di Giulia Gallina
Pubblichiamo di seguito l’intervista integrale che l’on. Riccardo Molinari ha rilasciato al quotidiano on line Alessandria24. Grazie all’editore/direttore Massimo Taggiasco per l’autorizzazione.
Alessandria è al centro di un importante progetto logistico per lo scalo ferroviario al servizio del sistema portuale genovese. Siamo finalmente ad uno snodo decisivo, dopo decenni di immobilismo?
La firma del Protocollo di Intesa con il Ministero delle Infrastrutture, con la presenza lunedì scorso ad Alessandria del Ministro Salvini e del sottosegretario Rixi, significa passare finalmente dalle parole ai fatti, con un investimento previsto intorno ai 250 milioni di euro. Dopo decenni di ignavia e sonnolenza da parte del centro sinistra (che era arrivato ad un passo dalla chiusura della Fondazione Slala, ricordiamocelo), la logistica a casa nostra ha conosciuto una progettualità moderna a partire dal 2017, con l’insediamento ad Alessandria della giunta guidata dal sindaco Gianfranco Cuttica di Revigliasco. Personalmente, appena eletto in Parlamento nel 2018, ottenni che numerosi comuni del basso Piemonte alessandrino fossero riconosciuti come zone logistiche semplificate all’interno del cosiddetto Decreto Legge Genova. Lo sviluppo che c’è stato da allora ad oggi nel settore (si pensi in particolare al tortonese, ma non solo) è sotto gli occhi di tutti. Nel comune di Alessandria la grande sfida è ora ridare vita e nuova centralità allo scalo merci, facendone un terminal innovativo, in grado di essere volano di crescita per tutto il territorio di un ampio territorio.
La Lega si è mobilitata per dire no al divieto europeo di produzione di auto benzina e diesel, il cui impatto sulla nostra Regione si prospetta disastroso. Qual è la sua linea al riguardo? L’Europa ha anche previsto un piano di smaltimento delle batterie elettriche, o sta “facendo i conti senza l’oste”?
Innanzitutto siamo lieti che la nostra presa di posizione abbia contribuito a convincere l’Unione Europea a rinviare l’adozione del regolamento sulle emissioni di Co2 per auto e furgoni nuovi a un prossimo Consiglio. Non è ancora stata fissata una data certa, ma è evidente che le perplessità al riguardo sono enormi non solo da noi, ma in molti paesi, a partire dalla Germania. La Lega ha lanciato lo scorso week end in tutta Italia una raccolta firme, con Gazebo in tutte le città italiane, compresa Alessandria: e non smetteremo di far sentire la voce della gente anche su questa questione, che riguarda tutti. Sull’automotive Pd e 5 Stelle hanno dato veramente il peggio, sostenendo al Parlamento Europeo una posizione che significa, di fatto, alzare bandiera bianca sull’industria dell’auto italiana, ossia in gran parte piemontese. La transizione energetica, così gestita e interpretata, significa mettere una ‘pietra tombale’ sull’industria dell’auto in Piemonte: parliamo di centinaia di aziende, soprattutto nell’area del torinese, ma presenti anche nell’alessandrino e nell’astigiano, che occupano complessivamente circa 70 mila addetti. Che facciamo? Tutti in naspi per due anni, e poi reddito di cittadinanza? Oltretutto c’è la questione batterie elettriche, come lei ricorda. Da un lato l’Europa sta consegnando il mercato automotive, de facto, ai grandi player cinesi, leader assoluti nella produzione di batterie elettriche. Dall’altro non ci si sta ponendo seriamente il problema dello smaltimento, che rischia di generare l’ennesima emergenza ambientale, caricata sulle spalle delle prossime generazioni.
L’articolo 116 della Costituzione prevede la possibilità di autonomia differenziata, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. Il disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata proposto dalla Lega quali concreti benefici porterebbe al Piemonte?
Il disegno di legge sull’autonomia differenziata promosso dalla Lega, unito all’articolo inserito in legge di Bilancio, ci dà tempi certi sull’Autonomia differenziata, presente in Costituzione dal 2001 e mai applicata. La legge dice infatti che entro un anno devono essere approvati i costi standard delle funzioni amministrative legate alle diverse competenze legislative rispetto alle quali le Regioni potranno chiedere l’autonomia. Si stabilisce quindi un tempo certo, dopo che per vent’anni si è menato il can per l’aia: penso in particolare alla gestione del Ministro Pd Boccia, che buttò sempre la palla in avanti in maniera inconcludente. Il disegno di legge spiega tecnicamente come funziona il percorso legislativo per assegnare funzioni alle regioni, ma il vero punto è dare attuazione politica al provvedimento, e procedere a trasferire i fondi alle Regioni sulle singole competenze richieste in base alla spesa storica, qualora entro un anno non venissero approvati i lep (livelli essenziali delle prestazioni). Parliamo concretamente del nostro Piemonte: la Regione al momento ha chiesto 16 competenze, ad oggi ha un residuo fiscale attivo di 11 miliardi di euro rispetto allo stato centrale, e una parte di quei fondi potranno tornare indietro, come risorse aggiuntive a disposizione da utilizzare per fornire migliori servizi e prestazioni ai cittadini. Il punto essenziale da comprendere è che l’autonomia differenziata non è un obbligo, ma un’opportunità: ogni Regione potrà scegliere se chiederla o meno, e in quali settori chiederla. E attenzione: non si tratta assolutamente di un provvedimento punitivo verso le Regioni del sud, ma di uno stimolo per tutte le amministrazioni regionali ad essere più efficienti e performanti verso i cittadini. Cito ad esempio la Calabria, che pare stia valutando di chiedere l’applicazione dell’autonomia differenziata sulle energie rinnovabili, avendo quel territorio grandi potenzialità rispetto allo sfruttamento dell’eolico. Mentre gli stessi Governatori piddini Emiliano (Puglia) e De Luca (Campania) si sono sempre dichiarati favorevoli all’autonomia, salvo poi fare ideologica marcia indietro solo perché il disegno di legge è a firma Lega. Ma non è così che si fanno gli interessi della propria comunità di cittadini.
Il comune di Alessandria ha un altro grande problema Onorevole Molinari e sono i conti perennemente in rosso. Il centro sinistra alla guida della città da meno di un anno ha più volte chiesto un suo intervento a Roma….
Forse sarebbe più opportuno che il centro sinistra alessandrino pensasse a come far crescere il territorio, anziché mettersi di traverso, come spesso fa e ha fatto in questi decenni, quando ci sono opportunità di sviluppo che poi si trasformano anche in maggiori risorse per il comune. In ogni caso, Alessandria è la mia città, ci vivo da sempre e la amo, e ho sempre fatto tutto quanto in mio potere per aiutarla: cito, ultimo esempio, il question time della settimana scorsa al Premier Meloni e al Governo, proprio sul tema dei contributi statali a città che, come Alessandria, hanno avviato un importante percorso di risanamento. Ho letto che anche il sindaco Abonante mi ha pubblicamente ringraziato, e questo credo sia un segnale positivo per la nostra città: ora occorre continuare a lavorare insieme nell’interesse comune, ed evitare polemiche sterili.
La provincia di Alessandria, sia sul piano artistico culturale che paesaggistico, può offrire molto più di quello che si pensi comunemente ai turisti italiani e stranieri. La Lega, che in questo momento amministra sia la Regione che Palazzo Ghilini, intende investire in questa direzione?
Che tutto l’Alessandrino offra un potenziale artistico, culturale e paesaggistico di prim’ordine è ormai un dato di fatto su cui tutti concordiamo. Così come i dati annuali sui trend turistici confermano una crescita costante di visitatori, con una presenza sempre più rilevante di stranieri anche nel capoluogo: un fenomeno impensabile fino a pochi anni. In questa crescita non poco credo abbia pesato la politica di proposta e di accoglienza del quinquennio Cuttica, nonostante il grave handicap della pandemia. La Lega sta facendo su questo fronte un grande lavoro, in stretta sinergia tra la Regione Piemonte (dove l’assessore al turismo e alla cultura, oltre che al commercio, è la nostra Vittoria Poggio) e la Provincia guidata da Enrico Bussalino. Fondamentale è il ruolo operativo di Alexala, che il suo attuale Presidente Roberto Cava sta rimettendo in carreggiata, dopo anni non proprio edificanti. Ma soprattutto credo sia fondamentale il gioco di squadra con le associazioni di categoria, e con gli operatori privati. La mano pubblica, come è successo ad Alessandria durante il mandato Cuttica, deve creare le condizioni, in termini di accordi internazionali, promozione, sviluppo di sinergie. Ma soprattutto deve mettere i privati nelle condizioni di sviluppare la propria offerta con le migliori modalità. Per questo non poco rilievo assume anche il discorso mobilità: strade facilmente percorribili e una moderna rete di trasporto pubblico su rotaia e su gomma sono tasselli fondamentali in un’ottica di sviluppo dell’economia turistica del territorio.
In una recente intervista rilasciata al quotidiano Libero lei ha affermato che “la Lega cresce perché ora gli elettori ci hanno capito”. Cosa intende precisamente con questa affermazione?
È molto semplice: la Lega, per senso di responsabilità verso il Paese, ha sostenuto il Governo Draghi, pur sapendo che sarebbe stato un boomerang in termini di consenso. Ma ci sono momenti, particolarmente delicati, in cui un partito radicato e che guarda lontano deve saper fare scelte impopolari, nel breve. E in quel momento c’era da affrontare una pandemia sanitaria ed economica gravissima. Era importante che la Lega fosse al Governo, anche se all’interno di un esecutivo di cui facevano parte partiti lontani dalle nostre posizioni. Così abbiamo potuto evitare che fosse introdotta la patrimoniale sulla casa, siamo riusciti a salvare i taxisti dalla liberalizzazione del settore, abbiamo sventato lo Ius soli. Per citare solo tre esempi. Quel pragmatismo che ci ha portato anche a ‘ingoiare rospi’, piano piano viene apprezzato dagli elettori rispetto a proposte sensazionalistiche, ma inapplicabili alla prova del governo. Pensiamo all’immigrazione, dove alla fine ci stiamo rendendo conto che i decreti sicurezza erano la soluzione più efficace e pragmatica rispetto ad altre proposte più di scalpore.