Botta: “Foibe: basta con la giornata dell’oblio!”

Botta: “Foibe: basta con la giornata dell’oblio!” CorriereAlTorna, quasi clandestina, la Giornata del Ricordo che commemora le foibe e ricorda le migliaia di italiani massacrati dai partigiani comunisti di Tito e non solo.

“Da un lato si avverte l’ipocrisia di quelle amministrazioni di sinistra che oggi istituiscono fugaci cerimonie, perché così vuole la legge, ma che negli anni addietro si riconoscevano nei partiti che ispirarono gli autori degli eccidi – dichiara Marco Botta, già consigliere regionale di Alleanza Nazionale  e ora coordinatore regionale piemontese del Polo Sovranista promosso da Alemanno e Storace  -, dall’altro c’è la profonda amarezza per la decisione dei presidenti della Repubblica e del Senato – i massimi vertici dello Stato – di disertare la commemorazione di Basovizza”.

Botta ricorda come sia arrivata un po’ tardi la memoria della foibe, e solo dopo che fu istituita la Giornata del Ricordo per i campi di sterminio: “Ma meglio tardi che mai, e meglio la pari dignità delle memorie con tutto il suo odioso peso di contabilità dei morti e paragone macabro delle tragedie, piuttosto che il nulla o la memoria a senso unico. Apprezzando questa civilissima ricorrenza, lasciate che io rammenti, per amor di verità e di storia, qualche buco odioso nella calza dei ricordi.

Per cominciare, Carlo Azeglio Ciampi consegnò una medaglia d’oro alla memoria di Norma Cossetto, la ragazza che fu massacrata e infoibata dai partigiani di Tito. La meritoria iniziativa è partita dal Franco Servello. A dir la verità, la studentessa ricevette già nel 1949 la laurea honoris causa postuma su proposta del latinista comunista Concetto Marchesi dall’Università di Padova. Ma una lapide nello stesso ateneo la ricorda tutt’oggi, tra le “vittime del nazifascismo”. Lei che fu barbaramente trucidata dai comunisti di Tito. Un vile oltraggio alla verità e alla memoria”.

“In secondo luogo – punta il dito Botta -, a chi ripete che quegli eccidi vanno contestualizzati nel feroce clima della guerra, vorrei ricordare che i comunisti continuarono a infoibare anche a guerra strafinita e a fascismo ormai caduto. Ne
cito uno per tutti. Vi parlo di un sacerdote beatificato nel 2008, Don Francesco Bonifaci di Pirano, che fu massacrato e infoibato dai comunisti in una sera dell’11 settembre del 1946, vale a dire un anno e mezzo dopo che la guerra era finita e il fascismo era sepolto. Fu prima malmenato, poi colpito da una sassaiola, infine ucciso e gettato in una foiba vicino a Buie; ed è stato impossibile anche anni dopo recuperare i suoi resti e la sua memoria. Gli assassini erano tutti in giro, nostrani, a due passi dal luogo del delitto”.

Ed ancora: “E qui, terzo luogo, vorrei sapere che fine hanno fatto i rari processi postumi che furono avviati contro gli infoibatori, da Pskulic in poi. Tutti arenati, dopo che fu tolta al magistrato Pititto l’indagine scottante. Ma non solo. Migliaia di pensioni vengono ancora versate dallo Stato italiano agli infoibatori, grazie al vergognoso trattato di Osimo del 1975. Viceversa le famiglie degli infoibati e dei profughi aspettano ancora giustizia e spesso non hanno ricevuto un soldo da nessuno, slavi o italiani. Esempio atroce i 630 bersaglieri della Rsi. Come ricorda Luciano Garibaldi, si erano arresi con la garanzia della loro incolumità ma furono bestialmente uccisi. E in quanto militi della Rsi, i superstiti e i loro famigliari non ebbero mai alcuna pensione. Gli infoibatori si, gli infoibati no. Una vergogna”.

Botta ricorda poi le tante censure, di come ancora oggi sia proibito dire che gli infoibatori erano comunisti e di come anche il Pci italiano avesse dato una robusta mano.

“Aveva contribuito attraverso riunioni, volantini e documenti a sostenere l’operazione foibe. Ad esempio, in un documento il Pci sosteneva che non si dovesse rinunciare a quella che veniva definita ‘la tattica delle foibe’ (ovvero lo sterminio). I rapporti e gli incontri tra Togliatti e i capi dell’operazione sterminio erano continui: da Mosca a Bari.

Perché non parlare anche in questo caso di collaborazionismo e poi di negazionismo? Certo, il silenzio sulle foibe non era solo un favore al Pci, rientrava anche nella strategia di apertura a Tito che aveva rotto con l’Unione sovietica. Ma troppi sono i ritardi e le vaghezze che alimentano ancora una becera amnesia. Oggi, molti ‘nipotini’ di quel comunismo,si sono depurati indossando le vesti dem”.

I libri scolastici di testo fanno aperture e non dicono più che le foibe sono fenomeni carsici, buttandola sulla geologia per non parlare di storia; ma siamo ai primi passi, agli incerti balbettii per non farsi sbugiardare. In Rai passò la fiction sulle foibe ed ebbe successo, ma a patto che i fatti fossero avulsi dalla storia e non si parlasse mai di partigiani comunisti, come se fossero tragedie private e drammi famigliari. Al cinema passò i guai Renzo Martinelli, regista di sinistra e figlio di partigiano, quando portò sugli schermi “Porzus”, sul massacro di partigiani bianchi della brigata Osoppo da parte di partigiani rossi al servizio di Tito. Perse contratti e commesse di spot pubblicitari, fu stroncato o evitato; solo dopo qualche film più gauchiste, come quello sul caso Moro, fu riammesso a tavola.

“Certo, è sgradevole parlare ancora di queste cose, è sgradevole l’uso politico e strumentale di queste tragedie – conclude Botta -. Bello sarebbe che il revisionismo fosse animato da rigore storico e pietas, non da livore e sfruttamento. Arrivo a dire che diventeremo civili quando potremo fare a meno senza polemiche di queste giornate mnemoniche che sono surrogati di una memoria a buchi. Sarò lieto di veder cancellata la giornata del ricordo quando sarà cancellata la nottata del fazioso oblio”.