di Piero Archenti
Chi non ha vissuto, per sua fortuna, l’esperienza dell’orfanotrofio, ha in mente quei posti freddi, impersonali e pieni di bambini abbandonati di cui si legge nei romanzi. Eppure, oggi parlare di orfanotrofi in Italia è anacronistico: quelle strutture, infatti – spiega Enza Bisconti – sono state chiuse per legge entro il 2006, eccezion fatta per alcune comunità.
Dove vengono accolti oggi i bambini che non vivono né con i genitori né con parenti prossimi? Per lo più, nelle case famiglia. Queste ultime sono realtà meglio strutturate rispetto agli orfanotrofi, che erano quasi delle caserme sovraffollate in cui i bambini venivano assistiti dalle sole istitutrici, dormivano in camerate e condividevano persino il bagno. Le case famiglia, a differenza delle istituzioni precedenti, possono accogliere fino a otto bambini, di cui si occupano figure diversificate: psicologi, assistenti sociali ed educatori, che forniscono loro il supporto psicologico necessario a vivere in una realtà che non è quella di provenienza.
Scopo della casa-famiglia è quello di ricreare il più possibile un ambiente simile a quello familiare, assistendo i minori fino a quando non vengono affidati temporaneamente, o definitivamente, a una nuova famiglia, oppure fino alla maggiore età. C’è da dire, però – prosegue Bisconti – che non tutti i bambini che vivono in queste strutture sono adottabili: molti, infatti, sono stati allontanati dalle famiglie d’origine perché hanno subito maltrattamenti o per inidoneità genitoriale, e il loro riaffido o meno ai genitori dipende da controversie legali che hanno tempistiche molto lunghe.
Obiettivo della casa famiglia – conclude la Bisconti – è quello di reinserire il bambino nella famiglia d’origine, qualora la magistratura desse l’autorizzazione, o di trovargli dei genitori affidatari. In ogni caso, durante il periodo di affidamento alla struttura gli esperti hanno il compito di guidare il minore verso un processo di recupero da eventuali traumi affinché, una volta lasciata la casa famiglia, possa affrontare la vita di ogni giorno il più serenamente possibile.
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Orfanotrofio maschile
In origine, già si è detto, il “S. Giuseppe” era semplicemente una casa per Mendicanti, ossia un Ricovero di Mendicità, divenuto solo più tardi importante Orfanortrofio. Questo spiega come l’attuale Casa di riposo, sorta molto dopo, sia la più giovane delle Istituzioni cittadine similari; per certo costituisce la naturale continuazione dell’antico S. Giuseppe e sarà interessante esaminarne le vicende nel ricordo anche di un Editto di re Vittorio Amedeo II che nel 1717 bandiva la mendicità!
La storia dell’Orfanotrofio Maschile, oggi Sezione con bilancio proprio e separato del San Giuseppe, è assai semplice; le origini vanno ricercate in due Istituti simili sorti per iniziativa privata: primo è il Sacerdote Passalacqua che con testamento del 1793 dispone la fondazione di una Casa per l’educazione degli orfani di padre ignoto; segue nel 1805 il Marchese Ambrogio Ghilini il quale a ricordo forse di Napoleone e Guseppina ospiti in quell’anno del suo Palazzo, istituisce un Ricovero per l’educazione dei trovatelli.
Qualche anno appresso e precisamente il 20 luglio 1820, i due Enti, uguali per finalità, sono fusi insieme col titolo di Pio Ritiro pe Orfani e sistemati presso l’Ospedale Civile dove aveva sede la Congregazione di Carità amministratrice. Già prima però una benefica Signora di nome Angela Finaroli, con atto 9 aprile 1818, destinava un terreno per costruire un “Ritiro per Orfani”: sono manifestazioni che dimostrano quale fosse in allora l’interesse dei nostri benefattori per il problema dell’infanzia.
Sul principio del corrente secolo è approvato un riordinamento legislativo sulle Opere Pie in genere che raggruppa e divide le Opere Ospitaliere da quelle di Assistenza e di Educazione. Il nostro S. Giuseppe diventa la sede naturale delle diverse istituzioni che provvedono agli orfani e previ importanti lavori di nuova costruzione necessari per le separazioni interne, si ottiene finalmente un unico Orfanotrofio nel nome di S. Giuseppe.
Dopo la prima guerra mondiale, sorge il problema delle colonie estive e il nostro Orfanotrofio grazie all’attività della Madre Superiora, Suor Cellerina, apre in Castelferro una prima colonia collinare; più tardi nasce una Colonia permanente mediante acquisto di un Castello già degli Spinola, in regione Torre Ratti nell’amena valle Borbera tra i monti Appennini. Oggi l’interessamento per i nostri orfani continua: per intervento dell’Amministrazione Provinciale il “S. Giuseppe” viene dotato di un importante moderno edificio scolastico presso il quale sarà risolto il problema interno dell’istruzione e avviamento professionale dei nostri ragazzi ricoverati. Per le ragazze si consolida sempre più l’antica scuola di ricamo, in ogni tempo vanto della nostra istituzione. La scuola stessa sarà dotata anche di un laboratorio per taglio e cucito a vantaggio della nostra Istituzione.
Piero Angiolini 14-05-1955