di Ettore Grassano
“Non sono certo tra quelli che, a sinistra, si disperano per il Governo di centro destra. Giorgia Meloni ha alle spalle un percorso politico serio, è la nostra prima donna Premier, ed è una ex ragazza della Garbatella, insomma viene dal popolo e non dai salotti borghesi. Tutti elementi positivi: ora naturalmente va verificata, e incalzata, sulle scelte e sulle decisioni”.
Parole che, pronunciate da un socialista di lungo corso come Felice Borgoglio, per 7 anni sindaco di Alessandria (dal 1972 al 1979), e poi fino al 1992 parlamentare della Repubblica, assumono un peso non trascurabile. Anche perché lo storico esponente alessandrino del Psi è stato, ed è tutt’ora, un ‘draghiano’ di ferro: “Sono sicuramente un estimatore di Mario Draghi, e soprattutto un sostenitore del progetto, irrealizzato, di una maggioranza che andasse dal Pd a Forza Italia e alla Lega, includendo magari anche la parte più ragionevole dei 5 Stelle. Ma a quella soluzione si sarebbe potuti arrivare soltanto con una legge elettorale proporzionale, non con questo Rosatellum peggiorato dai nuovi collegi, più ampi dei precedenti. Diciamocelo, abbiamo un Parlamento di 600 persone la cui elezione è stata decisa soltanto dai rispettivi leader di partito. Difficile, in questa situazione, pensare di fermare la fuga dalle urne da parte degli elettori”.
Insomma, ecco a voi un’analisi dello scenario internazionale e italiano assolutamente essenziale e diretta, a cui l’On. Borgoglio ci ha abituati da anni su CorriereAl. Con importanti cenni a priorità alessandrine: nuovo ospedale e smart city su tutte.
On. Borgoglio, partiamo dal futuro: che 2023 ci attende?
Non condivido il pessimismo che impera in Italia, e forse non solo da noi, in questo momento storico. Certo, la situazione globale è preoccupante, e c’è nello scacchiere mondiale un grande assente, che è l’Onu. In questa crisi bellica ed energetica l’Organizzazione delle Nazioni Unite tace, non sa fare sintesi, e lascia che a giocare la partita siano i grandi player mondiali, a partire da Stati Uniti e Cina, oltre alla Russia naturalmente. Le guerre è facile iniziarle, ed è difficile concluderle. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata anche un segno di debolezza dell’Unione Europea. Le posizioni ferme evitano soluzioni pericolose come l’invasione dell’Ucraina. Comunque, da europeista convinto e assoluto dico che l’Unione Europea non può illudersi di chiudere ogni rapporto culturale ed economico con la Russia. Risolti i problemi della guerra, Europa e Russia possono creare sinergie positive.
Dato questo scenario, la nostra Italia che fine farà? Vaso di coccio tra vasi di ferro?
Dipende da noi, e sono abbastanza confortato dai primi atteggiamenti di Giorgia Meloni: difendere gli interessi italiani è sacrosanto, ed è uno dei motivi per cui il popolo l’ha scelta. Ma la difesa dell’Italia oggi passa attraverso il consolidamento del nostro ruolo nell’Unione Europea, oltre che naturalmente nella capacità di dialogo con Stati Uniti, Cina e Russia. Però, anche se la crisi ovviamente durerà almeno per tutto il prossimo anno, non credo che si sia vicini alla fine del mondo: semplicemente è in atto un profondo riassetto nella distribuzione delle risorse, e negli equilibri geopolitici. Sta all’Italia fare le scelte giuste.
Il Governo Meloni sarà di legislatura, o dobbiamo prepararci ad avere altri 3 Governi in 4 anni, come è successo dal 2018 al 2022?
Non ci sono elementi sufficienti per una previsione che non sia solo un azzardo. L’intenzione della Premier è certamente durare tutta la legislatura, ma saranno decisivi i rapporti con gli alleati di centro destra. In questi mesi Fratelli d’Italia ha intercettato buona parte dell’elettorato di quell’area, dove peraltro succederanno cose importanti probabilmente già nel 2023: la leadership di Berlusconi è al tramonto fisiologico, quella di Salvini al tramonto politico, dopo una serie impressionante di scelte sbagliate negli ultimi due anni. Quindi occorrerà capire quali saranno i movimenti e le scelte all’interno dei due partiti.
Diamo anche uno sguardo al centro sinistra, che è casa sua: il Partito Democratico è in una fase delicatissima…
Diciamo pure che questo Pd è al capolinea. La fusione tra comunisti e democristiani non ha mai funzionato completamente, ma ormai sono davvero alla frutta. Dopo il completo fallimento di Letta non credo sia questione di scegliere questo o questa nuova segretaria. La ricostruzione della sinistra sarà un percorso lungo e complicato, una traversata nel deserto, culturale prima che politica….
Il punto vero, onorevole Borgoglio, è che oggi le classi popolari votano a destra: e a sinistra sembrano quasi disprezzarlo, il popolo. O lo confondono con i variopinti gay pride, e le polemiche sui neologismi di genere. Non è un bell’epilogo, dopo un secolo di lotte e battaglie per il socialismo….
Le battaglie per i diritti civili, a partire dai diritti dei figli degli immigrati ad essere pienamente integrati nella nostra società, e dalle lotte per la difesa dell’ambiente, sono sacrosante. Ma alla sinistra oggi manca un progetto complessivo di società, una visione. Partiti e sindacati di un tempo erano certamente il frutto di una società industriale diversa da quella attuale. Ma la risposta della sinistra ai mutamenti culturali, sociali ed economici degli ultimi vent’anni è assolutamente inadeguata. Penso ai sindacati: un tempo avevano fior di uffici studi, che sapevano analizzare i dati e prefigurare scenari, non pensavano solo al rinnovo dei contratti salariali. Oggi i sindacati rappresentano ancora, e anche parzialmente e in ottica di pura rivendicazione contrattuale, soltanto pensionati e dipendenti pubblici. C’è un elemento che distingue una politica di sinistra da una politcia di destra, ed è il riequilibrio economico tra le dicvers cleaasi sociali. In questi anni, non solo in Italia, ci sono classi sociali sempre più ricche, e un progressivo indebolimento sociale del ceto medio. Manca la rappresentanza politica delle classi sociali indigenti.
Come valuta il polo Renzi Calenda?
Sicuramente hanno il merito di affrontare alcune questioni con pragmatismo, e danno l’impressione di guardare avanti, e non indietro. Fanno controproposte, senza demonizzare l’avversario, è già qualcosa. Se sapranno crescere, e costruire un partito riformista a vocazione maggioritaria è presto per dirlo. Per ora rimane il limite dell’identificazione con il o i leader: diciamo appunto che farà Renzi, o Calenda, e non Italia Viva o Azione o il terzo polo. E’ il segno della crisi del centro sinistra in generale, che tende a sposare dei leader e non un progetto di società.
Nel 2023 si voterà in Lazio, e soprattutto in Lombardia: da lì arriveranno segnali importanti?
Per quel che si capisce ad oggi, da lì arriverà una doppia vittoria del centro destra. Che ha i suoi problemi ma si presenterà unito, con un meccanismo elettorale a turno unico. Vince chi arriva primo insomma, e di fronte alla candidatura della Moratti il Pd naturalmente si è affrettato a mettere in campo un suo candidato: hai visto mai che si potesse provare a vincere. Scordandosi, ad esempio, che il sindaco di Milano Sala fu stretto collaboratore proprio della Moratti. E’ una visione ideologica e non pragmatica che spinge ad affrontare le elezioni senza confrontarsi con i dati reali, in una Regione in cui in 52 anni la sinistra, a parte una breve parentesi, non è mai stata al Governo. Il realismo politico dovrebbe portare a ragionare diversamente.
Gettiamo uno sguardo su Alessandria: la luna di miele del sindaco Abonante con la città non si è percepita, e qualcuno comincia a parlare di scarsa incisività della giunta….
(sorride, ndr) Io sono un convinto sostenitore di Giorgio, e della parte più giovane e innovativa della sua squadra. Sono sicuro che faranno bene anche se, non nascondiamocelo, le elezioni ad Alessandria non le ha vinte il centro sinistra: le ha perse il centro destra, che dovrebbe fare autocritica. Quando perdi perché un tuo assessore ti molla, e ti si candida contro, qualcosa hai sbagliato di sicuro. Poi c’è il dato di fondo, che mi auguro preoccupi tutti, trasversalmente: alle comunali di giugno ad Alessandria ha votato il 46% degli elettori al primo turno, il 38% al secondo. Se la maggioranza dei cittadini non è semplicemente più interessata alle vicende legate all’amministrazione della propria città, abbiamo un enorme problema, che va affrontato senza perdere tempo.
Tra i diversi progetti ereditati dal centro destra, quali ritiene irrinunciabili?
A parte il ponte sulla Bormida, sulla cui utilità credo nessuna abbia dubbi, dico smart city e nuovo ospedale. La smart city, progetto complesso per il quale occorre riconoscere i giusti meriti all’ex Presidente AMAG Paolo Arrobbio, pur con le integrazioni rese necessarie dagli avvenimenti degli ultimi due anni è strumento indispensabile se davvero si vuole modernizzare il nostro territorio,
in termini di qualità dei servizi pubblici e anche di contrasto al degrado urbano. Il nuovo Presidente di AMAG Claudio Perissinotto è partito con un approccio pragmatico, e sta affrontando il tema in modo positivo, approntando le modifiche necessarie per valorizzare il progetto. Sono assolutamente fiducioso. Anche perché una recente indagine nazionale sull’ecosistema urbano ci colloca al terz’ultimo posto tra i capoluoghi di provincia: intervenire in maniera radicale per invertire la tendenza è indispensabile.
E il nuovo ospedale? Serve davvero, e va realizzato agli Orti?
Sul fatto che sia necessario non ho dubbi, anche se nell’immediato credo ci sia anche necessità di migliorare il livello dei servizi nelle strutture esistenti, a partire dal pronto soccorso, sull’orlo del collasso. Quanto all’area dove collocare la nuova struttura, un supplemento di rapida riflessione sarebbe auspicabile: personalmente, in caso di realizzazione ex novo, punterei sulla Fraschetta o su San Michele: aree non esondabili, e facilmente raggiungibili da tutta la provincia. O, in alternativa, valuterei anche l’opzione di un rifacimento/allargamento del Santi Antonio e Biagio, guardando sia all’area dell’ex psichiatrico, sia a quella del carcere Don Soria. Valorizzare insomma un intero quartiere, trasformandolo in cittadella della salute, significherebbe rilanciare la città, sul piano economico e dei servizi. Diversamente, occorrerebbe capire poi cosa fare di tutta quell’area, per evitare il degrado conseguente alla chiusura dell’attuale ospedale. Leggo che il sindaco Abonante si è anche detto disponibile a procedere nella zona dell’attuale aeroporto, se la Regione Piemonte ritiene che quella sia l’area migliore: lì però andrebbe realizzata una struttura ‘a palafitta’, per prevenire eventuali nuove esondazioni del Tanaro. Ma c’è anche un’altra questione: i fondi Inail, almeno 300 milioni di euro più eventuali integrazioni, ci sono davvero? Molti hanno dubbi al riguardo.