
di Dario B. Caruso
Un altro momento che rappresentava un rito irrinunciabile era la deposizione del 33 giri sul piatto dell’impianto stereo, il gesto di un adolescente che rasentava la sacralità perduta.

Le stelle della musica
Eravamo sacerdoti senza casula dediti all’ascolto di un fedele al confessionale.
Alzavamo il braccino e appoggiavamo con perizia la puntina sul vinile rotante, senza grattare, con un piccolo toc.
Dopo alcuni secondi di lieve fruscio, ecco la musica.
Le voci e gli strumenti dei nostri idoli accompagnavano le ore di studio e i momenti di relax, diventavano colonna sonora, ci davano forza e ci lasciavano ipotizzare un futuro ancora più bello del presente.
Edoardo Bennato era un cantastorie, ruvido nel canto e verace.
Nei suoi testi segnava una distinzione tra buoni e cattivi, tra giusti e corrotti, tra deboli e forti, e ci diceva con forza da che parte stare.
Ci diceva che studiare era fondamentale per capire meglio ma non era sufficiente per essere migliori.
Lucio Dalla era un visionario, la sua estensione vocale rasentava il miracolo.
Cantava l’amore in tutte le sue forme e interpretava i nostri sogni.
Mi lasciavo intrigare dalle sue seconde voci, polifonie nascoste alle orecchie dei più che alle mie risuonavano come una quinta dimensione.
Un giorno un amico tornò dagli Stati Uniti con il primo album dei Dire Straits, fu una scoperta.
E nello stesso anno, il magico 1978 (quello del mio esame di terza media, della scelta liceale e del primo esame al Conservatorio “Paganini” di Genova), fu partorito il primo LP dei Police.
La musica ci gridava con forza che sul pianeta terra c’era ancora vita.
(2-continua)