di Ettore Grassano
“Credo che l’Università debba tornare ad insegnare il valore del pensiero critico, dell’esercizio del dubbio, sempre e comunque. Questo ho proposto ai miei colleghi docenti, al momento della mia candidatura alla direzione del Dipartimento. Insieme al principio irrinunciabile delle decisioni condivise. I due punti hanno avuto un largo consenso, e ora eccoci qui”. Il professor Giorgio Barberis, nella sua veste sia di politologo sia (fino ad una decina di anni fa, almeno) di autorevole esponente politico della sinistra alessandrina, è figura nota ai lettori di CorriereAl. A lui ci siamo più volte rivolti in passato per interviste di approfondimento della realtà non solo locale.
Qui e qui ne segnaliamo solo due, tra le più recenti.
Dallo scorso novembre il professor Barberis, ordinario di Storia delle dottrine politiche, è il nuovo Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze politiche, economiche e sociali dell’Università del Piemonte Orientale. Digspes, per gli addetti ai lavori, ma per tutti gli altri alessandrini anche semplicemente Palazzo Borsalino, facendo riferimento alla prestigiosa sede/palazzo che ospita il Dipartimento.
Lo abbiamo incontrato per farci raccontare novità e progetti legati a corsi di laurea e master di specializzazione, ma anche e soprattutto per provare a ‘scandagliare’ il rapporto tra Upo e territorio, e capire in che misura l’Ateneo ‘tripolare’ (distribuito tra Alessandria, Novara e Vercelli, con corsi attivi in realtà anche altrove, Asti ad esempio) è riuscito a ‘far crescere’ questa parte di Piemonte, e l’Alessandrino in particolare, e quanto potrà rivelarsi strategico nei prossimi anni.
Ma con Barberis, lo sappiamo bene, diventa inevitabile ‘buttare lo sguardo’ del politologo anche altrove: e in questo caso lo facciamo puntando sui giovani, e sulle loro potenzialità, e fragilità.
Professor Barberis, si è già pienamente calato nel nuovo ruolo di manager universitario?
(sorride, ndr) Sicuramente sì, in termini di impegno, perchè le cose da fare sono davvero tante. No invece se con questo intende chiedermi se diventerò un burocrate: non ne ho ‘la stoffa’, semplicemente. I miei panni sono quelli di docente, e di uomo di studi e ricerca, e farò di tutto per non abbandonarli, neppure in questi quattro anni di incarico [A conferma di quanto detto, segnaliamo che a febbraio uscirà un altro libro del prof. Barberis, scritto questa volta insieme al critico cinematografico Roberto Lasagna. Sarà una riflessione sul regista britannico Ken Loach, tra le voci più critiche e coerenti della cultura europea, ndr]. Ci tengo a sottolinearlo: ho accettato di diventare Direttore di Dipartimento perché certamente si tratta di un’esperienza formativa e spero utile all’Istituzione in cui lavoro, e soprattutto perché si tratta di un percorso condiviso con i colleghi: l’obiettivo è aiutare il Digspes a crescere, e ad integrarsi e ‘contaminarsi’ sempre più con la città. Alessandria non deve essere solo una città con l’Università, ma un vero centro universitario. Stiamo andando in quella direzione, ma il traguardo non è ancora pienamente raggiunto…
Palazzo Borsalino è ‘la casa’ dei corsi di laurea in discipline giuridiche, economiche, sociali e politologiche. Come vorrebbe che evolvesse nel corso dei prossimi quattro anni?
Innanzitutto oggi l’Università è sempre più interconnessa al suo interno. Sono superati gli steccati costituiti dalle vecchie Facoltà, e anche i rapporti tra Dipartimenti sono basati su un interscambio sempre più stretto di competenze, progetti trasversali, obiettivi comuni. L’Upo si è costruito, nel suo percorso ormai pluridecennale, un’identità forte e apprezzata. Siamo un ateneo medio piccolo, in crescita, in cui esiste una forte attenzione nei confronti degli studenti, e al contempo la possibilità di fare ricerca di qualità, con la giusta autonomia per sviluppare percorsi di studio molto approfonditi. Qui a Palazzo Borsalino, in particolare, offriamo ai nostri circa 1.500 iscritti (con immatricolazioni in crescita in quasi tutti i corsi di laurea, ndr) il ciclo completo di laurea in Giurisprudenza e in Economia e Management (la triennale fa capo al Disei di Novara, ma i corsi si svolgono tutti regolarmente anche ad Alessandria, ndr), e una triennale di Scienze Politiche che vanta 120 nuove matricole all’anno, e che speriamo di potenziare presto con una magistrale che rappresenti un ulteriore tassello di crescita, in forte integrazione con il corso triennale in servizio sociale di Asti, che vanta circa 140 immatricolazioni. Poi ci sono i master di primo e di secondo livello, tra i quali mi fa piacere evidenziare il percorso di ‘Programmazione integrata per lo sviluppo territoriale sostenibile’, che si propone di formare figure fortemente qualificate che possano operare all’interno di pubblica amministrazione, terzo settore e aziende private, con profonde competenze soprattutto legate alle opportunità offerte dal ‘sistema Europa’, ad esempio in termini di bandi e progetti declinabili sul nostro territorio.
Il che ci conduce, appunto, al rapporto tra Upo e territorio. Professor Barberis, Alessandria è ancora una città con l’università, o sta diventando davvero città universitaria?
Si tratta di un percorso di crescita che stiamo percorrendo con determinazione, e credo con risultati apprezzabili. Il rapporto tra Università e città, intesa come istituzioni e come stakeholders, deve diventare sempre più forte, e la collaborazione sempre più strutturale e organica. Ricordiamo che sia il sottoscritto che il professor Guido Lingua, attuale Direttore del Disit, siamo alessandrini doc, qui siamo cresciuti e qui viviamo, e questo sicuramente può rappresentare un valore aggiunto, in termini di consapevolezza delle esigenze e dei bisogni del territorio. Non solo: mi pare opportuno sottolineare che sia il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, sia il presidente della Provincia, Enrico Bussalino, si sono laureati nel nostro ateneo, come del resto tante figure che oggi operano negli enti locali e nelle imprese del territorio. Per rendere però il rapporto tra Upo e Alessandria ancora più forte, credo fortemente che il terzo asset della nostra Università, la sua terza missione, oltre a didattica e ricerca, debba proprio essere la divulgazione della conoscenza in stretta sinergia con il territorio: inteso naturalmente come provincia, e non solo come capoluogo. E pensando anche ad Asti, dove abbiamo un presidio importante.
Professore, lei ha citato il Disit: i rapporti con l’altro Dipartimento Upo di Alessandria sono destinati a crescere?
Sempre di più, non c’è dubbio, e non solo per il rapporto di amicizia tra me e il professor Lingua. L’Università di oggi prevede una circolazione del sapere che non può più essere statico, o ingabbiato in compartimenti stagni. La sanità alessandrina, con tutte le sue dinamiche di crescita di questi anni (il riconoscimento ormai ufficiale di Azienda Ospedaliera Universitaria, e il percorso verso l’Irccs), è un esempio di come tutti i corsi di laurea possano essere coinvolti, ognuno per le proprie specifiche competenze, in un progetto che è assolutamente multidisciplinare, e che rappresenta una leva di crescita, culturale e anche economica, per tutto l’alessandrino.
Campus Universitario e futuro di Palazzo Borsalino…
Il Campus, che speriamo possa essere realizzato nei tempi previsti, rappresenterà certamente un ulteriore passo in avanti nella direzione di un Ateneo di qualità, anche dal punto di vista delle infrastrutture, comprese le residenze universitarie, che renderanno Alessandria più appetibile anche per chi arriva da lontano. Palazzo Borsalino, che è stato oggetto in questi anni di una ristrutturazione importante, e che già ospita il Museo del Cappello, sono certo che possa e debba essere un importante risorsa per Alessandria. E’ un tema su cui è opportuno che tutte le istituzioni locali, a partire dal comune del capoluogo proprietario dell’immobile, comincino a confrontarsi per tempo.
Professor Barberis, come sono i ragazzi che oggi frequentano l’università? La tendenza è quella di descriverli come sempre connessi, quasi spaventati dalla realtà non virtuale, e comunque in fuga…..
Ogni generalizzazione rischia di essere sbagliata, e superficiale. Però certamente il tema della dipendenza dalla rete (che pure offre enormi opportunità prima impensabili) è reale, così come la tendenza ad uniformarsi al pensiero unico e ai codici di comportamento ritenuti corretti e conformi. Non voglio incitare alla ribellione ad ogni costo, ma certamente credo che uno dei compiti dell’Università sia insegnare a questi ragazzi il valore del pensiero critico, e quando serve del dissenso. Per quanto riguarda la fuga, anche questo è uno dei temi esistenziali da sempre ricorrenti. Oggi semmai c’è anche la possibilità di spostarsi in maniera agevole per studiare, perfezionarsi, e poi per intraprendere percorsi professionali di livello. Più che di fuga preferirei parlare di libera circolazione dei cervelli: purchè siano portatori non solo di competenze tecnico professionali, ma anche di pensiero critico, appunto. In questo senso, assolutamente benvenuta sia la contaminazione: del resto le migrazioni, non solo intellettuali, sono da sempre un tratto distintivo dell’umanità. Noi siamo pronti sia a sostenere chi parte, sia ad accogliere chi arriva, in modo da favorire quanto più possibile la libera circolazione del sapere.