di Dario B. Caruso
Entro in punta di piedi nel dibattito che in queste settimane ci pone fondamentali interrogativi.
Femminicidi, rispetto della donna, cultura patriarcale, ruolo della Scuola.
Vorrei entrare a gamba tesa ma non ne sono capace.
Provo dunque ad argomentare e articolare il mio pensiero, distante da qualsiasi opinione che ho ascoltato ovunque.
È il bello della libertà. E di questo spazio Flessibile.
Pochi giorni fa entro in aula insegnanti.
Tre insegnanti maschietti, quattro con me.
E nessun altro.
L’evento avrebbe meritato uno scatto da conservare negli annali della Pubblica Istruzione dell’Italica Repubblica poiché quattro uomini, completamente soli, in un’aula di scuola dell’obbligo non ha precedenti nella mia carriera trentacinquennale di docente.
Quattro uomini e un’aula: potrebbe essere una serie di successo per qualche pay-tv (ormai producono serie su ogni cosa…).
Con i miei colleghi di ambosessi ci si confronta sull’attualità; così accade in famiglia; altrettanto con gli amici; in nessun contesto ho riscontrato parole attenuanti il gravissimo gesto dell’ex fidanzato nei confronti di Giulia, nessuno ha provato a giustificarne la gelosa e malata violenza, tutti hanno espresso ferma condanna.
Tutti.
In questi frangenti le televisioni e i giornali ci rappresentano i parenti più prossimi a uccisore e ucciso come persone colpite alla sprovvista, in preda ad una notizia inattesa.
Genitori compresi.
Dall’una e dall’altra parte pare abbiano vissuto per anni in compagnia di uno/a sconosciuto/a.
Mi chiedo come sia possibile.
Il nodo sta proprio lì, in quel punto.
Mi rispondo facendo tesoro delle mie personali esperienze, di figlio e non di padre, di uomo e non di donna, di alunno e di insegnante.
Manca solamente l’empatia.
Fino a pochi anni fa ci ascoltavamo di più, ci parlavamo di più vis-à-vis, fin da piccoli. Quindi cresceva assieme al fisico e alla testa anche la capacità di conoscere l’altro, cresceva il cuore.
Sono pochi i ragazzi che riescono a coltivare l’empatia poiché non hanno esempi in famiglia (e alcuni non hanno famiglie a cui riferirsi).
Sono pochi i genitori che riescono ad allenare i figli ad essere empatici poiché loro non conoscono empatia, presi dai social più dei ragazzini.
Sono pochi gli insegnanti ad essere empatici con i loro studenti, perlopiù presi dalla smania di avere voti e di dimostrare il proprio sapere piuttosto ascoltare e comprendere in senso etimologico.
Far crescere il cuore.
Per questo si uccide per problemi di cuore.
Perché il nostro cuore non è cresciuto abbastanza, non è maturo a sufficienza.
Sta per essere varato il progetto “Educare alle relazioni” proposto dal Ministro Valditara (Pubblica Istruzione e Merito).
Sarà certamente un approfondimento importante che avvicinerà i giovani ad argomenti nuovi.
Mi chiedo però, alla luce di quanto detto sopra, se tale progetto, da solo, potrà essere funzionale al ripristino di un pensiero empatico.
Tentare non nuoce, comunque.
La Scuola, già oberata di progetti di tutti i prezzi (molti dei quali inutili e di facciata), accoglierà l’input.
Resta da capire se questi sforzi saranno recepiti dalle famiglie.