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di Dario B. Caruso
Anche quest’anno si è consumato il rituale della kermesse sanremese.
E il lunedì seguente ci sentiamo tutti diversi, fateci caso: nessuno si ritrova uguale alla settimana precedente.
Gli atteggiamenti che l’italiano medio ha nei confronti del Festival di Sanremo possono essere ricondotti a tre tipologie.
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Modello indifferente
Questo italiano non si interessa all’evento.
Alla sera si sintonizza su altri canali televisivi oppure legge un libro o ancora va a dormire verso le ore venti e trenta, dopo una cena leggerissima.
Il modello indifferente finge però di non sapere che è spettatore passivo, la comunicazione è massiva a tal punto che involontariamente sarà comunque coinvolto; gli resteranno nella testa le parole e i riff melodici che sapientemente sono stati creati per ridondare e fissarsi nella memoria.
Sanremese di ritorno.
Modello ostile
L’italiano in questione dice di provare una repulsione radicale.
Odia il conduttore, odia i cantanti, odia quelle canzoni e tutto il carrozzone che si trascinano alle spalle.
È come Brontolone, il puffo misantropo del villaggio che interpreta il ruolo del bastian contrario senza averne né le qualità né la cattiveria ma solamente l’intenzione.
Il modello ostile per questa ragione si vergogna di amare il Festival poiché non lo capisce quindi lo segue di nascosto, vede le repliche su RaiPlay e ripassa su YouTube, senza successo. Continuerà a non capire e l’anno seguente per puntiglio resterà ostile.
Modello appassionato
In questo caso si tratta di un italiano entusiasta.
Ama qualsiasi aspetto della Sanremo canora e di tutto ciò che accade intorno.
Quando ne ha possibilità, si reca nella Città dei Fiori per incontrare gli artisti, fare selfie ricordo, raccattare autografi ed inseguire anche l’ultimo dei tecnici per avere un souvenir, un gadget, un feticcio festivaliero.
È terribilmente social e seguirà tutte le puntate in tivvù fino alle due di notte e approfitterà delle innumerevoli pause pubblicitarie per fare pipì.
Tifa per qualcuno ma preferisce non sbilanciarsi visto che sul podio gli va bene chiunque.
Io mi sento nel modello…
No, non mi ritrovo in alcuno tra i modelli succitati.
Talvolta il lunedì vado al mercato cittadino.
Tra le bancarelle cerco qualcosa che abbia un prezzo giusto.
Una bancarella svende a tre euro straccetti ammucchiati in un cumulo sul quale persone si accalcano per rovistare compulsivamente.
Da una parte una bancarella con tutte le maglie ordinate, il venditore non grida per attirare l’attenzione e legge un quotidiano; mi avvicino, magari non comprerò nulla però osservo.
Mi sento come Topo Gigio, guardo intorno stupendomi del poco o del nulla.