di Beppe Giuliano
Capitolo 4
Nel linguaggio giornalistico, esibizione o ambizione di potenza, da parte di uno stato, con riferimento soprattutto alla Francia. (la Treccani)
La domanda del giorno è scontata: vi è piaciuta la cerimonia di apertura? A chi scrive sì, interminabile fase dance a parte, in molti momenti abbiamo ammirato la grandeur al suo massimo. Certo, avere la Tour Eiffel aiuta la scenografia.
E, certo, maledetta pioggia, sai le tonsilliti per gli atleti che arrivano fradici alla fine dei 6 chilometri in barca lungo la Senna.
Fantastico, poi, il passaggio della torcia tra leggende, da Zinedine Zidane a Rafa Nadal, in barca con Serena Williams, Nadia Comaneci, Carl Lewis. Da loro ad Amelie Mauresmo, Tony Parker per arrivare alla Piramide del Louvre, e via via il gruppo di atleti francesi che si avvicinano al braciere, anzi alla mongolfiera fino all’accensione da parte di Marie José Perec e Teddy Riner, tre ori olimpici a testa.
Monsieur Hulot all’Olimpiade
Il ‘New Yorker’ è la rivista più sofisticata del mondo. A partire dalle copertine, dovute a illustratori molto famosi, tra i molti anche un paio italiani, Fortunato Depero alla fine degli anni venti del secolo scorso, più di recente Lorenzo Mattotti. La copertina con la torcia olimpica di Parigi l’ha fatta Paul Rogers che ha scelto un soggetto particolare, retrò. Porta infatti la torcia, in bicicletta, Monsieur Hulot, il personaggio creato da Jacques Tati.
Ah, quel Monsieur Hulot!?!?! Non lo state pensando, lo sappiamo, perché temiamo che non molti si ricordino del personaggio, e del suo creatore.
Jacques Tati, per quanto sia difficile classificarlo, e fatta la tara alle numerose differenze, era un Chaplin.
Mimo, attore, comico, per i (pochi) film che diresse fu davvero un “creatore”. Li pensò, li scrisse, li diresse, li interpretò, creò un personaggio e lo indossò, caratterizzandolo. Come scrive la Treccani (che invece lo avvicina a Buster Keaton): Vestito con un cappello a larghe falde e un paio di pantaloni alla caviglia, un’espressione stralunata quanto impassibile, di pochissime e spesso incomprensibili parole. Aggiungiamo l’impermeabile, la pipa. E, appunto, la bicicletta.
Ebbe grande successo, e altrettanto grandi insuccessi, per esempio il geniale ‘Playtime’ del 1967.
Tati – classe 1907, scomparso nell’82 – in gioventù era stato un discreto sportivo, e uno dei suoi primi successi fu Impressions sportives, uno spettacolo che conquistò il pubblico parigino proprio per la sua abilità di mimo. Sul benedetto YouTube si possono vedere alcune esibizioni fatte alla Rai verso la fine degli anni sessanta: il portiere, il tennista, il pugile. Ancora adesso davvero divertenti.
Tra moglie e marito ecc.
Ci sono diversi criteri, certo, per scegliere i portabandiera. Come sappiamo il Comitato Olimpico auspica siano un uomo e una donna, e l’Italia ha affidato il prestigioso compito a due olimpionici, Gianmarco Tamberi e Arianna Errigo. Noi in passato abbiamo fatto scelte meno semplici, ma di certo notevoli.
Nel 1952 toccò a Miranda Cicognani, ginnasta.
Miranda Cicognani, quindici anni all’epoca, è poco più alta di un metro e cinquanta. Piove quando entra nello stadio davanti alle atlete e agli atleti azzurri: “la bandiera aveva un’asta grossissima, era davvero pesante. Il vento mi spostava, io cercavo di contrastarlo per non fare brutta figura”. Oltre a essere la più giovane azzurra in gara, e una delle partecipanti più giovani, fu con ogni probabilità l’unica portabandiera tra i 69 paesi concorrenti. Oggi ricorda di avere vinto la sua battaglia, anche con il vento e la pioggia: “Fatica? Ero al settimo cielo, rappresentavo la mia Nazione e poi avevo dietro di me tutti gli azzurri! Credetemi la cerimonia di apertura dell’Olimpiade è una cosa strabiliante, un’esperienza irripetibile”.
(da ‘Portabandiere. Storie di donne a 5 cerchi’, Urbone Publishing, 2021)
In questa edizione, dove abbiamo visto portabandiera stelle mondiali (vi viene in mente LeBron James, vero?) e altri che manco hanno una pagina dedicata su Wikipedia, forse la scelta più bizzarra l’ha fatta la Romania.
Hanno sfilato, se si può dire per una parata fatta in barca, Marius Cozmiuc e Ionela Lehaci, che di sposata fa… Cozmiuc.
Entrambi canottieri, sono “anche” marito e moglie, sposati dal 2017. Lei probabilmente più brava di lui – come succede in ogni famiglia – ha già vinto tre mondiali e tre europei. Lui comunque si difende: un argento olimpico, un titolo mondiale e due europei. Non sappiamo se durante il corteggiamento abbiano fatto la romantica uscita in barca, né chi dei due, nel caso, abbia remato.