Il Beato Matteo [L’Olimpiade di Lettera 32]

di Beppe Giuliano

Capitolo 10

Sara Errani e Jasmine Paolini in finale nel doppio, Lorenzo Musetti dopo uno splendido torneo fermato solo dal grande Nole Djokovic in semifinale.

La nostra Generación Dorada con la racchetta ottiene risultati eccezionali, a un secolo giusto dall’unica medaglia olimpica del tennis (sport che, lo ricordiamo, si prese una lunghissima pausa di 60 anni prima del ritorno ai Giochi con Seul 1988).

Gioco per nobili e divine

Un secolo fa il tennis era un gioco per nobili. Infatti si faceva sovente in riviera, il primo circolo italiano nacque a Bordighera, ovviamente il gioco ce lo portarono gli inglesi, il circolo di Alassio è ancora intestato al botanico Daniel Hanbury. Di là dal confine a Nizza sovente toccava alle teste coronate: i Re di Svezia, prima Gustavo V poi Gustavo VI, non mancavano mai su quei campi.

Mentre la Francia, alla soglia dei trionfi dei “4 moschettieri”, si godeva la sua Divina Suzanne Lenglen, che nei giorni dei Giochi di Parigi viveva uno dei tanti drammi di carriera in un altro “palazzo reale”, il Centrale di Wimbledon.

Scriveva ‘La Stampa’ a inizio luglio 1924: Londra, 2, notte. «La più disgraziata fanciulla di Inghilterra, la più disperata donna che esista. Ahi tutto ciò è troppo tragico!». La signorina Lenglen soffre di crisi epatiche.

Era barone Uberto de Morpurgo, il padre Abram Ferdinando apparteneva a un’antica famiglia triestina di religione ebraica, lui aveva fatto la Grande Guerra nell’aviazione austriaca. La nostra federazione lo tesserò solo nel 1923, l’anno dopo vinse il bronzo battendo proprio uno dei “moschettieri”, Jean Borotra: nostra unica medaglia prima di questa edizione. Sua madre era invece inglese e lui si appassionò al gioco da studente di Oxford.

Il Beato Matteo

Un secolo fa noi avevamo solo tre donne ai Giochi, d’altronde le discipline che prevedevano anche gare femminili erano appena quattro: nuoto, tuffi, scherma e appunto tennis.

Le nostre tre erano tenniste. Tornava ai Giochi Rosetta Gagliardi, che aveva portato con orgoglio lo stendardo al fianco del portabandiera Nedo Nadi nella cerimonia inaugurale dei Giochi di Anversa, quattro anni prima. Con lei la torinese Paola Bologna e la compagna di doppio (e di danze) Giulia Perelli.

Anche in occasione dei Giochi Olimpici infatti il ballo era nei pensieri di Rosetta e delle altre giocatrici, e a Parigi (racconterà): “fummo affidate alla sorella di Giulia Perelli, che chiamavamo il Beato Matteo, per l’espressione simile a quella di una statua che veniva portata in processione nel feudo del conte Alberto Bonacossa: era una gran noiosa, e ci fece delle incredibili storie per impedirci di andare a ballare.”

Il conte Bonacossa fu un altro dei nostri primi campioni con la racchetta, ma eccelleva in ogni sport: calciatore del Grasshoppers, pattinatore artistico su ghiaccio, nuotatore, alpinista, motociclista.

Rosetta Gagliardi comunque giocò il singolare più che bene a Parigi 1924, vincendo due partite prima di arrendersi alla britannica Dorothy Shepherd-Barron, che era una discreta giocatrice (specie di doppio).

Giulia Perelli, la sorella del Beato Matteo, era la abituale compagna di misto di George Prouse, “un neozelandese trapiantato in Italia a rappresentarvi articoli sportivi”. Prouse fece di più: fu infatti prima il rappresentante in Italia della Dunlop, poi il fondatore della Maxima, la racchetta che almeno fino agli anni settanta venne impugnata da tutti i nostri più forti giocatori e giocatrici (e non solo, la reclamizzavano pure Virna Lisi e la Loren). Proprio Prouse sposerà Rosetta Gagliardi: il loro figlio Giovanni, da giovane promettente tennista, oggi viene ricordato non per la carriera nello sport dei gesti bianchi ma da chi studia equazioni differenziali alle derivate parziali, essendo infatti diventato ordinario di Metodi Matematici per l’ingegneria al Politecnico di Milano.

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L’Olimpiade di Lettera 32 torna dopo il weekend. Se volete rileggere le puntate precedenti:

Le notti della luna piena

Una scatola di cartone

https://mag.corriereal.info/wordpress/2024/07/25/una-scatola-di-cartone-lolimpiade-di-lettera-32/

C’è una luce che non si spegne mai

La Grandeur

Crudele

Campionati italiani

Un popolo di nuotatori e commentatrici

Le piccole ginnaste di Pavia

I mostri