Meritare cinque stelle [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

Benché ogni anno, nel mese di settembre, la classe docente si ponga sempre quesiti e si addentri spesso in brainstorming e corsi di aggiornamento, sappiate che l’esercizio di valutazione non è solamente degli insegnanti.
Anzi la capacità di saper soppesare una performance andrebbe coltivata da tutti, l’ascolto di un brano musicale, l’esecuzione di un lancio del martello, la salatura di un piatto al ristorante, la correttezza di un post sui social, ogni cosa.

Siamo circondati da montagne di giudizi che mancano di un presupposto, anzi due: la conoscenza e l’esperienza.
D’altra parte siamo sommersi da pungoli e stimoli che ci invitano a giudicare e ad esprimere opinioni.
Bisogna fare attenzione che queste opinioni non risuonino come sentenze, né per chi le pronuncia né per chi le subisce, è una regola di sopravvivenza del mondo moderno.

Prendiamo ad esempio il campo della ristorazione.
Mi incuriosisce il programma televisivo di Alessandro Borghese nel quale quattro ristoranti si valutano a vicenda; ciascun ristoratore dà un voto ai colleghi.
Lo avrete visto anche voi, quale e quanta malafede ci sia nelle pagelle di costoro; Borghese la definisce strategia, personalmente trovo più appropriato definirla acrimonia che deriva da un’ignoranza di base.
Eggià, perché se io deprezzo il lavoro altrui non posso avere la pretesa che venga apprezzato il mio, di lavoro.

Trovo questo genere di trasmissioni didattiche per imparare a conoscere il genere umano.
Non ne faccio un metodo scientifico ma statistico forse sì.
È allora che divento pure io chef e gourmet. Attraverso le app più diffuse provo – come fanno tutti – a valutare bar, ristoranti e hotel per dare un contributo d’esperienza diretta.
Per gioco ma seriamente, un po’ come quando si è bambini per cui anche una partita di calcio balilla è una finale di Coppa dei Campioni.
Vi assicuro, non è facile meritare cinque stelle.