di Graziella Zaccone Languzzi
“Anni di lotte con i fiumi” è il titolo di un quotidiano dei giorni scorsi, ma non è così. I fiumi c’entrano nulla, semmai gli anni di lotta sono stati quelli di noi cittadini costituiti in Comitati rigorosamente apartitici, nella perenne richiesta alle Istituzioni e agli Enti di competenza di sicurezza idrogeologica per i nostri territori, e di difesa della nostra vita, dei nostri beni e delle strutture pubbliche.
Consapevoli di essere etichettati come Cassandre, ma non lo siamo: semplicemente viviamo sul territorio e osserviamo i nostri corsi d’acqua, e dopo averne subìta una di alluvione di quella portata, siamo in grado di valutare lo stato delle cose.
Nel tempo abbiamo acquisito esperienza, e cerchiamo di metterla al servizio delle nostre comunità.
Spesso però le nostre segnalazioni a chi ha responsabilità istituzionale e tecnica cadono nel vuoto: la risposta sarebbe peraltro dovuta per legge, e il silenzio è l’equivalente di un’alzata di spalle, un noncurante menefreghismo e un’aperta presa in giro perché a loro pensare, “chi siamo noi per dire loro che devono fare, come farlo, quando farlo. Chi siamo noi per insegnare a fare il loro mestiere?”.
Se poi il pericolo si concretizza, è evidente che la iella non c’entra niente: semmai la colpa è di chi, pur avvertito del rischio a causa di ritardi in opere di controlli e manutenzione, se ne è bellamente infischiato, e a quel punto dovrebbe rispondere di delitto contro l’incolumità pubblica nel reato di colpa cosciente per inondazione sia dolosa che colposa. Ma questo non accade mai, e la tragedia nelle Marche tra il 15/16 settembre 2022 con dodici vittime tra cui un bambino insegna che nessuno risponderà nonostante anni di allarmi e fondi stanziati mai spesi o chissà in che “rivoli” finiti.
L’articolo che cito del 22 ottobre da parte dello storico Comitato casalese, spiega il senso di quanto sopra scritto: “C.AL.CA.: Le piogge arriveranno presto: siamo davvero pronti ad affrontarle?”.
In questo ventottesimo anniversario vorrei ricordare la nostra tragedia per arrivare alla “coscienza” e responsabilità di chi è preposto alla nostra sicurezza, se ancora oggi rimangono dubbi sui lavori non completati.
Occorrono interventi di manutenzione idraulica periodica degli argini e controllo sulla loro tenuta, occorre la gestione della vegetazione lungo i nostri fiumi e in alveo quando costituisce un ostacolo al regolare deflusso delle acque assicurando un mantenimento controllato, occorrono interventi di pulizia degli alvei sia di Tanaro, Bormida, Po che degli affluenti minori, e la possibilità per fare questi interventi c’è stata tutta durante il periodo di siccità estiva, ma non ne hanno approfittato e ricordo che fra un po’ potrebbero arrivare piene importanti.
Queste sarebbero le azioni da fare periodicamente ma manca ancora qualcosa, mi riferisco ad un bacino di espansione o una vasca di laminazione e perché no, un canale scolmatore tra Asti e Alessandria. Ci si accontenta anche dell’opera che costa meno, ma tutto può essere utile per permettere il contenimento delle acque nell’alveo in caso di piena. Su questo argomento c’è una cantilena che ho ascoltato per anni da parte di AIPO: tali opere costavano troppo, tra il 2006 e il 2007 la cifra era di 222 milioni di euro e l’AIPO dichiarava in un articolo de La Stampa (cartacea) a firma Franco Marchiaro che “costavano come tre ponti”, e quindi era impossibile realizzarla.
L’ultima stima che ho sentito attorno al 2014 era di circa 300 milioni di euro per realizzare una cassa di espansione. La dichiarazione di AIPO nel novembre 2014: “Servono tre casse di esondazione per mettere in sicurezza la città”.
Addirittura tre? Il dirigente Aipo dell’area alessandrina che stava portando a termine le ultime opere sul nodo idraulico alessandrino sul rio Loreto, dichiarava che per mettere davvero in sicurezza la città da una piena come quella del ’94 servivano casse di esondazione tra Asti e Alessandria, sono anni che lo dicono, i costi salgono ma tra il dire e il fare…..mancano i fondi.
Molto utile anche la lettura di questo articolo del Prof. Pierluigi Cavalchini del gennaio 2017: “La quasi-alluvione di fine novembre 2016 e i suoi molti curiosi aspetti”.
Da anni quando c’è una piena noi nella parte nord della città di Alessandria ci allertiamo, consapevoli che non è sufficiente la sicurezza effettuata ad oggi e il tempo passa tra il silenzio di Regione, Provincia, Comune.
Tante sono le amministrazioni in questi Enti negli anni passati che non si sono impegnate con vigore per ottenere quest’opera, prevista nel PAI. C’è da chiedersi se al tempo furono pure assegnati fondi, ma quando vi è un maltempo più intenso Tanaro, Bormida e rii minori ci fanno paura, come è accaduto il 24 novembre 2016 in vista del passaggio della piena del fiume Tanaro, che aveva già provocato esondazioni e allagamenti in vaste aree del Piemonte. Il sindaco Rita Rossa dovette firmare l’ordine di evacuazione per i circa 7000 abitanti dei quartieri ritenuti a rischio: Orti, Osterietta, Cittadella, Ospedali infantile e civile, il centro di riabilitazione Borsalino, la casa di riposto Teresa Michel, fatti sgomberare i palazzi fra i ponti Meier e Tiziano e la zona piscina, ed è proprio nella zona piscina che si è capito che le arginature in sponda destra (lato Alessandria) erano le più vulnerabili.
Ricordo che fu utilizzata la diga gonfiabile (sistema anti-esondazione) e furono scaricati camion di terra per formare una difesa, diversamente il Tanaro sarebbe entrato in città.
Dal 2016 è stato fatto qualcosa per ovviare a tale pericolo? L’ho chiesto all’unica persona che avrebbe potuto fornire la risposta, la Dott.ssa Gianna Calcagno, ex Commissario Circoscrizione Nord durante l’evento alluvionale del ’94, memoria storica ed esperta in sicurezza idrogeologica con ottimi rapporti ancora oggi con gli Enti preposti, alla mia richiesta si è subito attivata con l’Ing. Luigi Vattimo (AIPO sede Alessandria) e la risposta è che l’AIPO sta facendo uno studio di fattibilità per l’abbassamento della soglia, devono verificare i franchi, in questo studio rientrerebbe anche la problematica sorta nel 2016 di questa parte di argine vulnerabile.
Terminato lo studio dovrà ovviamente avere l’ok da ADBPO (Autorità di Bacino del fiume Po) e toccherebbe la Regione Piemonte finanziare i lavori, sempre che ci siano i fondi.
Dal 2016 ad oggi sono trascorsi esattamente sei anni: tanti, troppi e ci è andata bene, ora non si ha idea quando di questo studio se ne vedranno i risultati concreti. Lungaggini, burocrazia e mancano i fondi.
Riassumendo risorse per dare un’ulteriore difesa ad Alessandria non ce ne sono, costa troppo una difesa a monte e forse costa troppo l’adeguamento dell’argine, si tira a campare preferendo nel caso intervenire a posteriori sui danni alle opere pubbliche, mentre per i privati al più qualche briciola, e un amen per le eventuali vittime.
Qualcuno dei responsabili qualche volta si ripassa la Direttiva Alluvioni 2007/60/CE – Revisionata nel 2020 con mappe che tracciano la pericolosità e rischio del Piano di Gestione del Rischio di Alluvione?
La cito perchè ai responsabili venga la voglia di ripassarsela o di conoscerla.
“Documento 32007L0060 – Direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (Testo rilevante ai fini del SEE) – GU L 288 del 6.11.2007”.
Mi permetto altresì di citare il capitolo, gli articoli e i comma che sanciscono la consultazione del pubblico (cioè noi):
CAPO V – Cordinamento con la Direttiva 2000/60/CE, Informazione e Consultazione del Pubblico.
Art. 9 – comma 3 -La partecipazione attiva di tutte le parti interessate, prevista dall’articolo 10 della presente direttiva, è coordinata, se opportuno, con la partecipazione attiva delle parti interessate prevista dall’articolo 14 della direttiva 2000/60/CE.
Art. 10 – comma 1. Ai sensi della normativa comunitaria applicabile, gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico la valutazione preliminare del rischio di alluvioni, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e i piani di gestione del rischio di alluvioni.
Art.10 – comma 2. Gli Stati membri incoraggiano la partecipazione attiva delle parti interessate all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione del rischio di alluvioni di cui al capo IV.
Anno dopo anno facciamo sentire la nostra voce ma la “musica” non cambia. Assistiamo a progetti, appalti e denari annunciati, test sperimentali, costosissimi convegni nazionali, europei, internazionali che alla luce dei fatti producono solo ridondanti comunicati che lì si fermano. Intanto i disastri continuano.
Sempre attenti ad osservare ciò che fanno i preposti, sappiamo che i soldi ci sono per i “trastulli”, come ad esempio la ciclovia VenTo da Torino a Venezia, che è il più grande progetto di mobilità del nord Italia.
Si tratta di ben 679 km di strada ciclopedonale lungo l’asse del Po, con un costo complessivo per la realizzazione di oltre 80 milioni di euro. Come è finanziata? Le risorse provengono per 22,9 milioni di euro dal Pnrr (Piano di riprese e resilienza), per 12,8 milioni da fondi del Mims (Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili), per 6 milioni dal Mite, (Ministero della Transizione ecologica) e per 1,6 milioni da fondi regionali e locali. Non critico questa opera per il Po, ma ci sono i suoi affluenti che sono tanti e che necessitano di manutenzione, prevenzione quindi massima attenzione.
I soldi ci sono anche per i “test sperimentali”, in questo caso sugli argini e anche se si parla di dodici anni fa, li cito per far capire che tali sperimenti rimangono poi azioni sterili se a seguire succedono disastri alluvionali. Nei giorni 26/29 marzo 2010 (da Comunicato AIPO n.12 del 25 marzo 2010) fu fatta una simulazione sull’argine del Sesia a Motta dei Conti (VC) sulla piena del 2000 per verificare il grado di infiltrazione negli argini. Il test serviva a valutare un’efficace progettazione delle opere di difesa idraulica in Piemonte. Chissà come è andata, ma si sa che il 2/3 ottobre 2020 l’argine collassò o si sbriciolò e il Sesia esondò a Motta dei Conti e a Terranova, frazione di Casale Monferrato, con danni rilevanti a beni pubblici, privati, imprese, aziende agricole. Oltre ai danni materiali, chi subisce un’alluvione si porta anche dietro un forte e prolungato disagio psicologico.
Faccio notare che il territorio in cui viviamo, le nostre case, le nostre attività che rappresentano la fatica e i sacrifici di una vita se ne vanno, ma non è colpa del fiume e non è stata la calamità naturale o il maltempo, ma l’incuria o la noncuranza di chi detiene tale ruolo nella gestione di difesa idraulica.
Lo stesso test fu eseguito tra il 13/14 aprile 2010 (da comunicato AIPO n.14 del 09 aprile 2010) sull’argine del Bormida ad Alessandria in località Spinetta Marengo. Questo è verificabile su AIPO Informa n.1/2 del 2010- pag.16.
Dopo un test su un argine che succede? Ogni quanti anni si dovrebbero fare test di controllo? Domande che non avranno risposte.
I soldi ci sono pure per progetti europei, finanziati nell’ambito dei fondi comunitari: si tratta di fondi strutturali e programmi comunitari, tra cui lo strumento finanziario del meccanismo europeo di protezione civile. I fondi vengono messi a disposizione degli Stati membri che li utilizzano per la realizzazione degli obiettivi fissati dal Trattato Istitutivo della Comunità Europea, fra cui il consolidamento dell’Unione e la cooperazione di lungo periodo tra attori sociali, economici e politici.
Tra il 2004 e il 2012 in due tempi diversi, la Provincia di Alessandria promosse due progetti europei; INUNDA e INARMA. Ecco una sintesi dei progetti europei dove la provincia di Alessandria e il Servizio di Protezione Civile sono stati impegnati nel ruolo di coordinatore e nel ruolo di partner in consorzio con omologhe istituzioni di Stati europei e altre organizzazioni nazionali ed internazionali.
Partiamo dal primo: il 27 novembre 2004 uno di questi progetti europei fu trattato a Casale Monferrato in un Convegno Internazionale dal nome “INUNDA – Aree Urbane Europee la prevenzione dal rischio idrogeologico”. Per l’occasione il C.AL.CA. Comitato Alluvionati del Casalese fu invitato, quindi eravamo presenti. INUNDA proponeva a partire dal modello di una conca fluviale reale, un’azione multisettoriale che prevenisse e riducesse i rischi e i danni di inondazione in zone fortemente urbanizzate, elaborando criteri scientifici per proporre scelte alternative di attuazioni al fine di ridurre le perdite umane e materiali, in particolare sul nostro territorio sarebbe stata presa in esame la conca del Po nell’area casalese.
Con INARMA dal 2004 arriviamo al 13 luglio 2010 (sei anni dopo) per un ulteriore convegno sempre promosso dalla Provincia di Alessandria e in questa occasione il Comitato C.AL.CA non fu invitato, ma ha seguito il convegno tramite organi di informazione locali, quindi cito un articolo molto dettagliato: “Un progetto europeo per prevenire le alluvioni – Alla provincia di Alessandria un finanziamento Ue per gestire le calamità naturali”.
In sintesi: la durata del progetto comprendeva un arco di 28 mesi a partire dal luglio del 2010. Il suo avvio avrebbe coinciso con il kick-off meeting previsto nei giorni del 27 e 28 luglio ad Alessandria, a Palazzo Monferrato, a cui parteciparono tecnici ed esperti dei paesi coinvolti.
L’Autorità di Gestione Central Europe di Vienna in virtù dell’approvazione del progetto INARMA, (da qui iniziano di parlare di un nuovo progetto futuro che si chiamerà INARMA) finanziato per un ammontare di 1.061.000 euro che avrebbe riconosciuto alla Provincia di Alessandria la necessaria competenza per guidare una partnership composta da autorevoli soggetti istituzionali europei (tedeschi, austriaci, polacchi ed ungheresi), finalizzata a risolvere le criticità precedentemente esposte. In quel contesto fu riconosciuto alla Protezione Civile locale come supporto essenziale nel progetto, l’alto grado di efficienza ed efficacia nel mettere in sicurezza popolazioni e beni che potessero essere soggetti a fenomeni calamitosi di natura alluvionale.
Dal 2010 arriviamo al secondo progetto che si chiamerà INARMA. Il 3 marzo 2012 il convegno internazionale si svolse in Alessandria nella sede dell’Associazione Cultura e Sviluppo, ero presente su invito per conto del Comitato C.AL.CA.. La caratteristica principale innovativa del progetto INARMA era l’attenzione dedicata alla prevenzione e alla gestione delle piene improvvise e al loro impatto sui bacini idrografici minori in cui la nostra provincia ha molti torrenti e alcuni avrebbero potuto provocare gravi danni, gli stessi spesso ignorati da simili iniziative e talora persino trascurati dagli impianti legislativi e normativi in materia di inondazioni che sono di regola tarati sui bacini fluviali principali. Il progetto si occupava dei corsi d’acqua sub-regionali portatori d’acqua ai grandi fiumi, che secondo il progetto erano già controllati e monitorati. Gli obbiettivi furono tanti ed ascoltare i vari interventi mi dissi che questa sarebbe stata la volta buona perché non accadesse più se parliamo della nostra provincia capofila di tale progetto a partire dal 2004 con INUNDA/1 e 2 e INARMA nel 2012.
Il progetto INARMA prosegue nel 2013 con una esercitazione finale di protezione civile dal nome OLUBRIA svolta in provincia di Alessandria nell’ambito di un percorso condiviso da cinque paesi europei per un approccio comune e integrato nella gestione del rischio inondazioni.
L’esercitazione fu tenuta l’1 e 2 marzo 2013 lungo il bacino dello Scrivia.
Nonostante tutte le buone intenzioni di quei progetti, disastri ne sono avvenuti parecchi, e pure con vittime. Il 19 ottobre 2019 travolto dalle acque dello Scrivia perse la vita ad Arquata Scrivia un tassista, Fabrizio Torre e nel 24 novembre 2019 a Sezzadio dall’esondazione del Bormida perse la vita Rosanna Parodi mentre andava a lavorare. Qualcuno è stato chiamato a rispondere per queste due vittime, dopo tutti i carteggi ridondanti nazionali, europei per questa provincia che ho dettagliato?
In conclusione: se parliamo del progetto VEN TO qualcuno ne beneficerà, sempre che i 679 mila Km siano completati tra Torino e Venezia, e che le risorse siano sufficienti.
Ma con con questi soldi quante casse di esondazione si potevano costruire a monte di Alessandria? E l’adeguamento dell’argine in zona piscina? Troppa burocrazia, troppi passaggi tra Enti, troppa lentezza negli interventi e a volte si evince che tra politica e gli Enti preposti la non conoscenza della materia. Ne ho avuto in moltissimi anni la prova, perché quando un politico chiede ad una comune cittadina di preparagli una breve relazione perché all’oscuro della situazione è tutto detto.