La prima raccolta poetica di Montale è anche la sua più famosa: “Ossi di seppia” è un’opera che gode di una fortuna per nulla comune alle raccolte poetiche, specie contemporanee.
Tale felice successo è dovuto fondamentalmente a due fattori strettamente interconnessi: da un lato l’eccezionale piacevolezza della lettura, garantita da una sistematica ricerca della musica dei versi, attira un pubblico anche ampio, come semplicemente è normale che facciano le cose belle; dall’altro la straordinarietà del messaggio poetico rende quello con l’opera di Montale un incontro imprescindibile per i lettori piú informati.
Gli ossi di seppia cui il titolo fa riferimento sono i resti delle seppie, gli endoscheletri che la marea deposita sulla sabbia: cosí la Natura e il Tempo agiscono con lenta voracità indifferente sull’essere umano depositandone i resti fuori dalla giovinezza; la stessa indifferenza, tanto totale da esser divina, è intimamente legata al tema del Male ed a quello della inconsapevolezza. Tutto questo è reso in un linguaggio unico, perfetto e affascinante: una Lingua che vuol essere semplice; “semplice”, è chiaro, non vuol dire “facile”: si tratta però dell’abbandono sistematico del poetismo e dell’arzigogolo, in favore di una Poesia di realtà e di cose. La musica è al servizio di questo, e senza mai coprirlo lo fa anzi sentire nel modo piú preciso ed emozionante possibile.
Col suo canto alla Lingua delle cose ed allo svuotamento dell’Uomo e all’indifferenza divina, “Ossi di seppia” è un inizio di carriera letteraria che immediatamente appare come un controcanto a molta della nostra Tradizione Lirica; della quale Montale è una sorta di rovescio di medaglia o di pagina: un qualcosa di totalmente diverso che è però parte del suo stesso termine di paragone.
«Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni» nel 1975 Eugenio Montale vinse il Premio Nobel per la Letteratura; e raramente una motivazione di attribuzione ha la felicità di riassumere in maniera cosí eloquente la Poetica di un premiato (un altro miracolo del genere era avvenuto con Salvatore Quasimodo, che nel 1959 aveva vinto il Premio «Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi»: ché chiunque conosca l’opera di Quasimodo non potrà non riconoscere subito, al leggere questa motivazione, l’Autore di cui si parli).
Infatti in quelle poche parole c’è tutto il senso profondo alla base di Montale, a partire da “Ossi di seppia” per arrivare alle ultimissime pagine. La mancanza di illusioni di cui si parla è non solo e non tanto la poca fiducia nel veder realizzarsi un sogno ma è proprio l’impostazione di una visione del Mondo che, unita ad una “grande sensibilità artistica”, forma il significato profondo della Poetica montaliana.
Ma ad interessare qui soprattutto è forse quel “per la sua poetica distinta”: dove, ancora un volta, “distinta” significa non solo e non tanto un’attestazione di qualità eccellente; ma in verità il fatto che nella sua essenza la Poetica di Montale sia poetica eminentemente di cose. Non che manchino termini e forme tipici di Lingua Poetica, ma non si tratta (quasi) mai di preziosismi né di modi: il tema del poetare montaliano non è (se non forse in ultimissima analisi, dopo aver smangiato tutto fino all’endoscheletro) mai il poetare stesso, ma la vita e le cose di cui si fa poesia.
Ogni parola e ogni espressione ed ogni musica sono usate per intendere evocare esattamente un’immagine: si tratta di una Poetica distinta, discreta, che non agisce per chiazze ma per suggestioni precise.
Questo è il senso del distacco che Montale – poeta laureato fra i piú grandi della nostra tradizione – prende dai poeti laureati quasi in apertura di “Ossi di seppia”, affermando di preferire i limoni alle piante dai nomi complicati e dall’essenza distante di cui quelli riempiono le loro opere.
Quella fornita dalla motivazione del Nobel è una chiave di lettura come un’altra, e qui s’è provato ad analizzarla con tutta la semplicità che fosse concessa. Quel che conta comunque – al di là delle spiegazioni che certo possono pur riuscire utili – è andare a reperire qualche verso di Montale (su un’edizione in volume, su un’antologia, in Rete) e rileggerne, senza eccessivo impegno ma con il desiderio di regalarsi un momento, qualche parola.