di Dario B. Caruso
In realtà per un musicista le ferie non esistono.
Se è vero – come è vero – che l’udito è l’unico tra i cinque sensi a non dormire mai, è pur vero che il musicista ha l’orecchio sempre teso verso nuove avventure.
Il Flessibile è un marchio che mi accompagna da tempo.
Accompagna da tempo le pagine del CorriereAl.
Prima però di una meritata pausa estiva vi invito ad un appuntamento in territorio alessandrino.
Montecastello sarà teatro dell’incontro in occasione della rassegna Cheta Mai.
Festeggeremo insieme la ristampa di Son dieci anni che vi osservo, un risultato di rilievo che mi riempie di gioia e soddisfazione.
In quella stessa occasione, oltre a raccontarvi aneddoti tra una lettura e una canzone, avrò il piacere di illustrare il nuovo progetto legato al Flessibile e al libro edito dieci mesi fa: uno spettacolo di teatro-canzone.
A parlare di progettualità si rischia di impantanare il discorso nella burocrazia; la progettualità può risultare sinonimo di burocrazia: interi faldoni dove si sprecano parole inutili che perlopiù si vanificano in un nulla di fatto.
Ma se progettualità significa gettare un occhio a lungo termine (o un orecchio, nel mio caso) la progettualità è la sola risorsa che ha l’uomo per costruire.
Il teatro-canzone nasce negli anni Settanta con la premiata ditta Gaber – Luporini.
Insieme portarono in scena i vizi e le virtù degli italiani, tra società e politica, miscelando sapientemente la canzone cantautorale con l’arte della narrazione teatrale.
A pensarci bene qualcosa del genere esisteva da tempo, partendo addirittura dagli antichi aedi della Grecia classica passando per i cantori medioevali per giungere agli chansonniers del secolo scorso.
Ma il teatro-canzone non è mai gratuito; sferza il potere ma sferza anche il popolo bue; attacca l’usuraio ma suona la sveglia alla vittima; prende in giro tutti anche se tutti ridono di loro stessi.
Vedere le immagini ormai sbiadite di Giorgio Gaber che sul palco dileggia benevolmente il pubblico risuona estremamente di attualità.
Noi, in ritardo di mezzo secolo di fronte ai geni di monologhi e canzoni e in anticipo di qualcosa rispetto ad una ricaduta di guerra.
Noi, che abbiamo perduto il gusto della risata per far fronte alla sedazione della rabbia per le ingiustizie sociali.
Noi, che abbiamo perduto il potere di acquisto e dobbiamo riconquistare il potere del voto.
Noi, che prima delle ferie abbiamo piacere di raccontare le cose di tutti i giorni.
Vi aspetto in presenza numerosi come Cavalieri di una Tavola Rotonda, venerdì 19 luglio a Montecastello, la piccola Camelot di Alessandria.
E per le righe Flessibili, appuntamento a lunedì 5 agosto.
Grazie!