa logica del “particulare”.
Insomma, nessuna rivoluzione etica partirà da Alessandria: Lino Balza si rassegni al ruolo di “bastian contrario”, e su questo come su altri temi si accontenti del plauso (sincero) di pochi estimatori di nicchia.
Sulla vicenda asili, azienda speciale e, soprattutto, considerevoli aumenti delle rette, solo una considerazione “a margine”: un vincitore nella vicenda c’è, e sono i privati che operano nel settore.
Mettetevi nei panni di una coppia che, agli stessi costi, deve scegliere tra un asilo pubblico, e una struttura privata a cui poter chiedere conto quotidianamente della qualità del servizio, “perché io pago”. Che fareste?
Ad iscrizioni concluse sarà interessante una bella verifica sul campo, basata sui numeri.
E. G.