di Dario B. Caruso
Era dal 2019 che non accadeva.
Arriva giugno e tutto è normale, come sempre fu prima di allora, prima di quella guerra chiamata pandemia.
Sembra passato un secolo.
Quest’anno la scuola ha vissuto i ritmi tradizionali, non ci sono stati scossoni, le lezioni, le interrogazioni, le valutazioni, tutto è stato all’insegna della scuola italiana con i pregi e i difetti che la contraddistinguono.
Non sono mancati gli episodi di colore come ad esempio quello del Ministro Valditara che confonde umiltà con umiliazione. Ricordo che una volta, in sede d’esame, uno studente confuse Giuseppe Verdi con Giovanni Verga: lo invitammo a tornare l’anno venturo.
A parte ciò nulla di eclatante sotto il sole del MIUR.
A dire il vero una cosa da sottolineare c’è: è stata talmente grande la voglia di una scuola normale che – senza rendercene conto – abbiamo lavorato sodo, insegnanti, ragazzi e famiglie. La stanchezza si percepisce soprattutto negli studenti più grandi i quali avevano perduto il ritmo dell’impegno, i più piccoli invece sono ancora più distrutti poiché quel ritmo non lo avevano ancora conosciuto.
Siamo tornati ad offrire loro tavole imbandite di ogni leccornia.
Adesso dobbiamo fare attenzione che le materie prime siano di qualità.
E occhio alle indigestioni!
Tutti a tavola e buon appetito.