di Dario B. Caruso
In queste giornate di festività in famiglia, ho avuto occasione di fare zapping e godere di spettacoli televisivi vari, gags divertenti, film commoventi, programmi per bambini, documentari sulla natura e su città d’arte, comiche; ho cercato di evitare i telegiornali e i talk-show (peraltro tutti in vacanza) per operare una sorta di dieta mediatica che contrappesasse la dieta gastronomica natalizia.
Mi sono soffermato, tra uno zap e l’altro, su Il castello delle cerimonie, una sorta di reality che descrive i banchetti di nozze di famiglie semplici in una location principesca.
Tutto è corredato di preparazione, definizione del menu, scelta dell’abito per la sposa, ingresso in limousine oppure in carrozza, torta faraonica, star neomelodiche e fuochi d’artificio.
Con una regìa sapiente appare un mondo esageratamente opulento, carico di cattivo gusto e pervaso di ignoranza crassa.
Nello spettacolo c’è spazio per tutto, questo è sacrosanto ed è proprio il bello della TV, del teatro, della musica: avere un’offerta variegata che possa soddisfare le varie anime dei fruitori.
Mi rimane però una strana sensazione. Che a forza di rappresentazioni esagerate finiremo per perdere (e sta già accadendo) il sapore delle piccole cose.
Voglio dire che se beviamo alcool puro come potremo poi distinguere un barolo da un moscato? Ci confonderà anche il colore.
Se questo è ciò che vogliamo, lo abbiamo ottenuto.
Matrimoni eccessivamente sfarzosi con feste che non potrai permetterti una seconda volta, funerali di papi e regine che coinvolgono intere città e quattro ore di diretta intercontinentale, concerti di capodanno e prime alla Scala con ricchi filantropi e politici in doppiopetto che applaudono senza capire, inaugurazioni dei mondiali di calcio applauditi da cartonati e poveri cristi.
Ora attendiamo Sanremo e la Notte degli Oscar.
In un mondo che ha finito le lacrime, non abbiamo più neppure occhi non per piangere ma anche solamente per vedere ciò che sta succedendo: un mondo di cerimonie con intorno il nulla.