‘La materia e il resto’ è il titolo della personale d’arte di Fabrizio Cordara che si terrà in Villa Vidua a Conzano venerdì 15 settembre alle ore 18.
“La Materia e il Resto” è un titolo evocativo che introduce allo spirito dei lavori di Fabrizio Cordara. La Materia è l’immanente, è la realtà, evidenziata dalla struttura epidermica dei suoi lavori, una struttura tormentata, butterata, sulla quale si possono intravedere delle strutture grumose che offrono una visione magmatica, carica di forza esplosiva coperta da una patina traslucida che sembra creare un filtro tra chi osserva e l’osservato.
L’osservato vive in un universo immobile, nel quale la sua azione è bloccata in una eterna stasi. L’osservato non sa chi c’è al di là del suo riquadro, non riesce a condividere la sua sensazione anche perché, per una precisa scelta estetica dell’artista, il taglio alto dell’opera si pone poco sotto gli occhi di almeno uno dei soggetti, eliminando ogni possibilità di interazione con il nostro universo.
In questo modo, la sensazione che si determina di fronte all’immagine viene resa parziale, passeggera, proposta come medicamento per alleviare la nostra condizione di infelicità. Tutto questo ci viene posto come una spia della nostra finitezza. È un messaggio attraverso il quale l’autore ci invita a tentare di reimmettere nelle nostre vite, spesso prive di contenuti, ciò che ci è stato tolto e che apparteneva alla civiltà precristiane, ci invita a compiere un esercizio educativo estetico che mira alla riappropriazione dell’Essere. Infatti, la riflessione che si determina ci conduce alla presa di coscienza del disastro culturale dell’Occidente – nel quale siamo immersi e che ormai sembra aver colonizzato ogni dove –, cioè avere annientato l’Essere a tutto vantaggio dell’Avere, situazione che innalza il premio, il riscatto, il debito e la pena sull’altare dell’utile.
Il Resto è appunto questo, è un mezzo, è quella capacità di riuscire a parlare a qualcuno e farsi capire, di riuscire a strappare quel velo che ci impedisce di vincere quel senso di desiderio che non dà più neanche l’infelicità del non ottenimento di quanto desiderato.
L’Avere porta con sé una forza distruttiva in grado di alterare tutti i rapporti sociali, di renderci individui privi di solidarietà. Le opere di Cordara sono immagini di vita – o di non vita – simili a scatti che non hanno la pretesa di raccontare una storia, ma di portarci di fronte a noi stessi, sono degli specchi che ci pongono di fronte all’enigma dell’esistenza, o meglio, al valore che ciascuno di noi vuole dare all’esistenza. Osservare i fantasmi che noi siamo è effettivamente come guardarsi in uno specchio, in fondo, c’è affinità tra spectaculum e speculum: l’essere rappresentato in uno spettacolo è affine alle forme che ci appaiono in uno specchio, e ciascuna di quelle forme è una parvenza, un fantasma, uno spectrum, un espediente che genera illusioni. Il resto, dunque, è cercare di non vivere nell’illusione.
Carlo Pesce