di Dario B. Caruso
È proprio vero che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna.
Prendiamo Penelope, per esempio, una vita sedentaria ma laboriosa.
Mentre il suo Ulisse dopo la guerra di Troia vaga per il Mediterraneo e oltre, lei, obbediente come nessun partner, resta a casa a fare di giorno e disfare di notte il lenzuolo funebre del suocero Laerte.
Anni di lavoro per addivenire ad un nulla di fatto e soprattutto per evitare il matrimonio con il miglior procio sul mercato fra i tanti proci pretendenti.
Pensate all’inganno durato per vent’anni o giù di lì.
E nessuno ad Itaca che si rendesse conto che per un lenzuolo, ancorché funebre, sarebbero bastate poche settimane!
Se ne sarebbe accorto anche un cieco. Omero infatti lo ha messo in piazza nell’Odissea.
A me è accaduto diverse volte: mi metto in gioco per nuove cose, impegno tempo, idee, qualche volta denaro, coinvolgo gente, insieme creiamo programmi a medio e lungo termine ma mentre io faccio di giorno qualcun altro disfà di notte.
E lì per lì, come un procio qualunque, non mi rendo conto dell’inganno.
Oppure fingo di non accorgermi illudendomi di un abbaglio.
A imbroglio conclamato non mi resta che ripiegare, ritirandomi in buon ordine, e tagliare i rami secchi.
Mi metto dunque in gioco per altre nuove cose e ricomincia la trafila.
Cerco di evitare le Penelopi che si abbarbicano alle tele altrui da disfare non avendone di proprie.
È questo il dramma.
La cecità di Omero qualche volta ci illumina e ci conforta sapendo che, prima o poi, le Penelopi finiranno o magari si diletteranno a scompaginare le tele di altri diversi da noi.
Oggi Penelope sarebbe la perfetta protagonista di una serie televisiva di basso costo e lunga durata.
Donna, madre, fedele, arguta.
Insomma, una soap opera basata sul nulla che riscuoterebbe grande successo.