Sciacalli [Il Citazionista]

di Andrea Antonuccio.

«C’era una vorta un Re cche ddar palazzo / mannò ffora a li popoli st’editto: / “Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo”»
Giuseppe Gioacchino Belli, “Li soprani der Monno vecchio”

Di fronte alle tragiche immagini dell’hotel Rigopiano travolto da una valanga; di fronte ai 26 dispersi e ai quattro morti (bilancio destinato a salire, temo); di fronte al padre che dice “Io sono salvo, ma i miei figli sono là sotto” (proviamo a immedesimarci, se ci riusciamo); di fronte a tutto questo dolore, il primo suggerimento della mia coscienza è stato: “Taci“.

Scrivere non è come parlare. Scrivere è un lavoro artigianale, di cesello. A volte riesce bene, a volte meno bene, ma è un lavoro. Trasportare il pensiero su un foglio, di carta o elettronico, è la differenza tra noi e il resto del Creato.

Eppure, c’è chi ancora parla. Chi non riesce a frenare l’ineffabile desiderio di essere sempre al centro dell’attenzione, rubando spazio e tempo al silenzio e al lavoro di chi aiuta, soccorre o prega. Bisogna essere presuntuosi, egoisti, maledettamente pieni di sé per accendere le telecamere e rubare di nuovo la vita a chi l’ha già perduta. Magari giustificandosi con la scusa del “servizio pubblico”.

Ma per favore… tacete. State rubando. Il teatrino televisivo di queste ore è solo un continuo rubare. Spegnere la tv vuol dire non essere più complici di questi sciacalli.