di Ettore Grassano
Sono stati la vera novità del panorama socio economico dei mesi scorsi, e per settimane la loro protesta è finita in prima pagina nei tg e sui giornali nazionali. Poi, a dimostrare la concretezza e la progettualità del fenomeno, non di sola contestazione, ma di proposta che guarda al futuro ed esige risposte, è nata l’associazione Agricoltori Autonomi Italiani,
il cui neo presidente, Gabriele Ponzano, è alessandrino non a caso: la nostra provincia è una delle più importanti d’Italia a livello agricolo, autentico ‘granaio’ d’Italia, ma anche eccellenza sul fronte del vino, e di molte colture più specialistiche. Ad Alessandria la protesta è andata in scena, nei mesi invernali, in maniera tanto civile quando organizzata, e con un ampio consenso da parte della popolazione e delle istituzioni. Naturale dunque anche che qui l’associazione Agricoltori Autonomi Italiani (104 soci fondatori, 55 soci ordinari, 11 soci sostenitori) ponga le sue radici, e da qui parta il suo percorso. Ma per andare dove? Quali sono le priorità dell’AAI, e come si pone rispetto alle tradizionali associazioni di rappresentanza di categoria? Quali sono i rapporti con la politica, e quali le richieste, alla vigilia di un importante appuntamento elettorale come le Elezioni Europee di giugno? Ce lo spiega proprio il presidente Gabriele Ponzano.
Presidente, prima di tutto una sua autopresentazione: lei chi è?
Ho 52 anni, provengo da generazioni di contadini, originari di Lu. L’attuale cascina di Quargnento l’ha comprata mio padre negli anni ’70. Tutti e quattro i miei nonni hanno sempre fatto i contadini e anche io fin da piccolo avevo la stessa passione, a tal punto che ho studiato da perito agrario a Voghera e poi mi sono laureato in agraria all’Università Cattolica di Piacenza.
Ho due figli che vivono e respirano la vita nei campi, ma non voglio imporre loro nulla: da grandi faranno quello che vorranno. Sarei comunque contento se continuassero un po’ la tradizione, magari insieme, per darsi una mano a vicenda: mandare avanti un’azienda agricola da soli non è facile e non ti lascia mai del tempo libero.
E’ iscritto a qualche associazione di categoria? Più in generale, che rapporti avete, ad oggi, con Confagricoltura, Cia e Coldiretti?
Nella mia famiglia siamo sempre stati vicini a Coldiretti, ma non uso alcun servizio dal 2017. Purtroppo le regole ti impongono – per certi contratti d’affitto in deroga – di passare per forza dalle associazioni. Gli associati AAI hanno contatti con le tre associazioni, a titolo personale, ma ufficialmente non abbiamo ancora chiesto di incontrarli né loro di vederci.
Imputate loro delle responsabilità? Ossia avrebbero potuto e dovuto fare di più e meglio per gli agricoltori?
Certamente, se avessero difeso a dovere il comparto agricolo non saremmo scesi in strada con i trattori in modo spontaneo… Fino a due mesi fa secondo loro loro non c’era niente da chiedere, nessun problema. Dopo le nostre proteste e i cortei con i trattori guarda caso hanno presentato delle istanze a ministri e prefetti. Richieste molto simili alle nostre. Già questo possiamo considerarlo un primo risultato della protesta. In conclusione, molti agricoltori non si sentono più rappresentati perché notano un notevole distacco tra la dirigenza e la base. Per colpa di entrambi. Il contadino ha delegato troppo alla dirigenza che ha fatto ciò che ha voluto.
Contadino scarpe grosse cervello fino non è solo un modo di dire: voi siete da sempre un pilastro essenziale dell’economia italiana. Poche parole, ma grande concretezza. E la storia insegna che, quando vi arrabbiate voi, succedono cose importanti. Cosa chiedete oggi alla politica?
Dal primo giorno del grande presidio ad Alessandria chiediamo di avere un reddito dignitoso e paragonabile agli altri settori, senza dover lavorare sottocosto. Il nostro lavoro richiede un impegno di tempo e di capitali enormi per poter lavorare, perchè oggi per ricavare uno stipendio medio mensile c’è bisogno di un gran investimento in attrezzature e molti ettari da coltivare. Al tempo dei nostri genitori e dei nostri nonni, con molti meno ettari hanno comprato cascine fatto vivere bene l’intera famiglia, mentre oggi questo non è più possibile.
Guardiamo più nel dettaglio all’economia agricola alessandrina, e piemontese: provata da un lato da eventi naturali significativi, come la siccità. Dall’altra da un sistema di regole non proprio finalizzate ad agevolarvi…
La siccità è uno dei grandi problemi per le colture estive come mais, sorgo, ma anche per i prati di erba medica. Per non parlare dei vigneti. Le regole europee ci impongono colture che non crescono bene nella nostra zona e rotazioni con colture primaverili che patiscono molto la siccità. È impossibile imporre da Bruxelles un modello uguale per tutti, dalla Polonia alla Grecia, per evidenti differenze di coltivazioni.
Alessandria granaio d’Italia: è e sarà ancora così?
Dipende dai prezzi. Se guardo quelli del 2024 di grano ce ne sarà sempre meno. Negli ultimi anni si sono ridotte le superfici seminate a grano e si ridurranno ulteriormente. Il problema è quale coltura redditizia può sostituire il grano tenero alessandrino? Anche le erbe foraggere, per il calo di domanda del fieno da dare agli animali, hanno subito un calo di prezzo importante.
Il declino del mais, e la diffusione dei pomodori, e di colture più specifiche: è un trend ormai irreversibile?
Nelle zone non irrigue il mais patisce il caldo e poi siamo ancora alle prese con il problema dei cinghiali che mangiano i semi. Per le coltivazioni industriali (vedi il pomodoro) siamo arrivati alla saturazione del mercato. Sembra però che stia di nuovo tornando la barbabietola da zucchero.
Pac, e altre sovvenzioni europee: quale la situazione ad oggi?
Al momento non è cambiato niente. Si parla di alleggerire le rotazioni e di un’auspicabile redistribuzione dei fondi per avvantaggiare le aziende famigliari piccole. Era quello lo scopo sociale e ambientale iniziale.
Cosa chiedete alla Regione Piemonte?
Ridistribuzione dei fondi Csr a favore di quelle misure a cui hanno aderito in massa gli agricoltori piemontesi (minima lavorazione e cover crop). Una posizione chiara contro i fotovoltaici e in particolare contro quelli mascherati da agrivoltaici. E poi tanti altri piccoli alleggerimenti burocratici promessi, ma per ora non ancora realizzati.
Proviamo a proiettarci al 2030: come si immagina sarà il comparto? La vostra associazione punta a consolidarsi nel tempo, o è una associazione ‘di scopo’, e si scioglierà al raggiungimento di dati obiettivi?
Se otteremo cambiamenti significativi, allora vuol dire che l’associazione ha funzionato, e dovrà allargarsi. Andrà ad estinguersi se non riusciremo, di contro, ad ottenerli. È difficilissimo prevedere il futuro, ma probabilmente ci sarà una moria enorme di piccole aziende. Speriamo di non finire nelle mani delle multinazionali.