di Ettore Grassano
Conoscere per governare. Così l’Ires, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali per il Piemonte, sintetizza la propria mission, e il suo nuovo direttore generale, il casalese Angelo Robotto, non ha dubbi: “Non siamo solo un ente strumentale della Regione Piemonte, ma soprattutto un vero strumento operativo al servizio dei territori: la regione stessa, ma anche le province, i comuni e le altre istituzioni e enti locali. La nostra attività d’indagine socio economica, che vede stabilmente in campo una cinquantina di ricercatori, ma si avvale anche di consulenze esterne mirate quando servono, non è di tipo teorico speculativo insomma, ma si muove a tutto tondo al servizio della comunità piemontese”.
Angelo Robotto vanta 28 anni di esperienza in ambito ambientale, tra Regione Piemonte e Arpa, di cui gli ultimi dieci da direttore generale di Arpa Piemonte, ed è quindi un profondo conoscitore delle criticità che caratterizzano tutta la regione, con l’Alessandrino in prima linea, sul fronte delle aree industriali dismesse da bonificare, oltre che di quelle ad alto rischio di incidente rilevante. “Da casalese, ovviamente, il dramma dell’amianto l’ho sempre vissuto in maniera diretta e coinvolta, ma mi sono occupato a lungo, alla guida delle straordinarie professionalità di Arpa Piemonte, delle problematiche di inquinamento legate alla presenza secolare del polo chimico a Spinetta Marengo”.
Nei giorni scorsi il Direttore dell’Ires ha incontrato, ad Alessandria, il Presidente della Provincia di Alessandria, Enrico Bussalino, ed è stato avviato un percorso di stretta collaborazione, mirato ad un aggiornamento puntuale della mappa delle aree industriali, o ex industriali, che sul nostro territorio richiedono interventi (“complessi e onerosi, ma fondamentali”) di bonifica, o comunque di ripristino finalizzato ad un riuso ecologicamente compatibile. Proviamo a capire con lui quanto questo segmento di ‘economia ambientale’ può ‘pesare’ nei prossimi anni nel rilancio complessivo dell’Alessandrino.
Ingegner Robotto, lei per mestiere conosce a menadito tutto il Piemonte, ma con l’Alessandrino ha anche un rapporto di ‘vissuto’ personale. Quanto possono incidere oggi, sull’economia regionale, politiche di riqualificazione e riuso di aree industriali dismesse, spesso in abbandono?
Sarà certamente una delle leve dell’economia dei prossimi decenni, da noi come altrove. Risorse importanti, su questo fronte, sono rese disponibili dal PNRR, ma non è questo l’unico possibile filone di finanziamento. Soprattutto, occorre partire da progetti concreti e realizzabili, specie là dove alla riqualificazione deve essere fatta precedere una qualche forma di bonifica. Se si mette a punto un piano di intervento chiaro, articolato, capace di coinvolgere e coordinare le tante competenze necessarie, le risorse poi si trovano. L’Ires si propone proprio come soggetto in grado di supportare le istituzioni regionali e locali in questo percorso.
Nei giorni scorsi lei ha incontrato, a Palazzo Ghilini, il Presidente della Provincia Bussalino: avete già messo a punto una ‘roadmap’ degli interventi più urgenti?
C’è stato un primo confronto, e i nostri uffici sono ora in stretto contatto, per un aggiornamento in fieri. Una nuova attività, prevista per quest’anno, che seguirò come nuovo direttore insieme alla nostra ricercatrice Cristina Bargero, è il progetto per le politiche per il riuso e per la ridestinazione, in cui Ires sarà di supporto alla Regione e agli Enti Locali per individuare gli strumenti di policy urbanistica, ambientale ed economica per il riuso e la ridestinazione delle aree industriali dismesse(aree “brownfield), cioè quelle aree la cui espansione, riqualificazione o riutilizzo può essere complicata dalla presenza, o potenziale presenza, di una sostanza pericolosa, inquinante o contaminante. Il progetto intende fornire gli strumenti per trovare una ridestinazione di quelle aree che oggi costituiscono un problema ambientale e paesaggistico, trovandone una nuova destinazione produttiva ed economica, che consenta da una parte la sostenibilità economica (sviluppo e occupazione) e dall’altra permetta di ridurre il consumo del suolo.
Oggi giustamente il legislatore ha pensato alla bonifica delle aree dismesse, destinando risorse del PNRR alla bonifica dei “siti orfani”, che sono quelle aree industriali dismesse, potenzialmente contaminate, in cui in cui né il responsabile dell’inquinamento né il proprietario hanno provveduto o provvedono alla bonifica: per questo il Ministero della Transizione Ecologica (MITE) ha firmato un accordo con la Regione Piemonte, individuando i siti sul territorio piemontese.
I “siti orfani” in Piemonte sono 16, di questi 3 sono in provincia di Alessandria: nel Comune di Arquata Scrivia ( ex stabilimento ICS, nella foto); nel Comune di Capriata d’Orba-Pedaggera e nel Comune di Carbonara Scrivia, (discarica abusiva in località Cadano). Naturalmente questo non significa che non si stiano valutando anche altri interventi, per aree altrettanto critiche, in diversi comuni dell’Alessandrino.
Tra questi anche l’ex zuccherificio di Spinetta Marengo? Un esempio di ‘archeologia industriale’ che molti alessandrini sono abituati a vedere nelle attuali condizioni, ossia in abbandono, da quando sono nati. Giustamente si cerca di promuovere l’Alessandrino anche sul fronte turistico, ma quei ruderi per chi arriva per la prima volta in città non sono un grande biglietto da visita: cambierà mai qualcosa?
Con il Comune di Alessandria esiste un confronto aperto su questo e su altri temi e ci sono progetti ambiziosi. Certamente non possiamo nasconderci che, in casi come quello dell’ex zuccherificio, le variabili da considerare sono diverse. Trattandosi di un’area a ridosso del polo chimico,è stato verificato il grado di inquinamento del sottosuolo, valutando con attenzione natura e quantità delle sostanze inquinanti,ed è stato individuato tra i siti contaminati con intervento di bonifica non necessario, ma con divieto di prelievo dalla falda. Mi piace però fare un discorso più generale per i siti contaminati dove in generale le soluzioni sono due. O si rimuove il terreno inquinato, trasferendolo in apposite discariche: ma ovviamente si tratta di operazione delicata e costosa, che sposta semplicemente altrove il problema. Oppure si interviene in loco, attraverso un processo di bonifica graduale e controllata: percorso altrettanto complesso e oneroso, che ha però il vantaggio di risolvere definitivamente il problema, e non semplicemente di rimuoverlo.
E qui ci ‘incastriamo’ con un altro tema di grande attualità, e valenza economica, che è il recupero del suolo in ottica ambientale e paesaggistica…
Esattamente. La Regione Piemonte, recependo su questo fronte precise direttive nazionali ed europee, si sta muovendo con grande determinazione, e qualche numero può servire ad inquadrare la questione, e a capirla meglio: il consumo di suolo complessivo in Piemonte, è passato dai 160.863 ettari del 2006, ai 169.655 del 2021: questo significa quasi 9 mila ettari in più; passando dal 6,33 % al 6.68%. In provincia di Alessandria il consumo di suolo ha avuto un incremento ancora più evidente: dal 6.58% del 2006 al 7,07 del 2021.
La rigenerazione urbana e territoriale, quindi, è lo strumento utile a ridurre il consumo di suolo, oltre ad essere uno strumento di pianificazione urbanistica in grado di coniugare gli aspetti ambientali con quelli economici. Evitare che aumenti il consumo di suolo significa anche limitare i fenomeni di dissesto idrogeologico. Il riuso o meglio la ridestinazione per essere sostenibile, deve quindi intervenire sull’esistente, in un’ottica di economia circolare.
In questo percorso, quale può e deve essere il peso degli atenei ‘di territorio’?
E’ essenziale. Le Università piemontesi, a partire dall’Upo per quanto attiene l’Alessandrino, possono e devono essere fortemente coinvolti in questi percorsi, e hanno al loro interno competenze qualificati e trasversali, in grado di offrire un apporto fondamentale. Naturalmente si tratta, anche in questo caso, di un’attività che va coordinata, organizzata e ‘armonizzata’ per individuare sempre più linee tecniche di azione omogenee. Su questo fronte Ires può dare un contributo rilevante.
Chiudiamo con la sanità, che tra Alessandria e Casale significa anche Irccs, ossia il primo istituto di ricovero e cura a carattere scientifico pubblico del Piemonte, dedicato alle patologie ambientali. Ires sarà della partita?
Ires ha sulla sanità piemontese da sempre un’attenzione forte e specifica, e competenze molto qualificate, che mette costantemente a disposizione. Non solo possiamo dare un forte supporto all’Irccs che presto auspichiamo possa essere autorizzato dal Ministero e diventare operativo, ma siamo anche attrezzati per effettuare una serie di analisi in ambito di edilizia sanitaria e di valutazione di attrezzature e tecnologie. Il dialogo con i vertici della sanità regionale, e con le diverse realtà territoriali, è costante e potrà dare, nei prossimi anni, risultati estremamente concreti e significativi.