di Ettore Grassano
Ci siamo. Ferragosto di lavoro, e in qualche caso di apprensione, per i politici italiani, compresi quelli di casa nostra.
Che il 25 settembre si vota lo sanno tutti gli italiani ormai: quelli che andranno ai seggi, e anche quelli che ancora non hanno deciso, che non sono pochi.
Il prossimo passo formale, tra domenica 21 agosto e lunedì 22 agosto (alle 20) sarà la presentazione delle liste e delle candidature presso le cancellerie delle corti di appello. Poi via libera al mese ufficiale di campagna elettorale, in realtà già cominciata da mesi. Soprattutto là dove, come ad Alessandria ed Acqui, ci sono state le amministrative a giugno.
Già che si siamo, ecco qualche altra informazione operativa: si voterà (salvo decisione diversa dell’ultima ora, come chiesto dal centro destra) solo domenica 25 settembre, dalle 7 alle 23. E anche i diciottenni potranno votare per il Senato: fino ad ora il diritto di eleggere i senatori spettava solo agli over 25.
Per iniziativa dei 5 Stelle (li ricorderemo per questo, e per il reddito di cittadinanza), andremo ad eleggere ‘soltanto’ 400 deputati e 200 senatori: oggi sono 630 e 315. Nessuno si straccerà le vesti per il ‘taglio’, diciamocelo. Anche perchè ad incidere e a lavorare davvero (e tanto in parecchi casi) è un numero di parlamentari piuttosto esiguo.
La legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum (che prende il nome dal suo ideatore, il deputato Ettore Rosato, ex Pd, oggi capogruppo di Italia Viva alla Camera), è la stessa del 2018. All’epoca ideata dal centro sinistra per il proprio tornaconto, e oggi a probabile rischio boomerang per lo stesso centro sinistra. Si chiama nemesi, e gli italiani non si scandalizzano neanche per questo.
Si tratta di un mix di maggioritario e proporzionale. Un terzo dei seggi di Camera e Senato viene assegnato con un sistema maggioritario (chi prende più voti vince nel collegio) e gli altri due terzi con un sistema proporzionale attraverso un meccanismo di listini “bloccati”.
Saranno 221 (147 per Montecitorio, e 74 per palazzo Madama) i collegi uninominali dove vince il candidato di coalizione che raccoglie più voti.
Gli altri 367 parlamentari (245 deputati e 122 senatori) sono eletti con il sistema proporzionale proporzionale, che è di moda sui giornali in questi giorni chiamare plurinominale, generando gran confusione. Anche perchè di pluri c’è ben poco: sono listini bloccati, in cui sono i partiti e non gli elettori a decidere la priorità di elezione. Se sei primo in lista è un conto, se sei terzo o quarto fai numero e ‘porti acqua’, a buon rendere. Se sei secondo o seconda incroci le dita: è il caso di non pochi alessandrini/e.
Poi c’è l’obbrobrio scandaloso delle quote rosa: le donne in lista devono esserci per forza, in quote predefinite, a prescindere dalle competenze, come dicono quelli fini. A me questa logica ha sempre fatto sorridere, però fa parte dello spirito dei tempi, ne più e ne meno dei gay pride. E così sia.
In pratica per l’elettore cambia poco, anzi il compito è agevolato: riceverà 2 schede, una per la Camera e una per il Senato. E dovrà semplicemente sbarrare con una croce il nome del proprio partito. Tutto il resto è già definito altrove. Anzi è in via di definizione in questa settimana di Ferragosto, tra tensioni sotterranee e lotte intestine ai vari partiti.
Ad Alessandria cosa succederà? Beh, possiamo scordarci di rimandare in Parlamento 6 rappresentanti per cominciare, quanti ne abbiamo ora.
Gli unici alessandrini pressochè certi di elezione sono Riccardo Molinari (Lega) e Federico Fornaro (Leu), quest’ultimo peraltro capolista proporzionale nel centro sinistra in altra parte del Piemonte, perchè da noi per lui sarebbe comunque dura. Per il resto sarà battaglia, e ad oggi l’impressione è che l’unico partito che ha ben presente Alessandria sia la Lega, proprio grazie al peso specifico di Molinari. Il capogruppo della Lega alla Camera questa legislatura l’ha vissuta da protagonista, sedendo a tutti i tavoli che contano, e portando non pochi benefici non solo al capoluogo, ma all’intera provincia.
Tra qualche giorno, a liste completate, capiremo meglio, in base alla collocazione dei candidati nei diversi listini di Camera e Senato, non solo quanto pesa il Pd alessandrino (poco: lo dicono loro per primi. Chi ha letto le esternazioni del consigliere regionale Ravetti in queste settimane lo sa bene), ma anche la reale consistenza dei Fratelli d’Italia di casa nostra. Secondo i sondaggi saranno loro il primo partito nazionale dal 26 settembre: e allora vedremo, in Piemonte, quanti saranno i deputati e senatori che il coordinatore provinciale Riboldi, sindaco di Casale Monferrato, sarà riuscito a collocare in posizione utile. Ad oggi, lo avete letto nei giorni scorsi, siamo ai ‘fratelli coltelli’. O meglio, pare che ci sia un ‘fuoco di sbarramento’ interno contro Emanuele Locci, capogruppo di Fdi ad Alessandria, e prima per cinque anni presidente del consiglio comunale. Uno che studia, e che la politica sa farla con estrema professionalità.
In ogni caso tutti i sondaggi, quelli che ci vengono propinati ogni sera in tv come quelli riservati dei partiti, sembrano convergere su un elemento: stravittoria quasi ovunque del centro destra, che sfiora il 50% dei consensi, e avrebbe quindi circa il 60% degli eletti alla Camera come al Senato.
Il campo largo del fine stratega Letta, nel giro di due mesi estivi, è diventato un bilocale camera e cucina, e l’alleanza con pezzi di sinistra gli è costata la sepazione (elettorale: poi in Parlamento finiranno con l’allearsi) dal tandem Renzi Calenda. Due che non si sopportano proprio, ma a cui tocca far buon viso a cattiva sorte, fino ad ottobre. Renzi è l’unico cavallo di razza (per quanto afflitto da un ego smisurato) che il centro sinistra ha prodotto, e disintegrato, negli ultimi vent’anni. Letta e Calenda possono fingere di bisticciare, ma sono entrambi strateghi da Parioli, o Roma Nord: refrattari al popolo, che del resto non li odia. Li ignora proprio, come succede appunto a figure non propriamente destinate alla Storia.
Secondo Calenda un governo di centro destra (lui dice di coalizione, ma è chiaro cosa intende) rischia di durare pochi mesi, perchè così va oggi la democrazia in Italia, e forse in Occidente. In autunno rischiamo insomma davvero di tornare a subìre il ricatto dello spread, dei tassi, della finanza internazionale. Lo sanno bene Meloni, Salvini e Berlusconi, che certamente cercheranno di mettere in campo risposte adeguate. Lo sa benissimo Tremonti, già uomo forte in pectore della coalizione sul fronte dei conti, e anti Draghiano della prima ora: anche perchè lo ha sperimentato bene sulla propria pelle, il nostro premier Superman, quando quest’ultimo era ai vertici della Bce.
Insomma, cari elettori: il 25 settembre tutti in campo a far sentire la nostra voce. Per il mare c’è tutto il tempo prima, e anche dopo. Proviamo a dare una risposta ‘di popolo’, e come si deve, a questi che già ci spiegano che loro, se non vincono alle urne, comanderanno comunque dopo.