di Dario B. Caruso
Cala il sipario sul regno di Elisabetta II.
Dopo settant’anni il Commonwealth rimane orfano di una donna che ha mantenuta immutata la sua presenza per una vita, lo si evince chiaramente dai commenti raccolti dai cronisti per le strade britanniche in queste ore; tutti parlano della scomparsa di qualcosa che è sempre esistito.
Ecco, il circo mediatico ha dato la stura alla più semplice e bieca delle cronache: la morte di una personalità, i racconti lacrimosi di chi le era vicino, di chi l’aveva vista quella volta, di chi non l’ha mai incontrata se non sui tabloid.
Tutto culminerà con la diretta planetaria delle esequie che inchioderanno per altre ore i cittadini del mondo davanti a TV e social.
Carlo III, il nuovo sovrano già insediato, è già vecchio (almeno non sfigureranno nelle foto istituzionali Mattarella, Biden e altri leader in età avanzata) e appare sbiadito dalla storia e dalle vicissitudini personali.
Quale sarà l’atteggiamento dei cittadini nei suoi confronti? È un po’ come se dopo Elton John salisse sul palco Mal dei Primitives: bravo e simpatico ma per il resto…
Alle bambine di oggi non si leggono più fiabe di principesse, la scarpina di Cenerentola è stata sostituita da uno smartphone di ultima generazione. Il principe non riuscirà mai a sbloccarlo senza la password e dunque addio lieto fine.
Elisabetta, nel mio immaginario, è colei che arriva con Daniel Craig /James Bond allo stadio di Londra durante l’apertura dei Giochi Olimpici del 2012.
L’ultimo dinosauro resterà fossilizzato sulla filigrana delle sterline e sulla ceramica delle tazze da tè.
God Save the Queen!