Quale legge elettorale per fermare Grillo?

Torniamo a volgere lo sguardo verso lo scenario politico nazionale, con una premessa: solo in un Paese poco serio come l’Italia (chiamamola democrazia immatura, dai) si può accettare, anzi dare per scontato, che la legge elettorale venga sistematicamente ripensata, ritoccata e adattata in prossimità del voto, in funzione delle esigenze dei partiti più grandi.

Eppure è quel che succederà, per cercare se non di fermare, quantomeno di arginare lo “tsunami” del Movimento 5 Stelle. Provate a dare un’occhiata agli scenari elettorali ipotizzati da Beppe Grillo o da chi per lui nei giorni scorsi, e ditemi cosa ne pensate.

Volendo potremmo aggiungerne un altro: ossia il ritorno addirittura al proporzionale versione prima repubblica, per poter “arginare” a posteriori i 5 Stelle, trasformandoli nel principale partito di opposizione, contrapposto ad un governo delle “larghe intese” assai simile al mucchio selvaggio che oggi sostiene Monti.

In ogni caso, in questa fase è difficile non semplificare, e non percepire i partiti esistenti, tutti quanti, come più interessati alla propria autoconservazione che al futuro del Paese (tragico, e per ragioni strutturali che non possono essere modificate da qualche bel vertice internazionale o accordo con le grandi banche). E dall’altra parte, una società civile che oscilla tra la rassegnazione e la rabbia, e che comunque vede davvero nel Movimento 5 Stelle la “diversità” rispetto al “continuum” di tutti gli altri.

E hai un bel sottolineare il deficit di cultura politica dei “grillini”, il loro non essere dotati di classe dirigente, ecc. Ma perchè, scusate, la classe dirigente dei partiti tradizionali in quali condizioni ha ridotto il Paese?
Davvero qualcuno pensa che 100 o 200 giovani laureati eletti a Camera e Senato nelle liste dei 5 Stelle (in sostituzione di personaggi come Scilipoti, o come il mio omonimo, o al posto della vecchia guardia dalemiana e dei galoppini a libro paga di Berlusconi) rappresenterebbero un deficit di cultura politica? Suvvia, siamo seri. Ma quale cultura politica? Qui si tratta solo di un ceto parassitario di potere che, pur avendo causato danni irreparabili al Paese, ha garantito benessere straordinario al proprio entourage famigliare e familistico, e non ne vuol sapere di passare la mano. Difficile trovarci altro, senza vedersi crescere il naso alla Pinocchio.

E Berlusconi? Secondo un mio amico che ne sa, la sua annunciata ri/discesa in campo è un bluff: solo un tentativo di tener compatte le truppe allo sbando del Pdl, a Roma come sui territori (si veda cosa succede in Regione Piemonte, o a Casale Monferrato). Insomma, l’ipotesi che con il ritorno del padre padrone possano ancora saltar fuori oboli e prebende personali potrebbe spingere i legionari del centro destra a stringere i denti almeno fino in primavera, perché non si sa mai. Immaginate che beffa sarebbe mollare ora, e poi l’anno prossimo scoprire che chi ha tenuto duro ha beneficiato di un altro giro di giostra: e badate bene, questa è la logica del nostro ceto politico (non solo pidiellino, sia chiaro), e non altra.

Ma, all’interno di centro destra e centro sinistra, non esistono forze e persone perbene? Ma certo che esistono, sia nel loro elettorato che tra chi fa politica attiva. Il punto sarà, nei prossimi mesi, capire se e come sono in grado di imporsi, e di fare piazza pulita dei vecchi “pupari”. Ad oggi i segnali sono sconfortanti: il clima è quello della peggior restaurazione, degli estenuanti giochetti di potere e sottopotere che sottendono una convinzione: niente cambierà davvero nel Paese del Gattopardo. Avranno ragione loro anche stavolta?

E. G.