di Ettore Grassano
“A volte penso che siamo persino sopravvalutati: non soltanto associazioni e cittadini, ma anche le istituzioni, a partire da quelle sanitarie, fanno costantemente riferimento alle nostre strutture, che però si basano fondamentalmente sul volontariato. Ma va benissimo, sia chiaro: tanti anni fa, nel lontano 1980, Cittadinanzattiva diede vita al Tribunale del malato, l’obiettivo era proprio quello di diventare un punto di riferimento, per tutelare e promuovere i diritti dei cittadini in campo sanitario e assistenziale, ed evitare discriminazioni. Nel tempo abbiamo ampliato il nostro raggio di azione, e ci occupiamo stabilmente anche di ambiente, diritti di cittadinanza, giustizia e sicurezza nelle scuole”.
Mara Scagni ad Alessandria non ha certamente bisogno di presentazioni: non solo perché è stata sindaco della città dal 2002 al 2007, e per una vita militante di sinistra, ma per il suo intenso impegno civico e sociale, che l’ha portata spesso a ricoprire di ruoli di primo piano nel volontariato e nell’associazionismo politico e sportivo. “Riapro Cittadinanzattiva ad Alessandria”, ci disse in un’intervista del 2014, che abbiamo ripescato nel nostro database, e quando glielo ricordiamo sorride.
“Gli archivi on line non perdonano! In effetti fu una bella sfida, che intrapresi naturalmente non da sola, ma con un gruppo di persone appassionate, via via più numeroso. Oggi siamo presenti stabilmente nell’atrio al pianterreno del nostro Ospedale, con un ufficio aperto il lunedì e il martedì dalle 9,30 alle 12, e gli altri giorni su appuntamento. I contatti telefonici sono 0131 206149 e 333 944 4512, oppure e-mail Tdmaless@gmail.com. Sono davvero tante le persone che si mettono in contatto con noi, con le problematiche più varie: dal medico che non è comportato correttamente, alle liste d’attesa interminabili, all’operazione andata male. Non siamo tuttologi, ovviamente: per ogni tema cerchiamo di individuare la figura più idonea a fornire una consulenza personalizzata. Possiamo contare, per fortuna, su una rete di professionisti che comprende medici, avvocati, esperti di tematiche sanitarie”.
Partiamo dal 2021: in piena pandemia, lei venne eletta segretario regionale di Cittadinanzattiva (e membro del direttivo nazionale) dopo aver guidato per sette anni la sezione provinciale di Alessandria: una bella sfida, in un momento di estrema criticità…
E’ vero, il covid ha sottoposto il sistema sanitario, ma anche e soprattutto le famiglie e i cittadini, ad uno stress impensabile. Però lì, nell’emergenza, è emerso anche il lato migliore, sia delle istituzioni che delle persone, e siamo riusciti ad uscirne nel modo migliore. E’ con il ritorno alla normalità che la situazione della sanità piemontese è drasticamente peggiorata…..
Spieghiamo meglio……
Da un lato si parla molto di investimenti su nuove infrastrutture, che personalmente mi vedono sempre favorevole, anche se vanno portati avanti con concretezza e razionalità. Dall’altro mi sembra però che si facciano i conti senza l’oste: la qualità della sanità pubblica piemontese declina anno dopo anno, e si fatica ad erogare anche le prestazioni standard. Le liste di attesa sono infinite, la scelta di un cup regionale che propone ad un pensionato di Alessandria di andare a fare una visita o un esame a Cuneo, o viceversa, è palesemente irrazionale, crea disagi infiniti a persone spesso già in difficoltà…..Ma vogliamo parlare di medici e infermieri ‘gettonisti’?
Parliamone….
Innanzitutto non si dica che è ovunque così: si tratta di una scelta, sbagliata, della sanità piemontese. Certo, la carenza cronica di medici e infermieri viene da lontano, e le responsabilità sono nazionali. Se imponi numeri chiusi che non tengono conto delle proiezioni future, e d’altra parte non retribuisci adeguatamente certi profili, alla fine ti ritrovi a fare i conti con personale scarso, e in fuga verso privato e estero. Ma la scelta di ricorrere a gettonisti che lavorano a ore, a turno non è una soluzione, bensì un peggioramento della situazione, come constatiamo con mano in certi pronto soccorso, e in taluni ospedali.
Le persone che si rivolgono a Cittadinanzattiva/Tribunale del Malato cosa cercano?
Hanno bisogno di aiuto, semplicemente. O perché pensano di aver subito un torto dal sistema sanitario (e in quel caso li affidiamo a nostri esperti, per valutare i casi specifici, di volta in volta), oppure perché si trovano in difficoltà di fronte al sistema, si sentono abbandonati, a partire dalla sanità territoriale: e non sapendo a che santo votarsi, vengono da noi.
Dottoressa Scagni, il modello che pare profilarsi è quello di ospedali di eccellenza, a cui rivolgersi per operazioni e per malattie gravi, e poi tutta sanità territoriale: proprio quella che oggi nei fatti non c’è, o funziona ‘a macchia di leopardo’.
Ogni sistema, è chiaro, può essere implementato in maniera efficiente, o malissimo. Il modello basata su ospedali grandi e moderni è ragionevole, perché solo simili strutture possono consentire di investire in macchinari e tecnologie innovative. Ma dove sono le Case della Comunità (anni fa dette Case della Salute, ndr) che dovrebbero presidiare un territorio vasto e con ampie aree collinari e montane, come quello piemontese? Al momento siamo agli studi di fattibilità, e al recupero di immobili effettuato con fondi del PNNR. Teniamo presente che questi fondi (buona parte dei quali sono peraltro un prestito che l’Italia dovrà ripagare) finiranno nel 2026. Poi che succederà? Qualcuno ci sta pensando, calcolatrice alla mano, o ci ritroveremo ad avere una serie di immobili più o meno recuperati, ma senza risorse per aprirli, e gestirli? Teniamo conto che le Case di Comunità dovrebbero essere ben più di semplici poliambulatori per medici di base, e offrire anche le prestazioni di specialisti, assistenti sociali, psicologi, pediatri, infermieri, consulenti di medicina sportiva, associazioni di volontariato. Insomma tutta la sanità di prossimità oggi fornita dagli ospedali di territorio, e anche altro. Ma temo che si sia in alto mare.
Altro tema di cui si dibatte, a livello teorico, da almeno vent’anni: il fascicolo sanitario elettronico. In Piemonte a che punto siamo?
A metà del guado, abbastanza impantanati. La possibilità teorica di averlo esiste, per tutti i cittadini. Nella pratica, però, per costruirselo sono necessarie competenze tecnologiche che non tutti hanno: specialmente per i più anziani, ma non solo, le attuali modalità sono inaccessibili. Eppure tutti sappiamo bene quanto sia non solo utile, ma in certi casi vitale, che un medico, in qualsiasi parte del mondo ci troviamo, possa accedere se necessario al nostro fascicolo, per capire chi siamo, a livello di patologie, criticità, allergie e quant’altro. La nostra storia clinica deve essere accessibile in qualsiasi momento, a noi e a chi ci cura. Penso anche al diritto di fine vita, o della donazione degli organi. Queste decisioni devono comparire nel fascicolo elettronico, consultabile con rapidità. Altrimenti serve a poco.
Cittadinanzattiva insiste molto anche sul tema vaccini, e sulle cronicità….
Sono due temi molto importanti, spesso un po’ trascurati. Se si parla di vaccini pensiamo subito al covid, con annesse polemiche. Ma esistono tanti vaccini, alcuni addirittura obbligatori, altri fortemente consigliati, soprattutto per certe categorie. Come Cittadinanzattiva Piemonte cerchiamo di divulgare il più possibile le informazioni al riguardo. Così come particolarmente apprezzato è il nostro Vademecum delle cronicità: una vera e propria mappa, scaricabile dal nostro sito
https://piemonte.cittadinanzattiva.it/, e che abbiamo messo a disposizione di Regione, Aso e Asl affinché si possa arrivare ad una divulgazione ‘a tappeto’ di una serie di informazioni che sono essenziali per tutti coloro che, a livello personale o famigliare, devono confrontarsi con malattie croniche di qualsiasi natura.
Dottoressa Scagni, un flash finale sulla sanità alessandrina, tra IRCCS e nuovo ospedale. Sono traguardi che raggiungeremo davvero?
Me lo auguro assolutamente. Intanto un primo obiettivo, fondamentale, è stato raggiunto con la trasformazione dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria in Azienda Ospedaliero Universitaria: con l’auspicio naturalmente di non ‘appiattirci’ troppo sull’Upo, e di conservare invece un’identità ospedaliera sempre più forte, e di eccellenza. Al primo IRCCS pubblico del Piemonte, sull’asse Alessandria Casale, si lavora da anni, e speriamo che il 2024 sia davvero l’anno decisivo….
E il nuovo Ospedale?
(sorride) I primi passi preliminari li faranno sicuramente, prima delle elezioni regionali, poi si vedrà. Scherzi a parte, con me si sfonda una porta aperta: cercai di realizzare ad Alessandria una nuova struttura di area vasta già vent’anni fa, figuriamoci se non appoggio l’attuale progetto. L’attuale ospedale, su cui pure sono stati fatti in questi anni interventi importanti a livello infrastrutturale, è ormai inadeguato, e in posizione davvero limitante, soprattutto se pensiamo ad un ospedale di eccellenza per tutta la nostra provincia. Ovviamente il tutto deve essere inserito all’interno del disegno organizzativo di cui abbiamo parlato: ed è su questo che conservo non poche perplessità, data la carenza di risorse, ma anche di visione e progettualità.