“La mafia, o meglio tutte le forme di malavita organizzata, arrivano e cercano di radicarsi ovunque ci sia business, sia pubblico che privato. Contrastarle e sconfiggerle è possibile, oltre che doveroso: e parlarne è un passaggio fondamentale. Perché la mafia per radicarsi ha bisogno di silenzio e omertà: vogliono che non si parli di loro insomma”.
Carlo Piccini è, dalla sua fondazione (“nel 2008, e ormai sono in scadenza di terzo mandato triennale: a fine anno qualcuno per statuto dovrà sostituirmi per forza”), coordinatore di Libera Alessandria, costituita in realtà appunto parecchi anni dopo la nascita dell’associazione il cui più noto testimonial è senz’altro Don Ciotti, “e che è in realtà, chiariamolo, un’associazione di associazioni, ossia svolgiamo un’attività di coordinamento tra associazioni: in provincia di Alessandria nel 2008 partimmo in 8, oggi siamo 25 realtà, oltre ad un importante coinvolgimento degli istituti scolastici: e i ragazzi per Libera sono davvero l’investimento più importante, una sensibilizzazione culturale che guarda al futuro”.
Con Carlo Piccini facciamo ‘il punto’ sull’attività di Libera Alessandria, ma anche importanti riflessioni sul radicamento (non solo operativo, che è compito di altre istituzioni, ma culturale) della malavita a casa nostra, e sulle modalità con cui noi, cittadini comuni, possiamo e dobbiamo saperla affrontare, e contrastare.
Dottor Piccini, di Libera tanti sentono parlare spesso, ma pochi sanno davvero cosa sia: lo spieghiamo bene?
Libera nasce nel 1995, per iniziativa di una serie di soggetti ‘di territorio’, ed è associazione ‘di associazioni’, per così dire, o associazione di secondo livello. Nasce in un contesto preciso, e con una mission chiarissima: sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Ci fu, ormai appunto 22 anni fa, una raccolta firme (furono alla fine più di un milione) da parte di realtà associative tra loro diverse, che chiedevano allo Stato il riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi. Che divenne infatti legge l’anno dopo. Oggi Libera è il coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità.
A casa nostra partì parecchi anni dopo, nel 2008: oggi come siete organizzati?
Libera Alessandria è costituita oggi da 25 diverse realtà associative, radicate in tutto il territorio provinciale, e con una forte partecipazione degli istituti scolastici, che per noi è motivo di particolare orgoglio e stimolo: è proprio lavorando con le scuole, sulla sensibilità dei più giovani, che la cultura della legalità può crescere e radicarsi: non che la mafia possa essere sconfitta solo sul piano culturale, è evidente. Ma di lì bisogna passare, se si vuole che i fenomeni malavitosi si sentano sempre più isolati, a tolleranza zero.
Cosa sono i presidi territoriali di Libera?
Ci piace definirli ‘motorini di avviamento’ della legalità sul territorio. In provincia ne abbiamo 7, uno per centro zona: si tratta di gruppi di almeno 10 persone, iscritte a Libera e ovviamente tutte volontarie (come tutti noi), che sul loro territorio sviluppano occasioni di incontro e confronto, ma anche se serve segnalano situazioni delicate. Questo è importante chiarirlo: là dove si abbia la sensazione di situazioni di illegalità malavitosa, è importante avere la forza di segnalarlo a chi di competenza. Fare finta di niente è sbagliato, così come non ha senso semplicemente parlarne, magari a vanvera o in anonimo, sui social network.
Però, dottor Piccini, non tutti hanno l’animo dell’eroe, e non sempre sitrova il coraggio (e magari neppure gli elementi oggettivi) per bussare ad una caserma dei carabinieri…
Ce ne rendiamo conto benissimo: per questo diciamo da sempre alla cittadinanza di prendere contatto con noi senza timori, attraverso tutti i riferimenti che si trovano in rete, sui siti di Libera: qualcuno di noi è sempre pronto all’ascolto, e ad un ‘affiancamento’ dei singoli cittadini, che non devono mai sentirsi soli di fronte alla malavita. La solitudine genera paura, ed omertà, che è esattamente quel che le mafie vogliono.
Ma la malavita organizzata quanto è davvero radicata nell’alessandrino?
Ci sono indagini, sentenze, studi che certificano come ‘le mafie’ siano arrivate da noi diversi decenni fa (a mio avviso, ma la questione è dibattuta, anche a seguito del fenomeno del ‘confino’ o domicilio coatto, fenomeno tipico degli anni Settanta e Ottanta. Comunque sia, Alessandria ha avuto in anni recenti un consigliere comunale condannato con sentenza definitiva per affiliazione all’ndrangheta, che è reato ben diverso dal concorso esterno. Il fatto è grave ed emblematico, perché ci sono elementi in quel processo che testimoniano proprio un cambio culturale, prospettico, di quella organizzazione criminale: ossia la scelta di infiltrare le istituzioni direttamente con propri affiliati.
E i beni confiscati e riutilizzati? Quanti sono i casi nella nostra provincia?
Chiariamo, perché è un punto delicato: Libera non è intestataria di nessun bene confiscato, se non quello della sede romana, che apparteneva alla Banda della Magliana. In tutti gli altri casi i beni confiscati dall’apposita agenzia nazionale vengono assegnati a enti o istituzioni pubbliche, che possono affidarne la gestione ad associazioni che fanno parte di Libera. Il punto dolente sono i tempi. Ad oggi in provincia di Alessandria l’unico immobile assegnato in gestione ad un nostro associato è la cascina Saetta, proprietà del comune di Bosco Marengo: ma ci sono voluti 9 anni, tanto che ad un certo punto la struttura in muratura è stata abbattuta perché pericolante, e oggi esiste una tensostruttura dentro la quale si tengono iniziative e convegni, con una parte della stessa dedicata ad un progetto agricolo sperimentale di acquaponica.
Poi c’è il caso dell’immobile di Sale, di cui abbiamo letto di recente…..
Lì gli immobili sono due, attualmente ancora di proprietà dell’agenzia nazionale,
ma per legge già affidabili dall’estate 2016: speriamo che si faccia presto avanti un’istituzione (ad esempio il comune, o la regione) che ne diventino assegnatari, e poi affidino in gestione a qualche associazione. In questi anni persone in difficoltà, non in grado di pagare l’affitto ma bisognose di un tetto, certamente non mancano.
Malavita organizzata e Terzo Valico: c’è chi vi accusa di non dire e non fare abbastanza…
In questo paese chiunque faccia si espone a critiche di ogni sorta. Che sono sempre legittime, a meno che non arrivino da certi ‘leoni da tastiera’, che confondono l’impegno civico concreto con l’insulto sui social, che credo non serva a nessuno, se non a sfogare frustrazioni individuali. Sulle grandi opere ci siamo sempre espressi con chiarezza: occorre massima vigilanza, a tutti i livelli, e quel che sta emergendo sul fronte Terzo Valico è gravissimo: ma per fortuna sta emergendo, e questo è fondamentale. Però attenti: la miriade di piccole opere, pubbliche come private, non è certamente meno a rischio, sul fronte infiltrazione. Per quanto riguarda il Terzo Valico, noi prendiamo le distanze semplicemente da chi vorrebbe strumentalizzarci, perché a priori contrario all’opera, a prescindere dai fenomeni di malavita organizzata.
Altri capitoli tremendi: la ‘febbre del gioco’, e l’usura…
Capitoli fortemente collegati peraltro, perché sono numerosi i ‘malati di gioco’ che finiscono in mano agli strozzini. Così come certamente il gioco può aprire anche la porta a forme di riciclaggio. Il malavitoso che acquista al ‘mercato nero’ un biglietto vincente della lotteria, per dirne una, e poi lo tiene lì, da esibire se e quando gli contestassero le sue eccessive ricchezze. Certamente la legge regionale sulla rigorosa regolamentazione delle ‘macchinette’ nei locali pubblici piemontesi, di imminente applicazione, non potrà che essere un passo in avanti importante. Ma non ancora sufficiente.
Parliamo di Libera e la politica, dottor Piccini. Di recente La Stampa, in occasione dell’incontro-intervista pubblica da voi promossa con il sindaco di Alessandria, ha titolato “Rossa, prima uscita da candidato”. Non è come dire che non siete proprio imparziali?
I titoli della Stampa non li facciamo noi, e quello che lei cita non sintetizza lo spirito della serata. Che semmai voleva affermare un principio che manca nella cultura di questo paese: quello della verifica. Poiché nel 2012 avevamo chiesto ai numerosi candidati sindaco di prendere posizione rispetto a dieci punti precisi della nostra piattaforma, una verifica finale con il sindaco eletto ci è parsa fondamentale.
Per le prossime, imminenti elezioni di Palazzo Rosso state preparando qualcosa di analogo?
Magari cercando di non ripeterci in maniera monotona, certamente intendiamo anche questa volta sollecitare i candidati ad un impegno chiaro, concreto e trasparente contro la malavita organizzata in ogni sua forma e manifestazione. Questo per noi è fare politica: in maniera assolutamente apartitica.
Ettore Grassano