di Dario B. Caruso
È giunta la celebrazione del Giorno della Memoria.
Anche quest’anno.
Mai però come quest’anno la fatica è tanta.
Non la fatica nel ricordare i tragici eventi fino a quel 1945 quanto la fatica nel dimenticare la situazione odierna.
Mi crescono dentro riflessioni che inducono al riconoscere e codificare una serie di contraddizioni.
Provo a fare ordine a me stesso per cercare di farmi comprendere meglio.
Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa entrano nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, e mostrano al mondo intero le nefandezze perpetrate e messe in atto dai nazisti.
Si apre il vaso di Pandora e si chiude un capitolo destinato a non ripetersi mai più.
Questo si diceva: un capitolo destinato a non ripetersi mai più, quello della persecuzione di uomini verso altri uomini.
Il tempo passa, i sopravvissuti a quegli anni lentamente e per ragioni anagrafiche muoiono, lacerati da ferite mai più rimarginabili ma comunque forti di una testimonianza vera e potente.
Anche le testimonianze più dirette però tendono già ad esaurirsi ancora in vita, superate dagli eventi circostanti.
Oggi i russi aggrediscono un popolo fratello rivendicando una supremazia territoriale e – in certa misura – anche morale ed economica.
Il popolo israeliano bombarda a tutto spiano la striscia di Gaza uccidendo mille civili e un terrorista di Hamas; è notizia di queste ore che la Corte dell’Aja (il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite) ha deciso di respingere la richiesta di archiviazione di Tel Aviv rispetto all’accusa di genocidio mossa dal Sudafrica.
Quel Sudafrica, che è una democrazia molto giovane nata dalle ceneri del sistema di apartheid razzista debellato solamente nel 1994 da Nelson Mandela, saluta così l’inizio della fine del sistema neocolonialista occidentale.
Nessuno avrebbe saputo pronosticarlo fino all’altro ieri.
In questo marasma di accadimenti si moltiplicano gli eventi.
A scuola continuiamo a sensibilizzare i giovani.
I programmi televisivi presentano palinsesti attenti e mirati.
Le librerie si affollano intorno a testi tematici.
I teatri e le sale da concerto diffondono colonne sonore e composizioni orientate all’argomento.
Tutto bellissimo e carico di buoni propositi.
Ma la memoria che faticosamente si gonfia in entrata è come un palloncino slabbrato: si sgonfia molto rapidamente.
E così è più facile dimenticare.