La calza appesa [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

I primi chiarori del mattino sono appena manifesti e io sono già con gli occhi sbarrati.
Nel silenzio della casa, mentre tutti gli altri dormono scendo dal letto.
Esco dalla stanza, in punta di piedi.
Sono fiero di me, silenzioso come un gatto.
Entro in cucina e – meraviglia! – sopra la stufa trovo due calze colorate in rosso e verde.
Una è di mia sorella e l’altra è mia.
Resto a guardare, nel chiaroscuro di un dipinto bellissimo.
Dopo alcuni istanti, prendo lo sgabello, lo avvicino alla stufa e salgo verso una calza.
Sono identiche per colori e dimensioni quindi – penso – una vale l’altra.
Tolgo la molletta, mi impossesso del malloppo e mi siedo al tavolo grande, quello dei pranzi con tutta la famiglia al completo.

La calza è gigante, a occhio potrebbe corrispondere ad un 60-65! Io da poche settimane indosso il 32.
Provo a tastare per immaginarne il contenuto…
…caramelle…
…noci…
…torroncini…
…questo sembra carbone!…dolce!!
Intanto la luce del mattino si fa forte…

…e io mi risveglio, con il piede 43 e i dolori alla cervicale di chi è arrugginito.

Scrivo il Flessibile, il primo del 2025.

Stamattina nella calza del mondo non c’è carbone; non c’è neppure la calza.
Buon anno nuovo a tutti.
Vado ad aprire la finestra sperando ci sia almeno il mondo.