Trap come trappola [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

Questo nuovo Flessibile fa seguito al precedente.

Mentre la scorsa settimana però mi appigliavo ad analisi tecniche musicali e poetiche, questa volta farò ricorso al sociale.

Una sorta di approfondimento fatto di riflessioni (neanche troppo profonde) e considerazioni (neanche troppo recondite) che nonostante siano palesi non destano la preoccupazione che meriterebbe essere destata.

Allultimo esame di scuola media Mario (nome di fantasia) presenta una tesina sulla musica trap.
“Tu ascolti musica trap?”
“Certamente sì, ascolto solo quella.”
“Che cosa ti attrae maggiormente di questo genere?”
“I testi. Sono interessanti e…belli.”

Wikipedia illustra così le origini della musica trap:
Questa musica è molto legata ad ambienti e tematiche relative a vendita e dipendenza da droghe e da alcool: inizialmente non era un genere vero e proprio, fino ai primi anni 2000 il termine indicava semplicemente un luogo (le trap house, appunto) ma successivamente comincia a essere utilizzato per indicare la musica legata a quel contesto. Le trap houses erano appartamenti abbandonati e degradati nei sobborghi di Atlanta in cui si spacciavano sostanze stupefacenti, inoltre la parola trapping in slang significa “spacciare”.

I brani che appartengono al genere trap raccontano storie di droga, di dipendenza, di sessualità deviata, di uso criminale del corpo di una ragazza.

Sempre da Wikipedia:
La musica trap è caratterizzata da testi cupi e minacciosi, che però variano molto a seconda del singolo rapper. I temi tipici rappresentati nei testi sono la vita di strada tra criminalità e disagio, la povertà e la droga ma con la diffusione del genere gli argomenti si sono estesi.

Se la criminalità diventa il microcosmo di riferimento per chi ascolta il genere trap, è piuttosto evidente che la criminalità rappresenterà la normalità per un preadolescente.

E ancora:
In Italia dal 2018 in poi tale genere ha cominciato ad acquisire una sempre più grande rilevanza mediatica, entrando a far parte dell’immaginario musicale popolare: va segnalata, ad esempio, la ricorrente presenza di artisti del genere a eventi nazionali come il Concerto del Primo Maggio ma allo stesso tempo le polemiche destate da alcuni ascoltatori riguardo alle tematiche affrontate nei testi.

Eggià perché qui non è questione di musica: è questione di normalizzazione del fenomeno.
Intendiamoci, tutti a quindici anni abbiamo idolatrato musicisti che portavano i capelli lunghi, mostravano parti del corpo usualmente coperte, si masturbavano durante un concerto, si tagliavano falangi spruzzando sangue sul pubblico sotto palco o cos’altro.
Ma tornando a casa trovavamo regole e editti da osservare (l’inosservanza era l’eccezione e valeva come tale).

E per finire:
La critica musicale ha inoltre polemizzato con le scelte stilistiche di questi artisti, talora accusandoli di promuovere atteggiamenti misogini e di propaganda all’uso (e abuso) di droghe.

La critica musicale come sempre si distingue per acutezza e spirito di osservazione.
Provate a pensare alla vita reale.
Non accadrebbe mai che un ragazzo sotto l’effetto dell’alcool approfitterebbe di una ragazza sotto l’effetto di droghe e la violentasse così, per gioco.
Come fosse una canzone trap.
Noooooo.
A meno che trap non stia a significare trappola.
Ma questa sarebbe fantascienza.