di Dario B. Caruso
Da bambino uno degli esercizi più complessi che ricordo era provare ad avere fiducia delle persone.
Noi – da bravi boomers – abbiamo ricevuto istruzioni precise, cioè di non prendere caramelle dagli sconosciuti.
E così ci siamo fatti le ossa prendendo cantonate colossali, provando cautamente ad avere fiducia degli amici, dei parenti, dei compagni di classe, della lattaia o del panettiere, del vicino di casa, della fidanzatina.
Poi da grandi, dopo aver raccolto una quantità infinita di lucciole anziché lanterne, ci siamo trovati di fronte un cambio di prospettiva: da avere fiducia a dare fiducia.
Mentre l’amore è un pozzo senza fondo, si moltiplica, più cerchi di diffonderlo più ne hai da diffondere, la fiducia no.
La fiducia va per sottrazione, non può essere data a tutti ma solo a coloro con i quali provi affinità.
La caratteristica che ulteriormente complica la gestione della fiducia è che quella che dai ad altri la sottrai a te stesso; cosicché accade che quando non è ben riposta è perduta, non ti torna sotto altre forme quali rispetto, riconoscenza, gratitudine, anche semplice affetto.
Dunque dare fiducia comporta un azzardo.
Si aggiunge esercizio ad esercizio: investi quanto di prezioso e immateriale possiedi, è una moneta d’oro pesante che getti nella fontana di trevi della vita e speri venga raccolta, conservata e fatta fruttare.
Non ritornerà nelle tue tasche.
Vivi nella speranza che finisca nelle tasche giuste e se finisce in quelle sbagliate ti maledici.
Alla fine per consolarti ti convinci che dare fiducia sia un gesto nobile, comunque vada.