di Piero Archenti
La nostra piazza Matteotti, come noto, è sorta sulle rovine della Cittadella Spagnola risalente al 1768. Infatti, l’Arco che abbiamo ereditato dai nostri antenati, altro non è che il ricordo del passaggio nella nostra città del Re di Sardegna Vittorio Amedeo III e della Regina Maria Antonia Ferdinanda di Spagna. Il particolare più curioso è rappresentato dal fatto che quel passaggio, in effetti, avvenne tre anni prima, ossia, nel 1765. Com’è, come non è, l’amministrazione dell’epoca impiegò tre anni per decidere in che modo valorizzare quella visita, forse ritenendo che i più modesti festeggiamenti di tre anni prima con semplici “archi di fresche frasche” poco si confacevano al passaggio delle due importanti autorità in visita alla nostra città ma tant’è!
Con lo scorrere del tempo l’Arco rimane al suo posto anche se fu apprezzato più da Napoleone che dagli alessandrini tant’è che, demolita completamente la Cittadella spagnola, ne risparmiò soltanto l’Arco. Grazie all’intervento di Napoleone dunque, l’Arco si salvò ma vennero cancellate le iscrizioni originali in favore di nuove iscrizioni risalenti al 28 maggio 1843. Fu in quella occasione infatti che Carlo Alberto con tutta la famiglia intervenne alla cerimonia di incoronazione della nostra Madonna della Salve, l’Arco fu finalmente restaurato e lo stemma di Alessandria sostituì quello sabaudo. Dobbiamo attendere pochi anni per assistere ad un nuovo rifacimento, questa volta nel 1856, per sostituire lo stemma di Alessandria con una nuova iscrizione dedicata ai nostri Caduti della guerra di Crimea.
Il restauro successivo risale al 1968 ossia 112 anni dopo, e sul frontespizio al centro della struttura, sul lato che si affaccia su piazza Matteotti, sebbene in parte danneggiata dagli agenti atmosferici, ora si legge una epigrafe in latino: “Spatium in pomerio amenissimum ambulatione publice constitutum et at Bormidam patefieri caeptum an MDCCLV cum Alexandriae humanissime diversarentur victorius”. Sul retro dell’Arco, ossia la parte che si affaccia su via Dante, compare invece lo stemma di Alessandria, unitamente alle “ferite” che il tempo impietosamente continua ad infierire su questo nostro antico monumento. Troppe le ferite, soprattutto alle basi delle colonne portanti dell’Arco, e troppi gli “insulti del tempo” inferti a questo nostro ormai caro e insostituibile testimone del trascorrere del tempo.
Attualmente (anno 2022) sono trascorsi altri 54 anni dall’ultimo restauro e l’intonaco che riveste le colonne (di mattoni) si sta sbriciolando come la neve al sole per cui, a parte l’aspetto estetico che ne deriva, decisamente poco adatto per una città che merita ben altre attenzioni dopo aver dovuto subire, nel corso della sua storia passata, una sostanziale incuria e indifferenza. In conclusione, dopo una storia lunga 254 anni, e aver attraversato periodi storici tutt’altro che secondari, quell’Arco si merita ben altre attenzioni da parte delle amministrazioni che si sono succedute in quello spazio di tempo!
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A lungo solitari i due palazzi che si affacciavano sulla futura piazza Matteotti
Nel 1908 il nostro Municipio, dopo lunghe trattative, stipulava con lo Stato un contratto per l’acquisto di gran parte dei beni demaniali intorno alla città; acquisto importante, che consentiva man mano lo spianamento dei bastioni e la fine della ormai inutile cintura fortilizia le cui origini si fanno risalire al tempo del Barbarossa per scendere giù, giù, fino ai bastioni di Cavour del 1856. Ne venne subito un più ampio respiro alla città, con notevole risanamento del clima specialmente per la nebbia che dapprima, nel chiuso dei bastioni, stagnava da noi in permanenza, talora anche d’estate, per mancanza di aerazione. Con la caduta dei terrapieni, il clima nostro è quanto meno il clima delle altre città del Piemonte e non certo il più freddo, come ancora a torto si usa dire!
Spezzata la secolare cintura, ne venne a poco a poco una espansione in ogni senso e direzione, anche oltre Tanaro. Qui, benché quasi a ricordo del passato sia ancora rimasta la monumentale Cittadella del Bertola, sta rinascendo poco a poco l’antico Borgoglio, distrutto proprio per dar posto alla Cittadella del 1728. Vorremmo che la parte certo più antica di Alessandria, che sta per risorgere nuovamente da questa parte, ritornasse a noi proprio con il primitivo nome di Borgoglio, già noto avanti il mille. Ci pensi un po’ l’amico Basile, autorevole membro, col sottoscritto, della società storica.
Nel 1908 il Comune, ottenuta – come si è detto – la disponibilità anche delle zone di piazza d’Armi, predispose anche da questa parte un piano di costruzioni sulla linea di corso Lamarmora; fu tosto delimitata una nuova piazza che allora si disse Genova, in quanto da questa parte si apriva una nuova via verso la provinciale per la città ligure, via che opportunamente fu detta “Marengo”, prolungamento di via Dante, già “Rue Marengò”, Fu stabilito che l’intera piazza fosse a portici su tre lati, indipendentemente dal lato di corso Lamarmora, che restava così invariato. Fu allora che tosto sorsero, uno di fronte all’altro, i primi due palazzi a portici, n. 4 a sinistra (Cacciabue prof. Secondo), n. 6 a destra (Cravenna Anselmo).
Venne poi la guerra del 1915-18 ed ogni iniziativa fu tosto troncata, e per diversi anni; purtroppo nel 1923 inspiegabilmente l’Amministrazione di allora consentì che la linea di fabbricati di fronte all’Arco fosse senza portici e fu certo grave danno per la grandiosità della piazza, solo più tardi corretta quando con diversi subalzamenti anche da questa parte si ottenne, pur senza portici, una uniformità di prospettiva. In centro, si apriva l’inizio di via Marengo suddetta, che lascia scorgere dall’arco la lunga via sino al grande albero napoleonico: cose belle forse già dette e che fa piacere ripetere. Piazza Genova, ora Matteotti (già Crispi e già Birago), fra qualche anno sarà una interessante zona verde, ricordo da questa parte del primo nostro pubblico giardino già rammentato, sui bastioni della Maddalena.
Non è il caso di dire qui dei palazzi che oggi da ogni parte completano la bella piazza; ritorniamo piuttosto al Largo dei Tre Mori, per ricordare che quando ancora mancava via Gorizia di oggi (prolungamento di via Savonarola) le case segnate con il n. 2 di corso Lamarmora appartenevano alla Birreria Michel, già citata, sul lato di fronte; oggi sono diventate le case Paglieri, la cui costruzione obliqua ha rispettato l’andamento dell’antico largo, già Torrione di Porta Marengo. Sono poi sorte nuove case, per delimitare la nuova via Santa Gorizia, che si prolunga ormai sino a raggiungere la strada di circonvallazione, già limite estremo di piazza d’Armi vecchia. E’ noto che i primi due palazzi a portici di piazza Genova, col fianco su corso Lamarmora, già citati, rimasero a lungo solitari e quasi sperduti, a motivo della guerra del 1918; per altro, divennero prima e dopo la guerra comodo osservatorio per le partite di calcio, il cui campo era quasi al centro della piazza; sullo stesso argomento…sportivo, ricordiamo sull’angolo poi di via Marengo, la casa solitaria del sarto Moralis, i cui balconi erano sempre gremiti …dei soliti portoghesi, che per altro, non mancavano mai di lanciare dall’alto il grido gioioso di …goal, ad ogni rete segnata dalla squadra del cuore!
Piero Angiolini