Meloni pigliatutto, il no a Draghi paga. Alessandria si affida a Molinari [Controvento]

di Ettore Grassano

Ora almeno in Italia i treni arriveranno in orario. Proviamo a cominciare così, con una battuta leggera, l’analisi di un voto estremamente serio. Perchè, nonostante tutte le strumentalizzazioni, e nonostante un partito dell’astensione che cresce inarrestabile (e sarebbe interessante che qualcuno provasse a fotografarlo sul piano anagrafico), con le elezioni di ieri gli italiani hanno lanciato al Palazzo un messaggio tutto orientato al presente/futuro, e per niente nostalgico.

Vincono, nettamente, le elezioni, l’unico partito e l’unica leader che per quattro anni e mezzo sono stati all’opposizione e, soprattutto, che hanno detto un no forte e chiaro al Governo Draghi. Un banchiere super attrezzato per fare il suo mestiere, ma che con la democrazia c’entra come i cavoli a merenda. Uno che è stato ‘pompato’ a media unificati come il più amato dagli italiani (ricordate la cucina di un tempo?), ma evidentemente le cose non stavano, e non stanno, propriamente così.

Draghi sarà stato anche necessario per evitare la bancarotta a questo paese, ma amato non era e non è. Il voto di popolo a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia lo dimostra chiaramente.

Le elezioni le ha vinte, numeri alla mano e nettamente, un centro destra elettoralmente unito, contro un ex campo largo che si è presentato in ordine sparso, ed è sempre stato un’armata Brancaleone senza capo nè coda. Però è indubbio che, mentre Forza Italia ha portato a casa un risultato anche leggermente superiore alle aspettative, la Lega ha subìto un ‘travaso’ di voti importante verso Fratelli d’Italia. “Rimango leghista, ma a questo giro voto Giorgia”, mi ha sintetizzato proprio ieri un amico, elettore del Carroccio da sempre. Per le motivazioni che abbiamo detto, essenzialmente.

Ad Alessandria, peraltro, la Lega fa il miglior risultato di capoluogo di provincia nell’intero paese: segno che il ‘valore aggiunto’ di un candidato come Riccardo Molinari si è fatto sentire, eccome.

E il centro sinistra? Enrico Letta le ha sbagliate tutte, il vero politico in famiglia è zio Gianni. Il nipotino è suicidato con le sue mani, senza neanche rendersene conto. E non è normale, ammettiamolo, che il partito Stato istituzionale rivoluzionario, che ha il sostegno di tutti i grandi media e della finanza internazionale si fermi stabilmente sotto il 20% dei consensi. Ci riflettano.

A noi però interessa molto di più la questione della rappresentanza dei territori. In realtà l’attuale legge elettorale, il Rosatellum, non è bella o brutta: è semplicemente funzionale alla governabilità, con il suo ampio premio di maggioranza. Il punto è che, mixata alla riduzione del numero dei parlamentari e alla ridefinizione dei collegi, questa legge non va bene, e genera, se non mostri, marziani paracadutati dove serve, che una volta eletti tornano da dove sono venuti.

Risultato: la provincia di Alessandria, nel prossimo Parlamento e Governo a traino centro destra potrà contare su una rappresentanza estremamente ridotta, e dovrà fare leva soprattutto sul peso nazionale di Riccardo Molinari.

Chiariamoci: non è che negli ultimi anni sia andata molto diversamente. Se il Comune di Alessandria non è fallito può ringraziare il capogruppo uscente della Lega, non altri. Se non avremo il Deposito Nazionale delle scorie nucleari a Bosco Marengo o altrove in provincia lo dobbiamo sempre al parlamentare alessandrino della Lega, e basterebbero questi due elementi a fare la differenza. Poi ci sono le zone logistiche semplificate, e molto altro.
Insomma, avere un fuoriclasse a Roma male non fa. A condizione che la comunità alessandrina sappia rendersene conto, e lavori in maniera intelligente e costruttiva per cogliere questa opportunità.