L’abbiamo citata nell’ultima puntata, ma in parecchi mi avete fatto notare che la maggior parte delle persone hanno dimenticato il caso di Carole Compton.
Cominciamo col dire che si tratta di un caso “italiano” e che dimostra, persino de iure, l’esistenza di un fenomeno classificato dagli esperti come fire poltergeist, riscontratosi con regolarità in ogni angolo del pianeta da trent’anni almeno a questa parte.
Fu proprio all’inizio degli anni Ottanta che un evento tanto unico quanto clamoroso ebbe il potere di mettere a nudo la natura a dir poco inadeguata degli apparati giudiziari italiani. Nel 1982 una ragazza inglese di neppure vent’anni, Carole Compton, venne in Italia al seguito di un ragazzo con cui aveva un’affettuosa relazione. Quest’ultimo però sparì presto di scena perché chiamato al servizio militare e Carol decise di trovarsi un lavoro come baby sitter per poter stare vicino a lui.
Lavorando in tre differenti case per un complessivo periodo di 23 giorni, Carole si trovò al centro di diversi fatti di natura “pirocinetica” occorsi nelle varie abitazioni frequentate, incendi che misero in pericolo di vita i bambini a lei affidati. Arrestata e detenuta per oltre 16 mesi di carcere “preventivo” (tanto accadeva allora), Carole divenne sui media dell’epoca il bizzarro simbolo di un pretestuosissimo dibattito tra presunta scienza e altrettanta superstizione: l’unico argomento reale a suo discapito, ovvero che gli incendi si sviluppavano al di fuori del suo controllo e della sua volontà, le attiravano ironiche accuse di “stregoneria”, mentre il sistema e la cultura ufficiale – che non ammettevano il paranormale soprattutto all’interno di un’aula di tribunale – le addossarono un’accusa di triplice tentato omicidio con una richiesta da parte del pubblico ministero di sette anni di detenzione.
Nel dicembre del 1983 iniziò il processo che annoverò fra il pubblico illustri voci inascoltate, tutte a favore di Carole, di esperti come Guy Lyon Playfair, Hugh Pincott e il giornalista investigativo Hans Bender, famoso per le sue inchieste sui poltergeist. Dopo altri mesi di detenzione, Carole fu condannata per incendio e tentato incendio e assolta per insufficienza di prove dall’accusa di tentato omicidio, con la prevista pena che venne sospesa perché praticamente già scontata in quasi due anni di detenzione.
Il magistrato romano Felice Masi poté studiare quegli eventi da un osservatorio privilegiato in quanto componente del team giudicante. Negli atti processuali il Masi constatò che i fatti salienti contemplavano quattro incendi più uno mancato, tre accertate cadute di oggetti e due non accertate. A suo modo di vedere appariva evidentissimo che sarebbe stato impossibile per la Compton provocare materialmente quegli incendi, soprattutto per l’assoluta mancanza di oggetti incendiari, fiammiferi, benzina e cose del genere. Invece si evidenziavano diversi elementi a sostegno della tesi paranormale, e cioè:
1) Lo sguardo e l’espressione della Compton erano come assenti, in evidente stato di trance, durante gli “innesti” pirocinetici.
2) Gli avvenimenti, per quanto pericolosi, non danneggiarono mai nessuno, caratteristica sovrana del fenomeno poltergeist.
3) Diverse persone di cultura popolare, quindi di mentalità più aperta al “magico”, interpretarono gli incidenti come “fatti stregoneschi”.
4) L’incomprensibilità totale degli incendi, soprattutto quello per il quale il Comandante dei Vigili del Fuoco di Ortisei, oltre a indicare come per gli altri la mancanza riscontrata di residui di sostanze incendiarie, testimoniò che l’andamento delle fiamme era incredibilmente dall’alto verso il basso, contro ogni logica fisica e contro tutte le usualità di propagazione del fuoco.
In altre parole Carole Compton era un’inconsapevole firestarter, più o meno come la Charlie Mc Gee del romanzo di Stephen King L’incendiaria che fu curiosamente scritto nello stesso anno delle disavventure giudiziarie della povera Carole. Otto anni dopo i “fuochi” italiani Carole si sposò e andò a vivere nel West Yorkshire, scrivendo un libro sulla sua incredibile esperienza: Superstition, The True Story of the Nanny they Called a Witch, dove si forniscono pesanti prove circostanziali sull’evidenza che lei, per prima, fosse vittima innocente di “attacchi” di poltergeist. Nel 2003 ne è stato tratto anche un film intitolato Superstition, con Charlotte Rampling e Sienna Guillory, e diretto da Kenneth Hope.
Intanto seri studiosi come Hans Bender hanno dimostrato che un po’ dappertutto nel mondo si verificano casi di fire poltergeist, spesso legati all’attività inconscia e non consapevole di soggetti giovani in momenti particolarmente pesanti dal punto di vista emozionale.
Nell’agosto del 1993, ancora in Italia, si è registrato il caso di una ragazzina tredicenne di Oleggio Castello, in provincia di Varese. Lei si chiamava Sara e, in una decina di occasioni, al suo passaggio si accendevano improvvisi roghi: stranissimi e impressionanti episodi in cui sia i genitori che i nonni rischiarono la vita e numerosi oggetti, assai distanti gli uni dagli altri (un telone da giardino, una scopa, una canottiera, uno straccio e un asciugamano), presero inspiegabilmente fuoco. E anche in questo caso, come testimoniato dalla madre Marisa, la ragazzina esibiva uno sguardo strano e assente. Non parlava e non agiva, come se fosse stata in trance. A differenza della sfortunata Carole Compton, per Sara non scattarono accuse giudiziarie, vuoi per la giovanissima età vuoi per le testimonianze dei parenti a favore; ma soprattutto, a oltre dieci anni di distanza dal caso della Copmton, si riscontrava un mutato atteggiamento culturale nei confronti di certe particolari “diversità”.