Leggiamo con disappunto le esternazioni di NUDM in merito al coinvolgimento di me.dea nella vicenda dell’emendamento dell’Assessore Marrone in Regione Piemonte. Il disappunto nasce dal fatto che evidentemente NUDM non è informata circa la posizione già apertamente manifestata dalla nostra associazione in queste settimane e giunge a conclusioni inutilmente polemiche. Abbiamo condannato fin dall’inizio il provvedimento ed è in fase di organizzazione un sit-in dei sindacati davanti al consultorio di Alessandria, in via Pacinotti, a cui me.dea aderirà, per contrastare la propaganda di un modo di affrontare la questione che non condividiamo perché lede l’autonomia delle donne e rischia di affossare la Legge 194, per la quale già in passato abbiamo preso posizioni chiare e siamo scese in piazza.
Accanto a questo, c’è un fatto: me.dea lo scorso anno ha chiesto di essere inserita tra le associazioni presenti nei consultori, per potere essere di aiuto alle donne che si rivolgono al servizio.
Abbiamo avanzato questa richiesta, con una evidente forzatura, proprio per esserci pur non essendo chiaramente un’associazione pro-vita, perchè riteniamo fondamentale essere presenti dove le donne chiedono aiuto. Mettere a disposizione la nostra professionalità a favore delle donne vittime di violenza, in ambienti in cui il personale è naturalmente meno specializzato sulla violenza, è un gesto concreto di supporto alle donne stesse, al di là di ogni proclama.
Infine, ci sembra offensivo il giudizio di NUDM sulla nostra iniziativa di sabato scorso: la dedicazione della rotonda di viale Massobrio alla scarpetta rossa, definito un “evento retorico nel significato e discutibile nella compagnia”.
Non crediamo di dover difendere in questa sede la bontà delle nostre iniziative, ma vogliamo ribadire quella che è sempre stata una priorità per me.dea: parlare con la Politica, sedersi al tavolo delle trattative per trovare soluzioni, perché solo così si persegue il bene della comunità. La Convenzione di Instanbul, il trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica ratificato dal nostro Paese, considera proprio la Politica, uno degli assi per attuare quel cambiamento culturale indispensabile a prevenire e contrastare la violenza contro le donne, insieme a Prevenzione, Protezione e Punizione. È così che abbiamo sempre fatto in questi 13 anni di attività, firmando protocolli, creando sinergie, avviando collaborazioni, con le diverse forze politiche, l’alternanza è un fondamento della democrazia, senza per questo farci intimorire o assumere atteggiamenti di subordinanza nei confronti della politica; ne sono una prova le tante condanne manifestate in questi anni di fronte a provvedimenti e proposte che non condividevamo.
Continueremo a lavorare in questo modo, ben consapevoli che la Politica e il rispetto dei ruoli e della legge sono aspetti imprescindibili per una tutela piena ed efficace dei diritti.
Non Una di Meno: “Fondo ‘vita nascente’: da che parte sta il centro antiviolenza Me.dea?”
Il fondo “Vita nascente” ideato dall’assessore regionale Maurizio Marrone prosegue in questi giorni il suo iter in Consiglio regionale, per essere approvato e diventare l’ennesimo ostacolo all’applicazione della Legge 194 nella nostra regione, l’ennesimo atto contro l’autodeterminazione e la libertà dei corpi.
La guerra politica condotta dall’assessore Marrone è ormai nota da tempo: dalla contestazione delle linee guida nazionali che consentono la somministrazione della pillola RU486 in regime di day hospital, alla ECC, alla non applicazione della normativa regionale (delibera 211 del 2018) che prevede la distribuzione gratuita della contraccezione sotto i 26 anni, passando per il costante tentativo di affossamento e svuotamento dei consultori pubblici, con l’introduzione della procedura di prenotazione con ticket e i ridimensionamenti di personale e servizi.
Con l’ultimo provvedimento, che sarà discusso in Consiglio nel prossimo periodo, la giunta piemontese sancisce in modo definitivo il proprio posizionamento sulle politiche di genere e il sostegno alle donne: il diritto di scelta e di autodeterminazione vengono contrastati in nome di un falso interesse nei confronti dei “futuri nascituri”, costruendo una narrazione che accusa le donne che scelgono di abortire di essere assassine senza cuore, riducendo ad una mera questione di possibilità economica la scelta di avere o meno un figlio e misconoscendo le altre mille ragioni che possono portare una donna a scegliere un percorso di Interruzione Volontaria di Gravidanza. Una narrazione che nasce dal mantra del “devi di fare figli”, che trova le sue basi nella retorica nazionalista dei “figli della patria”, nella retorica capitalista dei “figli per garantire il ricambio nella catena produttiva”, non certo nell’interesse verso la salute e il benessere degli adulti e delle adulte, di bambine e bambini.
Quello di cui abbiamo bisogno sono investimenti nella costruzione di sostegno reale per le donne e le famiglie che scelgono di avere figli – ad esempio abbassando le rette di iscrizione all’asilo nido, intervenendo per permettere ad entrambi i genitori di assistere le/i figlie/i e dividere equamente il carico familiare, incentivando la parità di genere nel mondo del lavoro, garantendo servizi adeguati ai bambini e alle bambine disabili. Abbiamo bisogno che le persone vittime di violenza che si rivolgono ai consultori siano aiutate in un contesto libero da pregiudizi antiabortisti, quando compagn* e contesti violenti non permettono loro di decidere per se stess* e quando la gravidanza è una imposizione e non una scelta. Le donne che decidono di abortire nel territorio di Alessandria spesso hanno difficoltà a reperire le corrette informazioni sull’iter da seguire, hanno una possibilità su 11 di essere accolte da un ginecologo non obiettore di coscienza in ospedale e queste rimangono problematiche completamente ignorate dalla politica e dall’amministrazione sanitaria.
Il fondo “Vita nascente”, in coerenza con quanto fatto fino ad ora, sarà l’ennesimo strumento con cui i movimenti contro la 194 potranno consolidare la propria presenza nei consultori della regione.
Lo stanziamento previsto, 400 mila euro di soldi pubblici, è rivolto alle associazioni inserite negli elenchi istituiti presso le ASL piemontesi (DGR n. 21-807 del 15.10.2010), associazioni che – grazie alle Determinazioni Dirigenziali n. 1489 del 1.12.2020 e n. 87 del 25.1.202 – devono avere particolari requisiti: gli enti inseriti in elenco devono avere all’interno del proprio statuto la finalità di tutela della vita fin dal proprio concepimento oppure dimostrare di aver lavorato con continuità in difesa della maternità e della salute dei neonati. In questo modo l’assessore Marrone ha ristretto il campo ai movimenti pro-life, garantendo loro un corridoio di accesso privilegiato all’interno delle strutture sanitarie pubbliche.
In tutto questo non c’è purtroppo niente di nuovo, l’assessore Marrone persegue questa strada da anni (per altro senza neanche avere delega alla salute o alle pari opportunità) e la regione Piemonte asseconda da sempre la sua linea antiabortista.
Cercando di approfondire la questione, però, abbiamo notato qualcosa che proprio non ci aspettavamo di trovare: nell’elenco delle associazioni che costituiscono questa lista incriminata compare – insieme ad una lunga lista di associazioni e movimenti antiabortisti- anche il centro antiviolenza Me.dea di Alessandria. (qui il documento con l’elenco delle associazioni, consultabile sul sito della Regione Piemonte http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2022/15/attach/aa_aa_regione%20piemonte%20-%20comunicato_2022-04-06_80863.pdf).
Il centro antiviolenza Me.dea aderisce alla rete nazionale D.i.Re., una rete che ha le proprie radici culturali e politiche nei movimenti femministi degli anni Settanta e che si riconosce profondamente in quelle istanze di lotta in difesa dell’autodeterminazione e della 194. Crediamo sia inammissibile che un centro antiviolenza con questa storia e con questo portato sia all’interno di un elenco così chiaramente strumentale alla propaganda antiabortista. In queste settimane si stanno levando molte voci all’interno di movimenti, enti e associazioni in difesa dei diritti delle donne per contrastare il fondo “Vita nascente”, considerato in modo piuttosto univoco uno strumento atto ad ostacolare l’accesso all’IVG e a facilitare l’azione delle associazioni antiabortiste all’interno delle strutture sanitarie pubbliche.
Ci sorge allora spontanea una domanda: Me.dea si schiererà, così come stanno facendo tantissime realtà politiche e sociali in tutto il Piemonte, contro il fondo “Vita nascente”? Oppure preferirà restare in silenzio in attesa di ricevere qualche briciola di finanziamento?
Crediamo che un luogo importante come un centro antiviolenza debba mostrare con chiarezza, alle donne della città, qual è la rotta su cui si naviga e qual è il proprio posizionamento politico su alcune questioni fondamentali come il diritto all’aborto.
Ben ricordiamo la posizione di condanna espressa da Me.dea nei confronti della delibera comunale proposta da Locci e Trifoglio (https://casadelledonnealessandria.it/2018/11/18/18-11-2018-fiaccolata-per-il-ritiro-immediato-della-mozione-contro-la-legge-194/
https://casadelledonnealessandria.it/2018/11/19/19-11-2018-secondo-appuntamento-in-consiglio-comunale-giu-le-mani-dalla-legge-194/) alla fine del 2018 e ci chiediamo cosa sia cambiato in questi ultimi anni. Si accontenterà Me.dea di partecipare ad eventi retorici nei significati e discutibili nella compagnia, come l’inaugurazione della scarpa col tacco nella rotonda di viale Massobrio, accanto all’amministrazione che promosse la mozione?
Da parte nostra, siamo consapevoli che non possono esistere mediazioni rispetto alla vicenda del fondo “Vita nascente”. Siamo pronte a difendere i diritti conquistati fino ad ora e a guardare avanti, affinché la 194 sia un punto di partenza e non un punto di arrivo sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.